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Messaggero:Maestro unico? Macchè, in classe ce ne sono sei

La riforma prevede il docente prevalente, in realtà per coprire l'orario si impiegano più insegnanti

28/10/2009
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Il Messaggero

di ALESSANDRA MIGLIOZZI
ROMA - Il maestro prevalente si fa in sei: in alcune classi della scuola primaria la novità voluta dal ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini viene offuscata dalle esigenze pratiche delle scuole. I presidi, infatti, per mettere insieme i tagli con le richieste di mamme e papà fanno i salti mortali: spostano insegnanti, ripensano i modelli orari, usano le vecchie ore di compresenza al posto delle supplenze che non si possono pagare perché mancano i soldi. L’obiettivo è garantire un servizio scolastico degno di questo nome, l’effetto finale è che degli annunci della riforma del ministro, in alcuni casi, non resta che un ricordo. Quello che doveva essere, ad esempio, il riferimento primario per i bambini, la novità pedagogica dell’anno, vedi alla voce maestro prevalente, spesso deve dare la precedenza alle necessità organizzative. Capita così che in molte prime, anche a 30 ore, dove il docente unico di riferimento è previsto dalle riforme, sfilino fino a 6 insegnanti. In una classe della scuola Angelo Mauri di Roma, ad esempio, per i bambini che fanno 30 ore, le maestre prevalenti sono tre: una fa italiano, l’altra matematica, la terza storia geografia e inglese. Va aggiunta, poi, anche religione che, però, copre solo due ore. A conti fatti i bimbi vedono quattro maestri, di cui tre si spartiscono in fette più o meno simili la gran parte dell’orario. Niente docente prevalente, dunque. «Abbiamo ritenuto che fosse poco efficace - spiega il preside, Paolo Mazzoli - abbiamo preferito mantenere il team di insegnanti. Ma questo spezzatino è anche frutto dei tagli e della modalità con cui sono stati assegnati gli organici su una base di 27 ore: ci troviamo a dover distribuire le maestre come in una specie di mosaico». Stessa musica all’istituto comprensivo Orsa Maggiore, sempre a Roma, dove nelle classi a 30 ore «si è cercato di evitare lo spezzatino di insegnanti - spiega il preside, Stefano Sancandi - ma non è facile. Tanto che abbiamo in media un docente che fa diverse materie a cui si aggiungono gli specialisti di inglese e religione e un quarto insegnante che fa o scienze o educazione motoria». Al 75° circolo di Roma non è stato concesso il tempo pieno per alcune prime. «Ma non potevamo non darlo - spiega la preside Lucia Carletti - nella nostra zona le famiglie hanno precise esigenze». Così la scuola ha fatto a modo suo: in tutto il plesso le ore settimanali sono state ridotte da 40 a 39 per mettere via un pacchetto orario “di riserva” che aiuta a garantire anche «progetti, gite, recuperi» e che serve «per coprire le supplenze brevi visto che non ci sono i soldi per chiamare i sostituti. La verità - spiega Carletti - è che stiamo facendo i salti mortali in tutte le scuole, ci stiamo attivando perché l’istruzione primaria mantenga la sua qualità nonostante i tagli. Tuttavia è innegabile che ormai da scuola a scuola i modelli cambiano». A Bologna e provincia, ad esempio, ci sono plessi dove oltre alle quattro tipologie orarie proposte dal ministro (24, 27, 30 e 40 ore a settimana) ne sono spuntate di nuove: 32 e 33 ore, una sorta di modulo rinforzato, e 36 ore, ovvero il vecchio tempo pieno, ma con un pomeriggio in meno. «C’è uno sfarfallamento di situazioni», spiega il preside Stefano Mari, del 3° circolo didattico di Bologna. Qui per evitare di mandare in confusione le famiglie si è fatto un sacrificio generale: tutte le classi, dalla prima alla quinta, sono state riportate a 30 ore. «Così con un minimo di prelievo di docenti dal tempo pieno riusciamo a garantire a tutti lo stesso servizio - dice il preside - e questo modello dovrebbe sopravvivere anche ai tagli che sono previsti per i prossimi due anni». Ma nelle prime a 30 ore quanti docenti ci sono? Quattro: due prevalenti a cui si sommano religione e inglese. Al 21° circolo di Roma le prime hanno tutte organizzazioni diverse, in alcune sfilano fino a 6 maestri: 3 per le materie principali e tre specialisti compreso quello di musica. «Ci organizziamo con le risorse che abbiamo - spiega il dirigente, Andrea Caroni - ma va detto che noi crediamo nel modello collegiale e continuiamo a proporlo, del resto nessun atto del ministro dice che il maestro prevalente è perentorio». Puntando la rotta più a nord, a Torino, la preside Nunzia Del Vento, che dirige la scuola Gabelli ed è a capo dell’Associazione delle scuole autonome del Piemonte, racconta che in ogni classe di quelle coinvolte dalla riforma fanno capolino almeno tre-quattro insegnanti, sempre perché «si usano i docenti per riempire i quadri orari al meglio e garantire un’offerta formativa completa». Ci si arrangia con quel che si ha, ma il risultato finale è che nel pentolone della scuola primaria poi ci bolle di tutto. «Nel Torinese - spiega Del Vento - ci sono plessi che hanno diminuito il tempo scuola e chi ha ancora il tempo pieno spiega ai genitori che non è più quello di una volta con le compresenze e la stessa qualità della didattica. Se si andrà avanti con i tagli per poter compilare i quadri orari probabilmente l’unica soluzione sarà ridurre la permanenza a scuola degli alunni. Oppure mettere a pagamento i servizi del pomeriggio. In alcune scuole medie a Torino già si paga la sorveglianza sulla mensa».


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