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Nuova Saredegna-Riforma? No, restaurazione Così si ritorna a calamaio e dettato

Riforma? No, restaurazione Così si ritorna a calamaio e dettato Persino quello delle stampanti dei computer è in pericoloso ribasso, visto che le lettere si scrivono alla tastiera e poi s...

14/09/2003
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Nuova Sardegna

Riforma? No, restaurazione Così si ritorna a calamaio e dettato
Persino quello delle stampanti dei computer è in pericoloso ribasso, visto che le lettere si scrivono alla tastiera e poi si spediscono via Internet. Tant'è vero che oggi ti offrono gratis un'intera stampante se compri due cartucce insieme. La verità è che, da cinquant'anni a questa parte le rivoluzioni e le riforme non nascono più in virtù di grandiose intuizioni pedagogiche, ma quasi solo in funzione della tecnologia imperante. E se non muoiono in culla, si sviluppano da sole.
Io ricordo chiaramente la mia prima grande rivoluzione dell'inchiostro di cinquant'anni fa. Allora ero in seconda media e avevo come compagno di banco il figlio d'un falegname che aveva fatto fortuna vendendo mobili costruiti da altri. Lui aveva una bellissima camicia bianca con un taschino, da cui levò, ad un certo punto, un oggetto lungo e rotondo. Si chiamava 'penna stilografica': una magia!, direbbe il mio nipotino Marco. Aveva l'inchiostro incorporato e non c'era assolutamente bisogno di intingere il pennino nell'odiosissimo calamaio portatile che imbrattava le tasche e rendeva le dita come dei moncherini di catrame. Me la mostrò trionfante, la usò davanti ai miei occhi stupefatti e poi, da perfetto incosciente figlio di falegname arricchito, l'aprì per mostrarmi il meccanismo. C'era uno stantuffo, ecco come funzionava! E poi mi mise in mano la sua penna magica, con quello stantuffo che chiedeva soltanto di essere schiacciato. Lo schiacciai e inondai di schizzi blu la sua odiosa camicia bianca. Da quella volta, con la stessa determinazione dei bambini di oggi che vogliono a tutti i costi lo zainetto di Hulk, ebbi come unico obiettivo quello di possedere anch'io una penna stilografica e una camicia blu.
Ma il dominio scolastico della stilografica durò pochissimo, perché già agli inizi degli anni Sessanta arrivò la penna biro: la prima, rivoluzionaria espressione del principio consumistico dell' 'usa e getta'. Tutto nacque da lì, persino la pessima grafia dei nostri alunni di oggi e gli errori ortografici.
Proprio la scorsa settimana, le cronache hanno riportato l'esperimento di una studiosa italiana, la quale avrebbe somministrato a dei bambini di quinta elementare un vecchio dettato di cinquant'anni fa, con risultati a dir poco disastrosi per gli alunni di oggi. Ora, a parte il fatto che il testo era di Zietta Liù, l'ultima rappresentante di un decadentismo dannunziano postfascista, di cui gli attuali bambini non conoscono nulla, giustamente, e non ne possono capire il linguaggio, occorrerebbe ricordare alle giovani studiose di pedagogia che il dettato di una volta era il 'Signor Dettato' con la 'D' maiuscola. Era il paradigma di ogni possibile finalità didattica di quell'epoca. E dettare un Dettato era una vera arte, che le insegnanti di oggi neppure si sognano, anche perché, per fortuna, hanno ben altri obiettivi pedagogici da raggiungere. Fu proprio l'abbandono dell'arte del dettato come fine surrettizio dell'insegnamento (ma non nel senso di utile rinforzo didattico e di verifica), insieme al passaggio dal pennino alla penna stilografica e alla biro, che, negli anni Settanta, portarono alla vera rivoluzione dell'istruzione in Italia e in Europa.
Perché l'idea stessa del 'dettato dall'alto della cattedra' era alla base di una scuola autoritaria e autoreferente. La liberazione dalla schiavitù del calamaio e dalla morale di Zietta Liù aprì molte strade che condussero i bambini ad una migliore conoscenza di sé e all'autostima, traghettando la scuola in direzione dei veri principi del diritto allo studio e dell'educazione di massa, portando direttamente alla riforme della scuola materna e della scuola media; ma soprattutto ai Decreti Delegati del '74, con cui vennero definiti stabilmente finalità, ruoli e funzioni, e venne sancito il diritto delle famiglie a partecipare democraticamente al processo di formazione dei propri figli. Per non parlare della rivoluzionaria Legge 517, del 1977, con l'inserimento dei portatori di handicap come valore aggiunto e non come semplice opera pia. E infine la Legge 148 del 1990, che restituì dignità di scuola a tutto campo alle elementari. Altro che "Riforma Gentile Due", come vorrebbero farci credere i pedagogisti "americani" di Arcore e la Letizia Moratti nata Brichetto, a proposito di quella che dovrebbe partire quest'anno e che invece ha tutta l'aria di una pura e semplice restaurazione del calamaio e dei dettati di Zietta Liù. Probabilmente proprio a favore del Cepu di Bobo Vieri.
L'ultima grande riforma della nostra scuola è stata quella di fine secolo sull'Autonomia, prima dell'avvento dei para-liberisti da supermercato. Basterebbe far valere quella riforma, che è anch'essa legge dello Stato, per annullare ogni possibile intervento strutturale e organizzativo proveniente dall'alto.
Gli attuali dirigenti, soprattutto in Sardegna, per formazione e per esperienza sono in grado di fornire risposte adeguate a chicchessia. Ma sono quasi tutti sulla soglia della pensione. Che succederà con quelli che verranno, alle prese con il principio dello 'spoils system' per cui se non ci stai ti licenzio?
Franco Enna


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