Lite sui fondi per la ricerca i rettori del Sud: noi puniti
Al Centro- Nord l’ 86% dei premi per l’eccellenza: “ Ma i nostri progetti sono migliori”
Salvo Intravaia Ilaria Venturi
Il Sud resta al palo nella gara sull’eccellenza della ricerca scientifica. Su 180 dipartimenti al top, appena finanziati con un miliardo e 300 milioni in cinque anni, 155 ( l’ 86%) sono nelle regioni del Centro- Nord. E si riaccende la polemica su un’Italia accademica spaccata in due. Con i rettori del Sud che insorgono: « Distribuzione iniqua, noi penalizzati » . E il neopresidente dell’Agenzia per la valutazione ( Anvur) Paolo Miccoli che corre ai ripari: « Occorre assolutamente recuperare le università escluse».
È la prima volta che vengono distribuiti fondi “extra”, e non pochi in un mondo sotto finanziato, direttamente ai dipartimenti, le strutture scientifiche degli atenei. In che modo? La prima selezione, che ne ha scelti 350, è stata fatta sulla valutazione della qualità della ricerca (Vqr) condotta dall’Anvur: un algoritmo complesso e contestato in ambiente accademico che ha pesato per il 70%. Poi la corsa finale su progetti di ricerca presentati dai singoli dipartimenti alla commissione presieduta da Paola Severino, rettore della Luiss. Bologna è prima, con 14 dipartimenti finanziati e 113 milioni portati a casa. Seguono Padova (13 strutture per 102 milioni), le università e politecnici di Milano e Torino. Firenze conquista 69 milioni, con nove dipartimenti, Pisa va male. La Sapienza incassa 58 milioni per otto strutture eccellenti.
Ma è il Sud ad allarmare: solo 25 dipartimenti finanziati, appena il 14%. Un divario che questo fiume di denaro — che consentirà ai selezionati di assumere docenti e ricercatori, creare nuovi laboratori e potenziare la didattica — rischia di allargare. «Una iniqua distribuzione delle risorse che penalizza, ancora una volta, il Sud: il quadro è desolante », è il duro commento del rettore dell’università della Calabria Gino Mirocle Crisci. Gli atenei del Sud soffrono di carenze di strutture all’avanguardia e di docenti dedicati alla ricerca. Si erano risollevati nell’ultima valutazione, del 2010-14, sui prodotti scientifici dei professori. Ma non abbastanza. «Se il criterio fosse stato almeno in parte quello del progresso oggi staremmo a raccontare un’altra storia » , dice Fabrizio Micari di Palermo. Il rettore di Bari, Antonio Felice Uricchio, reclama quote perequative per il futuro: « Avevamo 4 dipartimenti su 350, uno solo ce l’ha fatta: il rammarico c’è » . Più ottimista Gaetano Manfredi, della Federico II di Napoli: « La Campania, con 11 dipartimenti finanziati, è migliorata ed è stata premiata. Il Sud aveva indicatori meno favorevoli anche se il trend è comunque positivo e la situazione migliorerà». Ma il sistema premiale nella ricerca fa bene o male al Paese? « Il meccanismo permette di vedere i problemi e di risolverli » , risponde Cristina Messa, rettore di Milano Bicocca. E aggiunge: «Abbiamo avuto successo perché i nostri dipartimenti hanno lavorato su progetti di ampio respiro, su base quinquennale, come avviene in Europa » . Francesco Ubertini, rettore di Bologna, difende la misura, ma aggiunge: «Va accompagnata da interventi che permettano alle università escluse di crescere».
Il dibattito è acceso via social. Il divario « era già contenuto nella prima classifica dove solo il 18% dei dipartimenti di Sud ed Isole era rappresentato», osserva Miccoli. « Le scelte, legittime, della commissione hanno ulteriormente aggravato la situazione » . Appena insediato, difende il sistema di valutazione: « La Vqr è perfettibile, ma non la butterei via»