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Lo schema di decreto legislativo sulle retribuzioni dei docenti universitari è illegale

di Osvaldo Roman

13/10/2011
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ScuolaOggi

E’ in discussione in questi giorni alle Camere lo schema di decreto legislativo (Atto 402) che in attuazione dell’art. 8 della cosiddetta riforma dell’Università (legge 240/2010) ridefinisce con un apposito Regolamento delegificante la struttura giuridica e retributiva delle carriere economiche dei docenti e dei ricercatori universitari. L’esame di questo provvedimento mi sembra importante non solo per evidenziare la clamorosa illegalità che caratterizza il testo presentato dal governo con il tacito avallo, sul punto contestato, dello stesso Consiglio di Stato, ma anche per mettere in evidenza la stretta connessione esistente, nella strategia governativa, tra il medesimo e le misure già adottate, sulla strada di una presunta stagione meritocratica, per colpire la carriera economica del personale della scuola e di tutti i pubblici dipendenti.

Ma prima di soffermarmi su questa connessione voglio sottolineare come lo schema di decreto legislativo in questione preveda nuove tabelle retributive per i prof ordinari di prima e seconda fascia che non rispettano quanto previsto dall’articolo 36, secondo comma, del DPR n.382/80 e cioè l’aggancio permanente alla retribuzione(46,8% comprensivo dell’indennità di funzione) del dirigente generale di livello A dello Stato. Tale aggancio nel vigente ordinamento si ripercuote sugli incrementi all’8% delle classi biennali e del 2,5 % dei successivi scatti biennali calcolati sull’ultima classe. Esso riguardava anche i docenti di seconda fascia a loro volta agganciati al 70% della retribuzione della prima fascia.
Tale aggancio non risulta modificato dai criteri indicati nell’articolo 8 della legge 240/2010, che , per la revisione della disciplina del trattamento economico dei professori e dei ricercatori universitari già in servizio e di quelli vincitori di concorsi indetti fino alla data di entrata in vigore della presente legge, come determinato dagli articoli 36, 38 e 39 del Decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, prevede l’ adozione delle seguenti norme regolatrici:
a) trasformazione della progressione biennale per classi e scatti di stipendio in progressione triennale;
b) invarianza complessiva della progressione;
c) decorrenza della trasformazione dal primo scatto successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della legge 240/10.

Dunque lo schema di decreto contrasta con ogni evidenza con il criterio dell’invarianza complessiva della progressione ivi indicato. Poiché viene meno, inquanto non esplicitamente indicato, l’aggancio automatico delle retribuzioni attualmente in vigore in forza dell’art 24 della Legge 23 dicembre 1998, n. 448. Gli effetti di tale aggancio sono temporaneamente sospesi ai sensi del primo periodo del comma 21 dell’art 9 della legge 122/10, ma sono destinati a ritornare in vigore. Lo schema di decreto li ignora totalmente e anzi non riprendendone gli effetti li abolisce contrariamente a quanto previsto dall’art.8 della legge 240 che come si è visto parla di invarianza complessiva della progressione.

Inoltre questo principio dell’invarianza complessiva della progressione sembra  messo in discussione dal richiamo alla validità del comma 21 del DL 78/2010, convertito nella legge 122 del 30 luglio 2010 quindi prima dell’entrata in vigore della legge 240, anche per quanto riguarda gli effetti previsti per la validità giuridica ed economica degli anni di servizio 2011-2012-2013.
Infatti tale comma prevede che “ per le categorie di personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, che fruiscono di un meccanismo di progressione automatica degli stipendi, gli anni 2011, 2012 e 2013 non sono utili ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti”.
Di conseguenza per i docenti e i ricercatori universitari nel nuovo inquadramento, anche per questa condizione, non sussiste l’invarianza di progressione con il precedente ordinamento in quanto dovranno attendere tre anni (quattro a causa di quanto disposto dal DL 98/11) prima di accedere ad ogni classe retributiva successiva a quella attualmente in godimento.
Il D.L. 98/11 convertito dalla legge n.111del 15 luglio 2011, all’articolo 16, comma 1 lettera b) infatti stabilisce  “la proroga fino al 31 dicembre 2014 delle vigenti disposizioni che limitano la crescita dei trattamenti economici anche accessori del personale delle Pubbliche Amministrazioni previste dalle disposizioni medesime.”

