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Progressione di carriera e figure di sistema: perché sì

di Antonio Valentino

28/06/2014
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ScuolaOggi

In un ragionamento “2.0” come si dice adesso, sulla progressione di carriera – che leghi il riconoscimento dello sviluppo professionale soprattutto al funzionamento didattico-organizzativo della scuola - assume urgente centralità il problema delle funzioni:  quelle cosiddette strumentali e di collaborazione (in genere, aggiuntive all’insegnamento) e quelle  necessarie  per dare adeguata funzionalità e qualità al sistema.

 

L’urgenza deriva dal fatto che  garantire un funzionamento delle scuole - che ci aiuti a superare l’attuale situazione di progressivo, diffuso declino - e ripartire è un must difficilmente contestabile.

La centralità si spiega con l’ovvia considerazione che, senza risorse professionali adeguate allo scopo, ogni altro discorso diventa difficile, se non addirittura vano.

Va anche aggiunto che tale centralità acquista un senso più profondo e potenzialmente efficace se l’idea di scuola che andiamo a privilegiare tende a sconfiggere definitivamente la visione diffusa dell’insegnante impiegato delle stato e a  dare concretezza ad un disegno che punti a coinvolgerlo direttamente nel funzionamento didattico organizzativo e a conferirgli ruolo incisivo e responsabilità.

In  altri termini: a favorire, anche attraverso una diversa progressione di carriera, l’assunzione responsabile di compiti ormai imprescindibili, in una situazione di crescente complessità del fare scuola e di innovazioni a 180 gradi. 

Resta ovviamente centrale la figura leader del DS che è chiamato comunque a ridefinire il suo profilo privilegiando quei tratti della professione che sappiano garantire clima collaborativo, efficacia operativa, orientamento a risultati condivisi e competenze decisionali per garantirli.

Non più optional

È a motivo dell’accresciuta complessità – che nasce non solo dai “numeri”, ma anche da nuove attese, domande, responsabilità - che funzioni di supporto didattico-organizzativo e nuovi ruoli non possono più essere, pertanto, un optional. Essendo ormai elementi imprescindibili per garantire il servizio scolastico e i risultati attesi.

È tale complessità   a richiedere,  per il suo funzionamento (della scuola, intendo, come servizio e come istituzione),  il coinvolgimento e l’impegno in modo stabile di un buon numero di professionisti ‘scolastici’.

La questione non può perciò essere risolta solo con incentivi temporanei, tra l’altro sempre più ridotti. Occorre favorire le disponibilità a impegnarsi su questi terreni e dare stabilità e continuità alle figure che se ne fanno carico.

Allora, una diversa progressione di carriera, che a) tenga conto delle necessità di funzionamento non più affidato alla buona volontà di qualche docente;  b) renda possibile, in primo luogo, la valorizzazione di particolari competenze professionali (e quindi la formazione e il riconoscimento di figure stabili), costituisce leva fondamentale per qualsiasi operazione di rinnovamento e miglioramento.  Oltre che – aggiungerei - misura di equità, in quanto riconosce e apprezza, favorendoli, impegni oggi “aggiuntivi” che non possono più rimanere tali.

 Sul discorso delle funzioni -  e corrispondenti figure - il dibattito è aperto da un paio di decenni almeno. Il passaggio all’autonomia e le esperienze didattiche e organizzative riconducibili ad essa – e non solo ad essa - hanno permesso di approdare a proposte che, con accenti e sensibilità diverse, hanno non pochi punti in comune[1].

Interrogativi.

Alla luce di queste considerazioni a premessa,  gli interrogativi diventano allora:

  • quali funzioni e quante figure; anche in relazione ai diversi ordini di scuola e ai diversificati bisogni legati alle specificità territoriali del paese
  • quale la loro natura. Cioè: quale è il salto che va previsto rispetto alle vecchie funzioni obiettivo, alle attuali funzioni strumentali – ma anche rispetto alle “figure di sistema” previste in un provvedimento legislativo nientemeno che della fine defli  anni ’80 (L. n. 426/’88) – (mai andato in porto per ragioni soprattutto economiche ),
  • quale la loro collocazione in una idea di leadership di scuola collaborativa e diffusa.

