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Liberazione-Scuola, la grande emergenza

Scuola, la grande emergenza C'è una grande emergenza nazionale nel nostro paese che si chiama scuola pubblica. Sulla spinta di uno smantellamento sistematico dello stato sociale, e di un proc...

06/04/2004
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Liberazione

Scuola, la grande emergenza
C'è una grande emergenza nazionale nel nostro paese che si chiama scuola pubblica. Sulla spinta di uno smantellamento sistematico dello stato sociale, e di un processo di privatizzazione dei beni comuni frutto delle politiche neoliberiste in tutta Europa, siamo vicini alla destrutturazione del sistema pubblico dell'istruzione e della ricerca. La portata di questa situazione di declino culturale non ha ancora scosso completamente l'opinione pubblica, e non ha ancora mobilitato come si dovrebbe tutto l'arco delle opposizioni politiche e sociali. Prova ne sia che malgrado l'approvazione della legge 53, la cosiddetta riforma Moratti, e del primo decreto attuativo che cancella il tempo pieno e prolungato, non si è ancora indetto quello sciopero generale unitario della scuola, che da mesi viene invocato dalla base delle organizzazioni, e dai lavoratori del settore.
Forse possiamo continuare a sperare nella tragedia, visto che adesso il governo ha deciso di usare energicamente le forbici e la demagogia, per infliggere un altro duro colpo agli insegnanti precari e al buon funzionamento del prossimo anno scolastico. Tagli e ancora tagli, si profilano all'orizzonte. Una pesante riduzione di docenti e personale tecnico amministrativo che comprometterà nei fatti la qualità e i progetti, e quelle classi di tempo pieno di cui quest'anno si è registrato un forte incremento di richieste da parte dei genitori! Moratti impermeabile alle contestazioni e alle mobilitazioni ha deciso di tirare dritto con la sua opera di attacco alla scuola pubblica. Ultimi regali il decreto sul precariato e la circolare sugli organici. Un colpo di falce quest'ultimo, che cancella seimila posti di insegnanti per il prossimo anno scolastico, a cui si aggiungono le oltre 15 mila cattedre del 2002-2003 e le 7 del successivo. Tutto ciò a fronte di un aumento di quasi 64 mila alunni. Anche per le cattedre di sostegno sono previsti tagli di circa 800 docenti nonostante negli ultimi due anni gli alunni diversamente abili nelle scuola siano aumentati del 14,3 per cento. Continua insomma, la sottrazione di risorse alle scuole e si rende sempre più difficile garantire l'offerta formativa nei singoli territori, ormai nel caos. Chi ne pagherà il prezzo saranno gli alunni e i loro genitori. L'impegno che il ministero si era preso di compensare su tutto il territorio nazionale l'attuale numero di posti di tempo pieno e prolungato, si rivela nei fatti una misera proposta rispetto alla grande richiesta di tante famiglie che resterà inevasa nel prossimo anno scolastico e ancor peggio nei successivi. La situazione è resa ancora più grave dal fatto che il Ministero basa le sue scelte sugli organici considerando quantità di alunni iscritti sottostimate rispetto all'effettiva consistenza e non dichiarando i numeri reali delle iscrizioni ricevute dalle scuole per quanto riguarda il tempo pieno ed il tempo prolungato. La politica del disinvestimento della coppia Moratti-Tremonti rischia di trasformare in breve tempo la scuola pubblica in un servizio minimo essenziale. Con grande soddisfazione del mercato privato naturalmente che potrà realizzare più profitti. I tagli agli organici non sono solo un problema gravissimo, di posti di lavoro che saltano come i birilli da un anno all'altro, ma l'espressione di un processo di precarizzazione degli insegnanti (anche di quelli di ruolo), funzionale al modello di scuola che questo governo vuole costruire. Una scuola per la flessibilità e la precarietà di chi vi studia e di chi lavora, ridimensionamento dei sindacati e della contrattazione nazionale per lasciare il passo alla chiamata diretta. Contrazione del tempo scuola e dei contenuti, per una formazione sempre più personalizzata e quindi subordinata alla precoce canalizzazione verso i nuovi apprendistati. Con questa riforma l'impresa entra nella scuola non soltanto perché viene consentito a chi non ha ancora nemmeno compiuto sedici anni di lavorare espletando l'obbligo formativo (ahinoi invenzione del centrosinistra), ma perché questa scuola morattiana è subalterna all'impresa, e al modello aziendale, nella organizzazione, nei modelli didattici e presto anche nei contenuti. E infatti già parliamo di Portfolio, di piani personalizzati e così via&La precarizzazione è l'anima della riforma Moratti, nella scuola, come nell'Università e nella ricerca. Significa consegnare generazioni e generazioni di lavoratori intellettuali (ciò che dovrebbe rappresentare il patrimonio più grande del paese) ad un futuro senza diritti, all'insegna della flessibilità selvaggia e della ricattabilità del mercato che non sopporta l'ineconomicità e l'eccedenza del lavoro immateriale. Ecco perché serve una mobilitazione ancora più grande e una vera e propria vertenza sul precariato, che si intrecci con le altre lotte aperte su questo terreno contro le attuali politiche del lavoro, a partire dalla legge 30.

