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Panorama-La scommessa dei prof: più soldi solo ai più brav

La scommessa dei prof: più soldi solo ai più brav di Francesca Folda 5/5/2004 URL: https://www.panorama.it/italia/politica/articolo/ix1-A020001024408 Sono un milione,...

06/05/2004
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Panorama

La scommessa dei prof: più soldi solo ai più brav
di Francesca Folda

5/5/2004
URL: https://www.panorama.it/italia/politica/articolo/ix1-A020001024408
Sono un milione, tra quelli di ruolo e i precari. Ma non si evolvono, non crescono (così come la loro busta paga). Per motivarli, basterebbe creare livelli professionali e passaggi di grado basati sulla competenza. Parola dei loro presidi > Schede
Cambiano i programmi, la durata dei corsi, l'autonomia degli istituti, ma finora nessuna riforma ha toccato la materia prima del mondo della scuola: gli insegnanti. Un esercito di oltre un milione di persone (tra docenti di ruolo e precari) che lamenta di essere sempre più demotivato.
"Più che la creazione di una scuola capace di modernizzare il Paese, ci si è preoccupati di creare un serbatoio capace di contenere la disoccupazione dei laureati" scrive Alessandro Cavalli, dell'Università di Pavia, nel libro Gli insegnanti nella scuola che cambia.

Il cahier de doléances è riassumibile in un concetto: nella società dell'apprendimento continuo, i professori non si evolvono, non crescono, non fanno carriera. Semplicemente si vedono invecchiare e vedono aumentare (poco) i loro stipendi in base agli automatismi di lenti scatti di anzianità (vedere tabella a pagina 64).
"Ci vuole una riforma che innanzitutto abbia l'obiettivo di motivare gli insegnanti, creando più livelli professionali all'interno dello status di docente, con passaggi di grado legati alla formazione, non per sola anzianità". Una rivoluzione per il mondo della scuola italiana. La proposta è piombata sui partecipanti al primo Expo dell'educazione e del lavoro a Milano per bocca di Giorgio Rembado, presidente di Anp-Cida, l'associazione nazionale dei dirigenti scolastici.

I presidi sono in prima linea e per questo hanno deciso di lanciare un progetto che pure non li vede direttamente coinvolti.
Non è una questione di rivendicazioni salariali, ci tengono a sottolineare, ma di riqualificazione di una scuola ormai inadeguata alle richieste della società. Un percorso già affrontato in altri paesi europei, dove gli insegnanti non sono una classe omogenea, ma si dividono in junior e senior, in neoassunti ed esperti.
Non è solo una questione anagrafica: chi oltre alla propria disciplina si aggiorna sui metodi educativi, chi fa buon uso delle tecnologie, chi organizza scambi culturali o guida lavori in team sale di grado.
E mette le sue competenze a disposizione degli altri.

La proposta dell'Anp-Cida è chiara e dettagliata. Gli insegnanti andrebbero inseriti nell'inquadramento di settimo, ottavo e nono livello del personale dello Stato: un modo anche per sanare l'anomalia dei docenti che sono gli unici dipendenti pubblici laureati confinati per tutta la loro vita professionale in un unico livello retributivo, per altro il più basso tra quelli previsti a parità di titolo di studio.
Ma il cuore della riforma non è tanto nell'aspetto economico quanto nel meccanismo di progressione della carriera: domande, selezioni, valutazioni dei colleghi della propria scuola appartenenti a livelli superiori per il primo salto.
Titoli professionali e culturali, corsi-concorsi e selezione finale a cura di reti di scuole, per raggiungere il livello più alto.
Il decentramento delle valutazioni rientra nel quadro dell'autonomia scolastica che, in una seconda fase, potrebbe portare anche al reclutamento dei docenti non con graduatorie, ma da parte dei singoli istituti, come già avviene in Gran Bretagna e Francia.

Claudio Gentili, responsabile dell'area scuola e formazione di Confindustria, non solo appoggia il progetto di riforma, ma rilancia: "Bisogna che le grandi innovazioni nelle scienze dell'educazione del '900 entrino nelle scuole. Basta con l'enciclopedismo.
Meglio studenti con la testa funzionante che con la testa piena di nozioni".
I docenti arrivano alla cattedra molto preparati nella propria disciplina ma nell'arco della carriera, non aggiornano mai né le loro conoscenze né i loro metodi di insegnamento.
Confindustria ha fiducia che anche il sindacalismo moderno non potrà che approvare una riforma che punti al diritto di far crescere la propria professionalità.

Meno ottimista Rembado secondo cui "se si lascia al mondo delle relazioni sindacali il compito di riformare la carriera dei docenti, non accadrà mai niente.
Ci vuole un percorso parlamentare per affrontare un argomento che tocca interessi di tutti, coinvolgendo anche gli studenti e le famiglie".
E i costi? "È un dato da regolare in base alle disponibilità, con due variabili: le diverse retribuzioni per ciascun livello e il numero di appartenenti ai livelli più alti".


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