Ovviamente le risposte a tali interrogativi vanno lette e considerate alla luce dell’insieme delle  questioni che riguardano una diversa progressione di carriera. A partire dalle ragioni che ne motivano le scelte, ma anche: a) dai percorsi e dalle tappe possibili (livelli),

b) dai crediti per accedervi,

c) dai riconoscimenti economici,

d) dalla valutazione (soggetti e modalità), ai fini dell’assegnazione dei crediti,  

e) dalle responsabilità rispetto ai vari passaggi (chi e in che modo verifica la corretezza delle operazioni e garantisce l’applicazione uniforme delle regole a livello nazionale).

È anche opportuno, in tale ricerca, mettere in conto – per approfondendola e favorirla - la possibilità, in questa fase di ristrettezze economiche, di sperimentazioni su progetti nazionali (ovviamente non a costo zero) che dovrebbero permettere alle scuole, che hanno interesse e volontà, di mettersi alla prova e di contribuire a costruire un modello da estendere eventualmente poi alle altre istituzioni. 

Ma su tali questioni, il dibattito, da parecchio tempo avviato[2], stenta a intravedere una soluzione[3].

Su funzioni e figure. Idee in movimento

Nel  merito delle figure che coprono le variegate funzioni già da tempo esplorate e sperimentate:  che debbano essere stabili, è convinzione sempre più diffusa e da condividere.

Che tali funzioni debbano essere considerate di sistema - nel senso che a tutte le scuole, in coerenza con l’ordine  a cui appartengono,  vanno garantite in misura congruente con il numero di studenti e le loro caratteristiche -, mi sembrerebbe anche questo abbastanza ovvio.

Che debbano altresi, per essere di sistema, essere declinate opportunamente, in termini di indicatori per permettere rilevazioni significative e valutabili, mi sembra anche questa una opzione da condividere.

Ovviamente, parlare di funzioni, da garantire a livello di sistema, significa porsi il problema di una loro probabile “legificazione”.

Interrogativi si pongono anche – e in misura considerevole - rispetto alla natura di queste funzioni. Fiorella Farinell, nel saggio citato[4] tende a considerarle tutte specialistiche.

Io tenderei piuttosto a distinguere le funzioni di alcune aree di intervento rispetto ad altre. Se per alcune non ho difficoltà a considerarle specialistiche (quelle per esempio delle aree 5 e 6 del QuadroArea di intervento e funzioni”  [v. sotto] di un precedente contributo - v. nota 3), per le altre (quelle delle prime quattro aree; per meglio intenderci – e semplificando -, quelle di collaborazione e presidio e  di coordinamento didattico-organizzativo), preferirei  piuttosto parlare di funzioni potenziate (riconosco che la locuzione non è delle più felici). Nel senso che si tratta di funzioni riconducibili lato sensu all’attuale profilo docente, ma che si sviluppano così da includere competenze organizzative, relazionali e progettuali-gestionali che si collocano ad un livello più elevato rispetto a quelle che si esercitano nel lavoro d’aula (d’altra parte, già oggi in molte scuole tali competenze si vedono, in buona misura, all’opera).

(Nessuna voglia, però, di spaccare il capello in quattro. Considerato che si tratta di questioni che, sia detto con molto senso di ottimismo, chissà in quale decennio del prossimo secolo potranno probabilmente tagliare il traguardo. Comunque, non si sa mai.)

