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Manifesto: Scuola e statali fermi il 26 e il 27 ottobre

Nei giorni di sciopero ci saranno due manifestazioni nazionali a Roma. Il governo ha stanziato soldi sufficienti solo per «l'indennità di vacanza contrattuale»; e pretende di triennalizzare il contratto

04/10/2007
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il manifesto

Francesco Piccioni
Sul tavolo ci sono due dichiarazioni di sciopero. Quello degli statali, il 26 ottobre, un venerdì; e la scuola, il giorno dopo. Entrambe con manifestazione nazionale a Roma. Scelta legittima, ma certo discutibile: l'accumulo delle forze, se si vuol costringere l'interlocutore - il governo - a cambiare atteggiamento, sarebbe in effetti un semplice atto dovuto. Magari per evitare che si ripetano le «manfrine» che hanno accompagnato la trattativa fino a maggio.
Comunque sia, le ragioni per un confronto più aspro ci sono tutte. A cominciare dall'atteggiamento maramaldo con cui il governo (o la sua «testa pensante» in fatto di numeri, Tommaso Padoa Schioppa) continua ad affrontare ogni questione di grande rilevanza sociale. Metter nero su bianco, nelle tabelle della finanziaria, una cifra risibile per il rinnovo del contratto del pubblico impiego in scadenza il 31 dicembre, è stata una vera provocazione. I numeri li ha spiegati, in conferenza stampa, Carlo Podda, segretario della Funzione pubblica (Fp) Cgil: i 1.835 milioni lì indicati «riguardano il biennio 2006-2007». Una tornata contrattuale risolta soltanto in maggio, e con risultati non esaltanti (101 euro lordi medi di aumento, ma soltanto dal primo febbraio 2007; per i 13 mesi precedenti c'è solo l'«indennità di vacanza contrattuale», una miseria) e che, in ogni caso, va in scadenza tra tre mesi. Per il biennio 2008-2009, invece, «si prevedono solo 741 milioni, che andrebbero riconosciuti solo per la vacanza contrattuale». Conti alla mano, potrebbero non essere sufficienti neppure per quella. «Questa per noi è una dichiarazione di guerra».
Pesa anche la campagna stampa dei giornali padronali «che favoleggiano sulle risorse già assegnate ai lavoratori pubblici». Un falso clamoroso, spiega Rino Tarelli, segretario cislino, visto anche che proprio ieri l'Istat ha certificato che i dipendenti pubblici italiani «sono i peggio pagati di tutta Europa» (come del resto, ormai, anche i dipendenti del settore privato). Ma non si possono dimenticare gli altri due punti dolorosi: «la mancanza di un piano industriale nelle pubbliche amministrazioni» e la questione del «precariato, che questa finanziaria aggrava». Sul primo punto, i sindacati lamentano la mancata applicazione del «memorandum», l'accordo che doveva stabilire i criteri per riformare la pubblica amministrazione. Un accordo contestato da numerose altre sigle con un forte radicamento nel pubblico impiego, ma che comunque è per ora carta straccia o quasi (nei progetti di «riforma» pubblicati qua e là, infatti, si può trovare anche di peggio).
Sui precari, invece, siamo quasi allo scandalo. Il «superamento» del precariato - stando alla lettera della finanziaria - sembra affidato al non rinnovo dei contratti a termine in essere, mentre solo una piccola parte (e con criteri non definiti, se non sul piano quantitativo) attraverso la «stabilizzazione».
Oltre il merito, però, pesa la «sordità» politica che il governo non manca di manifestare ogni giorno. Quasi una conferma del «rifiuto di un confronto serio e approfondito». Sembrano perciò lunari le parole con cui il ministro dell'istruzione, Fioroni, ha commentato la notizia che anche la scuola avrebbe scioperato: «mi auguro che il contratto venga firmato entro questa settimana». Come se non si rendesse conto di star parlando di quello di due anni fa, che scadrà il 31 dicembre. Più controllato Luigi Nicolais, titolare del dicastero della funzione pubblica, che si limitava a garantire che «il governo si impegna ad assicurare le risorse» (e allora perché non le ha inserite in finanziaria?).
La «ciccia» vera dello scontro aperto con i sindacati del pubblico impiego la rivela - forse involontariamente - il ministro del lavoro, Cesare Damiano. Il quale, con la sua solita flemma, ha raccolto che «i sindacati hanno avanzato una critica alla manovra», per poi asserire che «una quota di risorse è stata inserita per i contratti futuri» (l'indennità di vacanza contrattuale...). E infine chiudere con un perentorio «le risorse si troveranno; ci sarà un collegamento tra questa discussione e le cadenze triennali anche nel pubblico impiego». Triennalizzazione del contratto, insomma, senza neppure discutere di reintrodurre meccanismi automatici di recupero salariale (scala mobile) nei tre anni (e più) tra un contratto e l'altro. Come dire: «soldi ve ne possiamo anche dare, ma non tanti. In cambio...»


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