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Liberazione-L'istruzione resti pubblica

prossimo a Roma la manifestazione nazionale indetta dai sindacati confederali. Intervista a Enrico Panini, segretario della Cgil Scuola "L'istruzione resti pubblica" Il governo Berlusconi ha...

26/11/2003
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Liberazione

prossimo a Roma la manifestazione nazionale indetta dai sindacati confederali. Intervista a Enrico Panini, segretario della Cgil Scuola
"L'istruzione resti pubblica"
Il governo Berlusconi ha scelto di affossare la scuola pubblica, ma per portare a termine il suo progetto dovrà prima fare i conti con il sindacato. Dopo lo sciopero generale sulle pensioni e la manifestazione di Reggio Calabria sul Mezzogiorno, Cgil, Cisl e Uil intendono infatti dar vita a una forte mobilitazione anche contro le politiche scolastiche del centrodestra. L'appuntamento è per sabato prossimo a Roma, quando docenti e personale Ata di tutta Italia piomberanno nella capitale per far sentire al Cavaliere cosa ne pensano della riforma Moratti e dei tagli previsti nella Finanziaria 2004. "E' la prima volta nella storia di questo paese che Cgil, Cisl e Uil a livello confederale convocano una manifestazione nazionale interamente dedicata al tema della scuola pubblica", osserva Enrico Panini, segretario generale della Cgil Scuola, a sottolineare la gravità del momento. Il corteo partirà alle ore 14 da Piazza Bocca della verità e si concluderà a Piazza Farnese con il comizio del segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani.
"Il valore che noi vediamo oggi messo in discussione dalle scelte politiche di questo governo - spiega Panini - riguarda una politica che disinveste sulla scuola pubblica e che intende perseguire la privatizzazione del nostro sistema di istruzione".

Perché la scuola pubblica va difesa?

Perché è l'unica condizione di cittadinanza di tutti e di ciascuno. Perché in un mondo dove aumentano i colori della pelle e le lingue, le culture le sensibilità, i luoghi della convivenza e del crescere insieme diventano fondamentali. Queste condizioni si realizzano nella scuola pubblica, che è in grado di accogliere tutti ma nello stesso tempo anche di parlare ai progetti di vita di ognuno. La ministra Moratti, invece, quando dice alle famiglie che ognuna si può scegliere la scuola che più gradisce, rinuncia a questa idea di scuola.

Quali sono gli obiettivi della manifestazione?

Anzitutto il no alla devolution, cioè ad una politica che intende regionalizzare la nostra istruzione. Poi, diciamo no alla legge Moratti, che aumenta le discriminazioni sociali tramite la riduzione dell'obbligo scolastico e costringendo ragazzi di 12 anni e mezzo a scegliere tra l'istruzione liceale - cioè la scuola che conta - e un rapido accesso al mercato del lavoro con la formazione professionale. Ulteriore elemento, il no alla legge Finanziaria, con la quale da un lato continua la sottrazione di risorse all'istruzione pubblica mentre dall'altro si regalano altri soldi agli istituti privati. Addirittura per sostenere l'iscrizione alle scuole paritarie sono stati sottratti 100 milioni di euro al fondo sociale per le persone portatrici di handicap.

Che spazi ci sono di trattativa con il governo?

La riforma Moratti è inemendabile, in quanto parte dai punti di crisi del nostro sistema scolastico non per risolverli ma per aumentarne ulteriormente i limiti. Quindi, meno ragazzi e meno ragazze che potranno puntare ai piani alti dello studio, meno diplomati e meno laureati. Non solo in Italia c'è il numero più basso di laureati in Europa ma abbiamo anche un numero basso di ragazzi che arriva al diploma regolarmente, entro i cinque anni previsti. Rispetto agli altri paesi, inoltre, da noi c'è un elevato tasso di abbandono degli studi. La legge Moratti, anzichè invertire questa tendenza, ne amplifica la portata, di fatto portando un numero molto alto di ragazzi e di ragazze a un processo di descolarizzazione.

C'è poi il problema del taglio degli organici...

Anche nella scuola il governo vuole aumentare la fascia del lavoro precario, privo di garanzie. Siamo ad oltre 200mila supplenti annui, abbiamo le graduatorie che grondano di lavoratori in possesso di tutti i requisiti necessari per essere assunti e invece il governo, con due anni di ritardo, si dichiara disponibile a sole 15mila immissioni in ruolo dal prossimo settembre. Una goccia nel mare dei posti vacanti, che sono 100mila. Noi chiediamo che questo vuoto venga colmato.

Roberto Farneti


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