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Liberazione: La scuola italiana tornerà al passato

Cgil, Cisl e Cobas: un futuro di tagli, esclusione e ignoranza

23/08/2008
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Liberazione

Monica Di Sisto
La scuola italiana tornerà al passato. Ma non a quello romantico che odora di cartelle nuove, di colori a cera e di mele lucide da regalare alla maestra. A parlare con il segretario della Flc-Cgil, Enrico Panini, e con il segretario generale della Cisl scuola Francesco Scrima, il futuro degli alunni italiani sembra triste e rattoppato come un vecchio cancellino. I conti li hanno fatti i Cobas della scuola, che dicono che dal 2001 al 2007, cioè al Governo Prodi, la scuola pubblica aveva contato sul 46% di fondi in meno per le supplenze, sul 31% in meno l'offerta formativa del 68% in meno per l'amministrazione. La Finanziaria del 2008 aveva programmato ulteriori tagli per 47 milioni fino al 2011, stabilendo, tra l'altro, 11mila posti in organico in meno per questo anno scolastico e per il prossimo, in vigore con il primo settembre. Ma la forbice estiva di Tremonti ha previsto che «in 45 giorni il ministro della Pubblica Istruzione dovrà dire come si tagliano altri 100mila insegnanti e 43mila di personale. Fra il 2009 e il 2011 la scuola pagherà un tributo di 7,8 miliardi di euro solo di tagli di organico», denuncia Panini. Se la ministro Gelmini non riducesse in autonomia, il dicastero subirebbe una riduzione corrispondente dei fondi a bilancio che per il 95% se ne vanno in spesa fissa, principalmente in stipendi. Questo non potrebbe che tradursi in un rischio per le buste paga.
Tremonti, di fatto, ha commissariato la Gelmini perché ha fissato per lei i tagli e poi le ha imposto che verranno verificati da una commissione mista tra Pubblica istruzione ed Economia. Come in un brutto giallo, ironizza Panini, il finale è noto. Un'autentica macelleria sociale - e le parole non sono di chi scrive - non può che utilizzare quattro accette. Il ministro potrebbe mettere mano alla rete scolastica, ad esempio ridefinendo il numero minimo di studenti in base al quale autorizzare una scuola ad una propria sede autonoma. Il 71,8% delle città italiane, 5756 per la precisione, hanno fino a 5mila abitanti, ci ricorda Scrima. La maggior parte di queste piccole città si trova al Centro Nord. Scommettiamo che non tanti sindaci, ma anche non troppi ministri di questo Governo, saranno disposti a fare economie chiudendo l'unica presenza di aggregazione per i giovani, o tutte le scuole delle aree montane?
La seconda opzione è quella di aumentare il numero degli alunni nelle classi. Ma mettere 35 ragazzi in una sola classe, in un Paese come il nostro dove l'80% degli edifici scolastici non ha nemmeno l'abitabilità, vuol dire gestire un Cpt, un parcheggio, avverte ancora Scrima. Questa scorciatoia per risparmiare, però, è molto più probabile della prima. Terza opzione, ancora più probabile della prima: il 1 settembre del 2009 entreranno in vigore gli ordinamenti voluti dalla ex ministro Moratti. Puntuale come l'esattore delle tasse questo Governo vuole portare fino in fondo la riduzione dell'orario scolastico, la soluzione con cui più realisticamente secondo Panini si può arrivare a per cancellare i 150mila posti stabiliti da Tremonti. La scuola elementare, dunque, scenderà dalle 30 ore minime di oggi a 27 ore, di cui 2 ore di religione cattolica, la scuola media ad altrettante 27 ore di cui 2 di altrettanta religione cattolica.
Ultimo risparmio? Il ritorno al maestro unico, invocato da Bossi e altri come "macchina del tempo" per tornare ai mitici anni Cinquanta. Solo gli sciocchini - e nemmeno questa è una parola di chi scrive - può pensare che avere tre insegnanti su due classi serva a far lavorare più persone. In realtà, sottolinea Panini, con la riforma della scuola elementare degli anni Novanta si è superata l'idea della maestra-mamma-tuttologa, che sa poco poco ma di tutto, per specializzare l'insegnamento, considerando che mentre a scuola negli anni Cinquanta arrivavano bambini pressoché "tabula rasa", oggi sanno bisogna confrontarsi con piccoli esperti di computer, informati. Meno classi e meno ore di aula segnano la riscrittura della nostra Costituzione, sottolineano a una voce i sindacalisti, perché la scuola passa da un diritto ad una concessione, che funziona a pieno regime se i soldi ci sono, altrimenti no. Si determina, così, un elemento di selezione sociale che fa il paio con l'operazione brutale sull'obbligo scolastico che fa sì che chiunque metta su un "corsetto" rabberciato di formazione professionale e richiami intorno a se' un gruppetto di ragazzini, possa far valere quell'insegnamento come assolvimento dell'obbligo. Non si torna, così, agli anni Cinquanta, protesta Panini, perché prima della scuola media unica avevi la possibilità di frequentare l'avviamento professionale che era comunque un istituto vero e proprio. Qui, al contrario, si torna agli anni Quaranta, quando i figli dei poveri poveri o che arrivavano dalla campagna in città andavano a bottega per imparare un mestiere.
Le ultime battute ci servono per sfrondare i luoghi comuni: l'Italia è il Paese d'Europa che paga più insegnanti. In realtà a libro paga dell'Istruzione ci sono 93mila insegnanti di sostegno perché abbiamo fatto la nobile scelta di inserire i diversamente abili in classe e di non confinarli negli istituti. In Francia, poi, i bidelli stanno a libro paga della pubblica amministrazione. Capita anche che la regolarizzazione di 180mila precari sancita dal Governo Prodi, che ha consentito l'immissione in ruolo lo scorso anno di 60mila tra docenti e amministrativi, e quest'anno ne ha collocati altri 35mila, rimarrà un miraggio per chi è rimasto fuori. Ci sarebbe anche il modo per pagare di più i docenti più bravi e punire i fanulloni: il contratto in vigore prevede infatti che il Governo apra un tavolo con i sindacati per introdurre meccanismi premianti. I sindacati hanno chiesto di aprirlo a maggio scorso, e ad oggi il Governo fa ancora finta di niente. La scuola dovrà, per tutte queste ragioni, tornare al centro di una grande mobilitazione del Paese. Per Cub, Cobas e SdL è una delle micce che accenderà lo sciopero generale proclamato per il 17 ottobre. Mentre una parte del Paese continuerà a nascondersi dietro a grembiuli e altre banalità


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