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Pochi laureati e troppi abbandoni. E due 15enni su 10 sono «scarsi»

Apprendimento, abbandono scolastico, laurea, educazione per adulti: quattro temi chiave su cui il nostro Paese deve superare il gap con l’Europa

01/10/2015
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Corriere della sera

Valentina Santarpia

In ritardo, ferocemente in ritardo. «L’Italia arranca rispetto alle politiche di istruzione dell’Europa, e il rischio è che arrivi al 2020 con dei gap incolmabili», è l’appello del prof. Giorgio Allulli, che venerdì presenta un convegno a Roma (venerdì 2 ottobre dalle 11 alle 13 presso l’auditorium dell’Isfol, Corso d’Italia 33, Roma) tutto dedicato alle politiche europee in materia di istruzione e formazione professionale, e alle risposte (evidentemente insufficienti) che l’Italia ha dato finora. Basta dare uno sguardo agli obiettivi fissati, e ancora lontanissimi.

L’Italia che arranca

L’apprendimento, prima di tutto. Sulle competenze linguistiche, matematiche e scientifiche l’Europa punta ad avere un massimo del 15% degli studenti 15enni con scarse capacità. L’Italia è al 20%. L’abbandono scolastico è un altro parametro fondamentale, per l’Ue, che ammette una percentuale di dispersione massima del 10%: ovvero non più di 10 ragazzi su cento tra i 20 e i 24 anni che non riescono a raggiungere un titolo secondario, che sia diploma o formazione professionale. Se la media Ue attualmente è al 12%, molto vicina all’obiettivo, l’Italia è ferma al 17,1%. Un abisso. «Bisogna cambiare la didattica, non fare degli studenti piccoli lavoratori, ma sviluppare le loro competenze pratiche, altrimenti molti finiscono per abbandonare, rileva Allulli.

Pochi laureati e corsi per adulti

Terzo punto chiave: la percentuale di 30-34enni che ha un titolo di studio terziario, post-diploma per capirci. L’obiettivo da raggiungere per l’Europa è il 40% entro il 2020, la media Ue è al 36,9%, l’Italia è inabissata al 22,4%. «E la cosa tremenda è che questa differenza non riguarda solo chi acquisisce una laurea quinquennale, ma qualsiasi titolo successivo alla scuola superiore. Colpa della nostra realtà, che prevede solo il percorso accademico e non, come in Francia e Germania, anche scuole professionalizzanti e tecniche», spiega Allulli, che ha appena pubblicato un volume, «Dalla strategia di Lisbona a Europa 2020», per mettere a fuoco questi temi. E gli Its? «Belli, utili, ma per ora li frequentano solo 4000 studenti». L’ultimo buco nero è quello dell’educazione permanente : entro poco più di 4 anni l’Europa dovrebbe raggiungere il 15% di adulti che partecipano ad eventi di formazione. Attualmente la media Ue è ancora al 10,5%, ma l’Italia è messa peggio, con un 6,2%. I recenti centri di formazione per adulti del Miur vanno in questa direzione.