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La scuola alza la voce Sfilano in migliaia a Roma per dire che "pubblica è meglio". La riforma Moratti non piace a nessuno "Pubblico è la parola più bella del mondo" dice Guglielmo Epifani. Per...

01/12/2003
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il manifesto

La scuola alza la voce
Sfilano in migliaia a Roma per dire che "pubblica è meglio". La riforma Moratti non piace a nessuno
"Pubblico è la parola più bella del mondo" dice Guglielmo Epifani. Perché significa di tutti, come quelli che ieri erano in piazza: bambini, genitori, insegnanti e studenti per difendere il diritto al futuro. Ma durante la manifestazione si raccolgono testimonianze di scuole a pezzi, di poche risorse e di infinita precarietà
CINZIA GUBBINI
ROMA
Ci vuole una struttura forte e organizzata per risucire a portare, di questi tempi, oltre 90 mila persone del mondo della scuola in piazza. I sindacati confederali ce l'hanno fatta, ieri a Roma, accettando la sfida di chiamare i lavoratori a manifestare "per la scuola pubblica", e facendosi precedere da una colorata manifestazione di studenti in mattinata. Niente vertenze contrattuali, bensì una manifestazione nazionale per rilanciare il ruolo strategico della scuola pubblica, e per denunciare i rischi di una devoluzione che vuole mettere la formazione in mano alle regioni. Sfilano insieme Guglielmo Epifani segretario generale della Cgil ("lo slogan `pubblica è meglio' mi piace molto"), Savino Pezzotta della Cisl ("e basta cercare contraddizioni tra noi e il finanziamento alla scuola privata, che sosteniamo vada aiutata ma non a scapito di quella pubblica") e Antonio Foccillo, che sostituisce Angeletti. A seguito i soddisfatti segretari del comparto scuola: Enrico Panini, della Cgil, Daniela Colturani, della Cisl e Massimo di Menna, della Uil. Dietro di loro migliaia di insegnanti, genitori, studenti e bambini marciano compatti. Dicono che la scuola c'è, anche se molti se lo dimenticano.

Moratti in cantina

Serpeggia tra le fila dei manifestanti questa sensazione di abbandono: "Che ci vuoi fare, tanto è sempre solo la scuola che si mobilita per la scuola", commenta Orietta, sindacalista della Cgil e "precaria da 11 anni", arrivata appositamente da Cagliari. Fanno eccezione quelli di Legambiente, quasi in coda al corteo con lo striscione che dice "Per una scuola capace di futuro", e i mitici aderenti alla "Uil pensionati" che avanzano con passo sicuro armati del seguente striscione: "Nonni e nipoti insieme a scuola".

E invece è quando ci sono queste grandi assemblee pubbliche che la scuola viene fuori con tutto il suo volto di forza paese: ci sono i genitori, i bambini, i lavoratori della scuola, gli insegnanti pagati una miseria. In molti si sono ricordati di portare in piazza la bandiera arcobaleno della pace. E adesso che Moratti ha pensato bene - dimostrando poco acume strategico - di mazzolare per prima la scuola dell'infanzia e la elementare (tra l'altro già riformati nel `90) si ritrova contro proprio il comparto più vitale. Un maestro di Pesaro e Urbino ha preso un pezzo di cartone, e sopra ci ha disegnato una scuola in trincea. Sopra c'è scritto: "Nassirya? No, scuola a tempo pieno", alludendo al prossimo attentato a firma Moratti che intende mettere una pietra sopra a una delle sperimentazioni più riuscite della scuola italiana. Un altro invece ci ha dato giù di pennarello: da una parte una solida scuola, dall'altra tanti topi. Perché: "Prima erano fatti, mo'...ratti!!". Anche i bambini delle scuole elementari, in genere al seguito di combattivi coordinamenti dei genitori, ci hanno messo del loro. A due bambine di Torino va il "Grammy", ovvero l'oscar della musica per la manifestazione del 29 settembre 2003: "C'era una casa tanto carina, con la Moratti chiusa in cantina, con Berlusconi chiuso nel cesso ma la scuola andava avanti lo stesso". Pillole di saggezza. E poi sfila il Trentino, la Sicilia, ancora Brescia e Salerno, l'Alto-Friuli e la ormai inarrivabile Lucania, presenza che si fa notare in tutte le manifestazioni. Per trovarli basta seguire le canzoni dei briganti, e la lezione di stile è assicurata: dietro allo striscione portato da Potenza sfilano insieme bandiere della Cisl, della Cgil e della Uil. "Noi siamo uniti in tutte le occasioni". Lo striscione recita: Scanzano denuclearizzata, scuola demorattizzata. Ma non mancano storie drammatiche, come quella di Bojano, in Molise. Da 59 giorni i genitori si incatenano dietro alla scuola elementare del paese: "Perché gli edifici sono vecchi, e noi ci troviamo sulla faglia sismica più pericolosa al mondo dopo quella di Los Angeles". Ovviamente soldi per rimettere a posto le scuole non ce ne sono. E ancora, parola al sindaco Rossano Pazzagli, primo cittadino di Suvereto, in provincia di Livorno, circa 2 mila anime "e quest'anno il 12% in meno di risorse dallo stato: in questo modo il comune non può fornire servizi come lo scuolabus o la mensa". Ma anche i precarissimi insegnanti Itp, i tecnico-pratici dei laboratori, precarissimi, alla faccia della scuola più moderna che promette il ministro.

