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«Primi per nepotismo» Il (triste) record degli atenei italiani

Una mappa, non proprio edificante, che mostra come nelle università italiane il nepotismo sia un fenomeno più marcato rispetto ai nostri dirimpettai francesi o agli Stati Uniti. Per quanto riguarda le disparità di genere invece non c’è alcuna differenza: a tutte le latitudini sono marcate.

04/07/2017
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Corriere della sera

Alessio Ribaudo

Una mappa, non proprio edificante, che mostra come nelle università italiane il nepotismo sia un fenomeno più marcato rispetto ai nostri dirimpettai francesi o agli Stati Uniti. Per quanto riguarda le disparità di genere invece non c’è alcuna differenza: a tutte le latitudini sono marcate.

È questa la fotografia scattata dalla ricerca pubblicata sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas) dell’Accademia delle scienze degli Stati Uniti. Gli autori sono Stefano Allesina e Jacopo Grilli che lavorano nell’ateneo di Chicago. «Abbiamo analizzato i cognomi di 133 mila ricercatori italiani, francesi e delle migliori università pubbliche Usa — spiega Allesina, carpigiano di 41 anni, docente di Ecologia e Biologia evoluta nell’ateneo dell’Illinois —. Poi, con metodi statistici elementari, abbiamo dimostrato similarità e differenze tra i vari sistemi».

Per esempio: gli accademici italiani, specialmente al Sud, tendono a lavorare dove sono nati e cresciuti mentre gli americani si spostano molto di più e hanno una forte immigrazione nelle discipline scientifiche. Il lavoro di analisi è stato lungo. «Abbiamo contato il numero di ricercatori con lo stesso cognome, in ogni dipartimento — dice Allesina — e l’abbiamo confrontato con quello che ci si aspetterebbe se le assunzioni fossero casuali secondo diverse ipotesi. L’abbondanza di ricercatori con lo stesso cognome nello stesso dipartimento potrebbe essere dovuta a effetti geografici (alcuni cognomi sono tipici di una zona) o da una immigrazione specifica (molti ricercatori in informatica negli Stati Uniti provengono dall’Asia). Se la ridondanza non si spiega così, allora potrebbe essere dovuta a professori che fanno assumere parenti stretti».

In Italia, si può vedere il bicchiere anche mezzo pieno. «Abbiamo analizzato i dati dal 2000 al 2015 — racconta il docente — e il fenomeno è in calo. Nel 2015 ci sono anomalie solo in Campania, Puglia e Sicilia e i settori disciplinari con segni di nepotismo più evidenti sono Chimica e Medicina. Però, nel 2000 erano sette su 14». I motivi della diminuzione sono vari. «La riforma universitaria del 2010 ha proibito di assumere parenti dei docenti ma, soprattutto, la diminuzione è data dai pensionamenti e dalla riduzione delle assunzioni».

«Non misconosco e non nego il fenomeno che è lo specchio della nostra società — avverte Gianni Puglisi, decano della conferenza dei rettori delle università — e questo malcostume va combattuto prima con l’etica e poi con il codice penale. L’università italiana, però, ha ancora grande dignità e lo dimostra il fatto che molti nostri laureati sono assunti pure da atenei stranieri. Non sia una scusa, ma le ricorrenze non sempre significano nepotismo. Ci sono altri docenti con il mio cognome ma nessuno è mio parente o affine. Neanche alla lontana».