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Repubblica-Studiare nell'era dei tagli: pagano i bambini stranieri

Studiare nell'era dei tagli: pagano i bambini stranieri La Repubblica - 21-02-2002 "Oramai viviamo in una dimensione europea. Mai nella storia un momento è stato tanto stimolante come questo...

21/02/2002
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la Repubblica

Studiare nell'era dei tagli: pagano i bambini stranieri
La Repubblica - 21-02-2002

"Oramai viviamo in una dimensione europea. Mai nella storia un momento è stato tanto stimolante come questo. Noi però non lo stiamo sfruttando in pieno. La presenza di bambini di diverse culture nelle nostre scuole è una ricchezza, non un handicap, sia per i piccoli che per i professori". Una dimensione europea che la dirigente Chiara Bonetti, dell'istituto comprensivo Cadorna di via Dolci, sta cercando di far conoscere ai suoi allievi fin dai primi anni di elementare con un ampio ventaglio di iniziative e progetti interculturali che mirano all'alfabetizzazione. Rientra in questo panorama anche il viaggio a Creta di una delegazione di trenta studenti delle elementari per il progetto "Bambini di oggi, racconti di un tempo" che, attraverso le fiabe, il movimento e il canto, fa incontrare bambini di nazionalità diverse.
Professoressa Bonetti, perché non state sfruttando in pieno questa occasione?
"Gli stranieri non sono ancora percepiti come risorsa. E lo dimostrano anche i tagli del ministro Moratti che non colpiranno l'organico delle classi, ma tutti i progetti di qualità avviati negli ultimi anni".
Quali sono questi progetti nella sua scuola?
"Prima di tutto l'integrazione culturale e l'alfabetizzazione, anche attraverso i linguaggi multimediali, degli alunni stranieri. Ma abbiamo anche i corsi sul bullismo, lo sportello dello psicologo, l'educazione sessuale e all'affettività e l'attività di accoglienza per facilitare l'inserimento degli alunni con difficoltà".
Quanti sono gli alunni stranieri nella sua scuola?
"Più del 70% degli iscritti della scuola materna. Percentuale che scende al 40% nei primi due anni delle elementari. Poi diminuisce, ma rimane sempre al di sopra del 20%. Negli ultimi anni il tasso è cresciuto moltissimo e crescerà ancora. È chiaro che i bambini che oggi sono alla materna domani saranno alle elementari".
Avete anche bambini nomadi?
"Sì, i figli dei nomadi di via Novara. E anche di giostrai, cioè i bambini di quelli che lavorano alle giostre. Siamo una delle scuole del loro percorso. In tutta Italia hanno dei punti di riferimento e ciclicamente arrivano anche da noi".
Tutti di nazionalità diversa.
"Non solo. La cosa più complessa è che arrivano a ondate differenti. Adesso abbiamo iniziato a capire il loro flusso migratorio. Tra gennaio e marzo arrivano i bambini latini: sudamericani, peruviani, messicani, perché nei loro paesi la scuola inizia a gennaio. Tra ottobre e dicembre, i nordafricani. Mentre gli orientali (cinesi e filippini) arrivano di continuo. Questo rende ancora più difficile l'integrazione e l'alfabetizzazione, perché spesso a metà anno inseriamo bambini che non parlano una parola di italiano".
Quanti insegnanti lavorano su questi progetti?
"Quest'anno ho 6 cattedre e mezzo distaccate, ma per l'anno venturo ho intenzione di chiederne almeno uno in più. La regola è sempre chiedere molto per ottenere poco".
Come pensa di fare, se non le daranno i posti che chiede?
"Non voglio pensarci. In questi ultimi anni abbiamo misurato l'importanza di queste figure. Risparmiare sui progetti, che sono la marcia in più che fanno della scuola statale una scuola di qualità, significa ammazzare l'istruzione pubblica".
In che senso?
"Si abbasserà il livello dell'insegnamento. L'offerta formativa sarà nuovamente calibrata su quel bambino medio che oggi non esiste più. Le nostre scuole sono il punto d'incontro di mille culture e i bambini, specialmente così piccoli, sono molto stimolati dalle diversità. Le ripercussioni saranno drammatiche. Non solo metteremo in difficoltà gli immigrati ma allontaneremo gli italiani dalla scuola pubblica spingendoli verso gli istituti privati".
La posta in gioco è dunque decisiva...
"Il rischio vero è che la scuola non sia più un universo misto, ma che si trasformi in un centro di accoglienza per stranieri, senza più quell'apporto vitale e creativo che non solo stimola i docenti, ma che conquista i bambini".

Teresa Monestiroli


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