Storie d'Italia, che trovano un'eco in piazza Farnese, al momento del comizio finale, concluso da Guglielmo Epifani: "Siete il sale e la colla della manifestazione del 6 dicembre (quella contro le pensioni, ndr). Questo vi si deve, e questo vi deve l'intero movimento confederale italiano. "Il mondo della formazione, della scuola, della ricerca - ha detto - è quello che può consentire agli anziani, come ai giovani, agli immigrati, ai disoccupati e a chi è esposto a condizioni di rischio la possibilità di determinare un futuro diverso".

Prima, i giovani

I primi a lasciare la piazza soni i giovani: quelli rimasti dalla manifestazione della mattina. Praticamente dei stakanovisti. Il loro corteo - indetto da Uds con l'adesione di Sinsitra giovanile e Giovani comunisti - si piazza decisamente al secondo posto rispetto a quello degli insegnanti, ma comunque migliaia di ragazzi si sono riversati a Roma per dire no alla riforma Moratti. Da roma si sono mobilitati anche alcune realtà di studenti autorganizzati - come quello del Virgilio e altri licei della capitale - e il "Comitato in difesa della scuola pubblica", formato da scuole di Udine, Crema, Milano, Ciampino. E' un universo frammentato quello degli studenti medi, è sempre stato così, ma in questo periodo a soffocare un'espressione più numerosa della protesta studentesca contribuiscono vari fattori: la delusione di due anni di lotte andate a vuoto e che non hanno scalfito la politica del ministero, come osserva Enrica di Torino, e il conseguente "momento di riflessione", come dice Gabriele del Comitato per la difesa della scuola pubblica, che gli studenti si stanno prendendo per decidere cosa fare.

Quello che muove gli studenti e li fa più incazzare sono i finanziamenti alle scuole private, più che la riforma di cui alla scuola superiore non si vede ombra. "Moratti ruba ai poveri per dare ai ricchi", diceva lo striscione di apertura e basta parlare con i ragazzi per registrare storie di ordinaria distruzione pubblica. "In Molise alcune scuole stanno negli scantinati, a Campobasso ne abbiamo una in un supermarket", racconta Nicola. E poi l'assenza drammatica di una politica a sostegno del diritto allo studio. Vedi Afi - ragazza straniera, come ormai se ne vedano tante alle manifestazioni studentesche, specchio dell'Italia che verrà - che frequenta un istituto per il turismo a Roma, ma non può permettersi di partecipare agli scambi culturali: "Figurarsi, 800 euro per una settimana...". Secondo un recente sondaggio dell'Uds, per uno studente medio tra trasporti, libri tasse e via dicendo andare a scuola costa circa 990 euro all'anno. "Un'ingiustizia", gridano gli studenti dal microfono. Altro punto base della protesta studentesca il controllo imperante e la repressione. Si racconta ovunque di telecamere in classe, agenti in borghese, controlli. E' questa la ricetta del ministro: una scuola che fa paura agli studenti, così imparano sin da piccoli a capire il gusto del comando.


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