Lo sciopero generale della scuola, unitario, è oramai la necessaria risposta a questo attacco scellerato, e un segnale forte di sostegno ai tanti insegnanti che sono impegnanti, scuola per scuola, in una vera e propria resistenza contro la riforma, rifiutando i tutor, i libri di testo e così via. Non possono essere lasciati sull'aventino. Il tema degli organici e del precariato, come facce speculari del medesimo disegno politico, è centrale leva di una mobilitazione più incisiva. La questione del precariato, a fronte di oltre 100 mila posti vacanti nella scuola, e dei tagli della Moratti, non può essere considerato un tema marginale dell'attacco alla scuola pubblica. La precarizzazione delle condizioni e dei diritti di chi lavora nella scuola ormai rappresenta una scelta strategica. Non a caso il Governo ha stabilito un numero di immissioni in ruolo (quindicimila) che è ridicolo rispetto all'effettiva disponibilità di posti mentre il numero dei precari ha raggiunto livelli da record. Tutto per facilitare l'attuazione della Legge Moratti nella parte in cui stabilisce l'assunzioni dei docenti su chiamata nominale da parte delle scuola. E cosi il Governo ha approvato venerdì scorso un Decreto Legge, che si era rifiutato di approvare a settembre, quando lo chiedevano noi e i movimenti, per riequilibrare le graduatorie nel caos di una lunga vertenza amministrativa che ha coinvolto i Tar di mezza Italia.

Il Decreto Legge non risolve i problemi, perché eredita tutte le contraddizioni contenute nel testo del Disegno di Legge arenatosi al Senato dopo sette mesi di discussione (!), ed il contenzioso giuridico continuerà a lievitare alimentando incertezza e confusione funzionali a chi opera per togliere autorevolezza alla scuola pubblica.

Un provvedimento sbagliato e dannoso, che non riconosce i diritti acquisiti del precariato storico, estromette dall'inserimento nelle graduatorie permanenti tutti gli specializzandi Ssis e in modo scandaloso introduce nuove odiose norme discriminatorie fra i sessi, conferendo ben 6 punti a chi ha prestato il servizio militare. Ciò determinerà gravi sconvolgimenti nelle graduatorie e ulteriori scavalcamenti da parte degli uomini sulle prevalenti donne. Un atto decisamente incostituzionale a cui ci opporremo in parlamento con tutte le nostre forze.

Dopo che per due anni i precari si sono ritrovati ingiustamente retrocessi nelle graduatorie e che i sissini (cioè coloro che provengono dai corsi universitari) hanno potuto accumulare un vantaggio di 24 punti di servizio, appare chiaro che essi non vedono riconosciuti i propri diritti e non saranno certo risarciti dai nuovi criteri di determinazione dei punteggi. Il decreto non soltanto non riequilibra il valore delle abilitazioni, ma crea ulteriori squilibri. La battaglia dei precari che hanno indetto lo stato di agitazione permanente deve essere sostenuta pienamente. E deve trovare il canale per intrecciarsi con la medesima lotta nell'Università e nella ricerca, perché oggi nel nostro paese è in gioco l'intero sistema pubblico della formazione, la sua libertà, la sua universalità, il suo ruolo sociale sancito dalla Costituzione, la difesa del lavoro immateriale dalle logiche del profitto. In Francia, alla vittoria delle sinistre ha molto contribuito la straordinaria lotta dei ricercatori universitari colpiti da una riforma molto simile a quella che Moratti vuole introdurre in Italia e che di fatto li trasforma in eterni co. co. co. Forse il ministro non crede ancora che questa onda potrebbe colpire anche il suo governo, mentre dopo avere ridotto i finanziamenti alla ricerca ai minimi storici, proprio in questi giorni si trova in Usa alla ricerca di capitali privati di multinazionali e imprese interessate ad investire sui poli tecnologici d'eccellenza italiani. E' il requiem della ricerca di base, e della libertà di ricerca in generale.

E' in gioco il presente e il futuro di migliaia di ragazzi e ragazze, di donne e di uomini che investono intelligenze, saperi e passione in quel bene comune che è il lavoro intellettuale, e sono oggi schiacciati dalle privatizzazioni e dalla precarietà del liberismo, ricette rincorse ieri anche dai governi di centrosinistra. Questi soggetti, le loro reti, le riviste e i movimenti che si stanno costruendo non chiedono solo di fermare la Moratti e la sua riforma, ma anche scelte opposte, progetti, programmi, idee, insomma un'altra politica possibile. Costruiamo insieme a loro un progetto per l'alternativa.

Titti De Simone


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