Area di intervento e funzioni. Ipotesi di lavoro (Quadro)

  1. 1.      Coordinamento didattico-organizzativo (dipartimenti, consigli classi parallele, gruppi di progetto …)
  2. 2.      Collaborazione gestionale
  3. 3.      Orientamento tutoring counseling
  4. 4.      Cura e sviluppo laboratori, spazi, arredi
  5. 5.      Valutazione e sviluppo

      Valutazione – Autovalutazione delle scuole

      Rilevazioni statistiche nazionali e internazionali

      Aggiornamento e formazione

      Tecnologie informatiche 

  1. 6.      Coordinamento territoriale

      Rapporti col territorio e, in modo particolare, per la secondaria di secondo grado, con le imprese, e alternanza scuola lavoro

     Reti

     Progetti europei

Voci in primo piano

Quanto alle voci di una sua possibile articolazione, quelle di seguito considerate potrebbero fornire alcune indicazioni, per quanto ancora approssimative:

  1. Formazione e profilo: per entrambe le tipologie di funzioni andrebbero previsti  percorsi formativi ad hoc. Specifiche (di settore) per quelle specialistiche; “unitarie”,  perché più prossime alle competenze professionali dei docenti, e quindi intercambiabili,  per le altre.
  2. Stabilità sulle funzioni: mentre le figure specialistiche sono stabili sulla specifica funzione, quelle ricondicibili alle attività di coordinamento potrebbero utilmente ruotare, dopo un esercizio continuativo di qualche anno (tre?), sulle diverse  articolazioni  del Collegio (dipartimenti, commissioni, …). Potrebbero essere così evitati alcuni rischi legati alla fissità degli incarichi e garantire nello stesso tempo la continuità necessaria allo sviluppo e alla valorizzazione delle esperienze maturate.  
  3. Orario di servizio: le  figure specialistiche potrebbere essere utilizzate, nei nuovi ruoli individuati, per l’intero orario di servizio, da ridefinire contrattualmente. Per le funzioni che ruotano invece intorno alle attività di coordinamento, potrebbero essere previsti o un orario di servizio allungato (per esempio: 18+6 ore), adeguatamente retribuito, o esoneri parziali dall’insegnamento.

I requisiti (profili) delle figure:  una ricerca coi piedi per terra

Una voce cui riservare, nella proposta, particolare attenzione è quella dei profili delle figure chiamate a coprire le funzioni individuate.

Qui si farà riferimento, a livello esemplificativo (anche se approssimativo),  alle sole figure di coordinamento.

 A proposito delle quali, la prima cosa dire è che, nell’assegnazione delle funzioni previste, non si dovrebbe prescindere dai requisiti propri della professionalità docente, su cui sviluppare competenze più solide ed estese.

Per quanto riguarda le funzioni di coordinamento,  la padronanza delle competenze dell’attuale profilo docente (sia come saperi di esperienza e frutto di partecipazione attiva alla vita della scuola, sia come  esito di attenzione e cura del proprio sviluppo professionale - non solo disciplinare - ) è / dovrebbe essere pertanto condizione per l’affidamento di incarichi per tali profili.

Quanto alle competenze  di coordinamento vero e proprio, queste  vanno però recuperate, ai fini del nostro discorso, in tutta la loro ricchezza e “potenza” (Sergio Auriemma definisce il coordinamento, non senza ragione, “la più potente figura organizzatoria” per una istituzione come la  scuola).  E declinate così da comprendervi, ad esempio:

  • buone capacità relazionali specifiche per un gruppo di pari, ma anche  ascolto attivo e riflessività,
  • una gestione differenziata del gruppo, in ragione dei diversi livelli di consapevolezza delle competenze professionali dei singoli,
  • la valorizzazione delle esperienze personali  e del gruppo,
  • la responsabilità in termini di accountability (da riscoprire anche come strumento per la ricostruzione “della catena di senso” di quello che si fa)[5].

Timori e diffidenze. Guai a snobbarli

Ripropongo conclusivamentte il problema delle diffidenze che sorgono ogni qual volta si affronta la questione delle figure di organizzazione didattica e di sostegno al fare scuola, anche – e forse soprattutto – all’interno di una diversa progressione di carriera.

 Sappiamo da cosa nascono questi timori: si teme una scuola gerarchizzata, una “scuola di capi e capetti” che intorpidisca il clima di scuola e scateni “sgomitamenti”, gelosie, comportamenti “divisivi” che costituiscono un rischio  pesante che non si può assolutamente correre.