Il comma 23, a differenza delle altre disposizioni previste dall’articolo 9 per il personale pubblico contrattualizzato, come confermato dalla Circolare n.12/2011 del MEF, cancella dalla carriera economica il valore giuridico di tre annualità (2010-2011-2012) ma consente il pagamento degli scatti maturati in questo periodo:
In questo quadro interpretativo cosa può significare per il milione di dipendenti della scuola la norma richiamata del Decreto legge n.98 che  proroga fino al 31 dicembre 2014 le vigenti disposizioni che limitano la crescita dei trattamenti economici?
Per tentare di dare una risposta a tale interrogativo esaminiamo con un minimo di dettaglio come è stato applicato il comma 23:
·      la legge n. 122 del 2010, art.9- comma 23, ha cancellato, per circa un milione di dipendenti, docenti ed ATA, la validità giuridica ai fini della carriera economica degli anni di servizio 2010,2011,2012; la relazione tecnica al disegno di legge di trasformazione del decreto legge n.78/10 quantificava in 18,7 miliardi di euro tali tagli per i successivi quaranta anni;
·      le modifiche introdotte dal governo al comma 23 nel corso della conversione parlamentare del Decreto, come è chiaramente confermato dalla Circolare n.12/2011, non hanno cambiato tale contenuto normativo limitandosi a indicare una copertura finanziaria già in bilancio (il 30% dei tagli derivanti dalla riduzione degli organici inizialmente destinato al merito) al fine di garantire il solo trattamento economico derivante dagli scatti maturati nel triennio;
·      a tale bisogna, per l’anno 2011,(con i fondi immessi nel bilancio 2010) ha provveduto il D.I. n 3 del 14 gennaio 2011;
·      la Corte dei Conti ha segnalato, nella relazione al rendiconto 2010, che per il 2011 non sarà possibile garantire la retribuzione (640 mln) degli scatti maturati con quella annualità. Ciò ferma restando la retribuzione di quelli maturati e retribuiti nel 2010 (320 mln) e senza che ciò pregiudichi la possibilità, tutta da verificare, che nel 2012 coi 960 mln di risparmi previsti si possano retribuire tutti gli scatti maturati nel triennio. Nulla si conosce sul destino dell’ulteriore cancellazione delle annualità 2013-2014 stabilita dal D.L. 98/11;
·      il governo ha smentito dunque, con la C.M n.12, quanto finora sostenuto dalle organizzazioni sindacali “più responsabili” che hanno condiviso tali scelte riguardo al fatto che tale cancellazione giuridica sarebbe stata progressivamente rimossa dai Decreti ministeriali che per quei tre anni saranno chiamati, consentendolo le disponibilità previsionali, a retribuire gli scatti maturati;
·      infatti nella Decisione di finanza pubblica 2011-13 tali tagli, indicati rispettivamente alla Tabella 2.10 in 320, 640, 960 milioni di euro, risultavano come componenti del saldo primario;
·      inoltre risulta significativa al riguardo la conferma, riportata nel DEF 2011, che i tagli apportati dal comma 23 dell’art.9 della legge 122/2010 effettivamente incidono sul saldo primario, come riportato nella Tavola VI.I della medesima Sezione I: per 418 milioni di cui 320 della scuola nel 2011, per 812 mln (640) nel 2012, per 1124mln (960) nel 2013.

Sicuramente tali tagli alle retribuzioni dei docenti e degli ATA uniti a quelli che prevede il regolamento che dovrà essere adottato per i docenti e i ricercatori universitari, contribuiranno in maniera sostanziosa e analoga (scatti triennali anziché biennali e valutazioni del merito a cui legare le retribuzioni riservate ai “nuovi” ma aperte alle adesioni volontarie dei “vecchi”) al conseguimento dell’ obiettivo della riduzione della spesa per l’istruzione.
Il ministro Gelmini in un’intervista a Repubblica dell’8 ottobre 2011 ha sostenuto, rispondendo a una domanda che le poneva il problema dei tagli, che i tagli finiranno nel 2012 con la riduzione di 80 mila posti della pianta organica dei docenti. A parte il fatto che il taglio è stato di 87.000,docenti e di 45 mila ATA con l’anno scolastico 2011-12, perché non si possono considerare non tagliati quei posti conteggiati per garantire il mantenimento in servizio dei docenti di ruolo che hanno perduto il posto, c’è da tenere presente che i tagli agli organici continueranno anche per i prossimi tre anni scolastici per il completamento della cosiddetta riforma della scuola secondaria superiore, per il ridimensionamento dell’Istruzione degli adulti e per il completamento (nel prossimo biennio) del “massacro” della scuola primaria”.
Ma non solo, incideranno sugli organici anche le misure di razionalizzazione: istituti comprensivi, nuovi parametri per l’autonomia scolastica e riduzione del numero dei vice-dirigenti. Sono materie queste che non dovrebbero sfuggire ad un ministro ancorché fortemente traumatizzato dagli ultimi accadimenti politici.

Inoltre il ministro non può ignorare che il Governo Berlusconi si é proposto di ridurre la spesa in materia d’Istruzione e di Università portandola, nel 2015, dal 4,2% del 2010 al 3,7 %, del PIL. Si tratta di una riduzione strutturale della spesa nel settore, che riguarda i bilanci del MIUR e degli Enti locali, di quasi 8 miliardi di euro. Poiché, dei 4.651 milioni, a regime nel 2012, derivanti dai tagli sugli organici previsti dalla finanziaria 2007 e dall’art.64 della legge 133/2008, nel 2010 erano stati conseguiti strutturalmente 2.809 milioni, i residui 1.752 si conseguono nel 2011 e nel 2012. Risulta così che la prevista riduzione di 8 miliardi della spesa necessita di un nuovo taglio di 6.248 milioni. Questa è l’entità della riduzione strutturale della spesa per l’istruzione, che il governo Berlusconi si ripropone di realizzare dal 2013 al 2015, in barba alle interviste della Gelmini e alle medesime Direttive europee in materia di sviluppo-capitale umano approvate anche dal nostro Parlamento.
Finora si è tentato di nascondere tale obiettivo, anche con il trucco, ai limiti della truffa, di nascondere nella recente manovra di stabilizzazione gli effetti finanziari derivanti dall’attuazione dell’art.19 del DL 98/11. Ma è molto evidente che dalla sua realizzazione non potrà che derivare da un drastico taglio delle  retribuzioni del personale a cominciare dall’effetto che determinerà nei futuri bilanci la soppressione del triennio di servizio 2010-12 di oltre un milione di dipendenti della scuola e dell’Università. L’operazione sarà condotta in nome del “merito che sostituisce alle carriere economiche per tutti i premi per i migliori”.
Questo è il nuovo “mantra” che sostituirà quello sugli “sprechi di personale assunto come ammortizzatore sociale”.


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