Per allontanare tale rischio vanno pertanto previsti scelte e dispositivi che, per un verso,  garantiscano / favoriscano

  1. trasparenza e affidabilità dei criteri per la scelta e l’attribuzione delle funzioni (per esempio gli elementi di profilo prima  indicati),  e  
  2. misure premiali che non creino sperequazioni eccessive dentro la categoria; ma anche
  3. una cultura e una prassi professionale  che assuma a riferimento una considerazione dei nuovi ruoli in termini  di servizio e responsabilità.

Per esempio, le capacità: sia di gestire i gruppi (le commissioni, i Consigli, i dipartimenti….) orientandoli ai risultati previsti, sia  di sviluppare clima collaborativo dovrebbero essere viste come cartine di tornasole dell’adeguatezza di queste figure e come indicatori importanti nella rendicontazione delle attività realtive alle funzioni attribuite.

Comunque, il timore dei rischi non può condannarci all’accettazione della situazione attuale. Perciò diventa imprescindibile l’impegno di tutti i soggetti interessati (in primo luogo: il ministero, ma anche le organizzazioni sindacali, le associazioni professionali e gli istituti competenti, le scuole da sole o in rete) a cercare risposte accettabili su questo terreno.

 

[1] Mi limito a richiamare  la recenete analisi e le conseguenti proposte, in buona parte condivisibili, di Fiorella Farinelli, in Non solo insegnanti: le figure di sistema, Rivista dell’istruzione n. 6 – 2013,  Maggioli Editore. Si rinvia anche al mio Gli insegnanti nell’organizzazione scolastica, e in particolare al capitolo 1 (“Insegnanti non solo insegnanti. Il profilo potenziato”), pp. 19-32, Edizioni Conoscenza 2013, dove si valorizzano le riflessioni di Piero Romei (soprattutto di Gli strumenti per governare le scuole dell’autonomia, in AeD, nn. 4-6, giugno 2002) sull’organizzazione scolastica e, in modo particolare,  le proposte delle Unità Operative di scuola e dell’équipe di direzione.

[2] V. Quaderno n. 4 di TREELLE del 2004

[3] V. la proposta avanzata nel mio contributo: Progressione di carriera. Si fa presto a dire (ScuolaOggi.it)

[4] Cfr. il saggio cit.  di Fiorella Farinelli, e soprattutto il paragrafo Un middle management di natura tecnica, nel quale però  i ragionamenti si discostano in parte da quelli qui seguiti.

[5] A fianco di queste due aree di competenze occorrebbe  però prevederne una terza, non proprio irrilevante, che potrebbe  comprendere compiti e funzioni generalmente previsti nelle funzioni di Leadership. Quali, soprattutto:

  • orientare il gruppo verso i previsti obiettivi comuni di cambiamento – in una logica comunque di ricerca autonoma - e creare soprattutto una visione condivisa dei processi ai quali si lavora,
  • sostenere il gruppo, rafforzandone motivazione e impegno, soprattutto attraverso la facilitazione delle relazioni, la cura dei rapporti, il “potere” delle competenze professionali di cui si dispone e la valorizzazione degli apporti dei singoli,
  • curare l’”accompagnamento dei processi e delle  azioni degli attori (docenti e personale tutto, studenti, genitori) nelle varie   dimensioni della scuola come ambiente organizzativo”.  cioè come  struttura e articolazioni, vincoli e regole,  relazioni e modalità comunicative, comportamenti e “visione” diffusa .
  • coordinarsi con le altre figure leader (gli altri coordinatori) in funzione  di una Leadership educativa distribuita, diffusa.  Che dovrà comunque avere un  dispositivo organizzativo, una sua struttura di riferimento per il suo esercizio (v., su questo, A. Bettoni – A. Valentino, Docenti e Leadership educativa nella scuola, in “Articolo 33”, n. 1-2, gennaio – febbraio 2014, Edizioni Conoscenza