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Le iniquità che si nascondono dietro le ore in più

Monta la protesta via web. E intanto, già oggi c'è differenza tra prof e prof

23/10/2012
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ItaliaOggi


di Giovanni Brusio  


L'aumento dell'orario di cattedra non riscriverà i contratti. Le sei ore in più saranno infatti eccedenti le attuali 18 ore di cattedra e serviranno a coprire le ore eccedenti strutturali e gli spezzoni delle supplenze annuali. La misura (si veda ItaliaOggi di martedì scorso), prevista dal ddl stabilità, dovrebbe portare così ad un taglio circa 20mila supplenze (dice la relazione del governo), è stata pensata per conseguire un risparmio di 721 mln di euro in tre anni. Rispondendo a un'interrogazione parlamentare del 17 ottobre scorso, il ministro per i rapporti con il parlamento, Dino Piero Giarda, ha fatto sapere che il governo è disposto a emendare il ddl purché i risparmi strutturali non vengano toccati. I prof intanto hanno già alzato gli scudi. Una petizione lanciata da un docente siciliano su Internet ha fatto 24 mila firma in soli 4 giorni, mentre assistiamo al sorgere di una primavera della scuola, con flash mob, raduni organizzati in rete e consumati in presenza, davanti al ministero. Internet, si sa, fa miracoli. I prof contestano che a differenza dei docenti delle primarie, per loro si tratterebbe di un vero e proprio aumento dei tempi della prestazione a parità di reddito. Fino ad oggi chi ha accettato di lavorare sulle ore eccedenti strutturali è stato retribuito in partita stipendiale fissa compresa l'indennità integrativa. Praticamente, con l'aumento delle ore imposto dal ddl, lo straordinario si continua a fare, ma gratis. Va chiarito infatti che le sei ore in più riguardano intanto le ore eccedenti strutturali coperte da docenti in organico di diritto che si siano resi disponibili. Su questi posti il risparmio su base annua si attesta intorno ai 120mln di euro. Che i tagli siano il secondo tempo del film iniziato con la finanziaria d'estate del 2008, dunque, è chiaro. Dal 2007/2008 al 2011/2012 il risparmio è arrivato a 27.556.835 euro con il massimo dell'abbattimento registrato tra il 2010 e il 2011, quando infatti si sono fatti più sentire gli effetti dell'art. 64 del dl 112/2008. Il resto dell'aumento orario andrà a coprire gli spezzoni di cattedra delle supplenze annuali che saranno attribuibili ai docenti nominati in organico di diritto. È soprattutto da qui che arriverà il taglio dei precari. Si tratta di 7.365 posti tagliati così nella scuola secondaria di I° e a 13.397 nella scuola secondaria di II°. Il risparmio complessivamente ottenuto alla fine sarà più di 88mln di euro previsti per il prossimo anno scolastico, e di 265.705.154 euro dal 2014/2015. Ma all'orizzonte nessun ripristino del sinallagma contrattuale. Una misura che rischia di essere un colpo di grazia per i docenti, per via del blocco dei contratti e per il minore tasso di adeguamento retributivo all'inflazione nell'ultimo decennio di cui hanno beneficiato i docenti italiani rispetto al resto dei colleghi: dal 2000 al 2010 l'Italia ha adeguato gli stipendi solo del 5,2% contro una media Ocse di + 22,5% (fonte: Ocse Education at a Glance 2012). C'è da dire che la misura prevista dal decreto di stabilità pesca in acque intorbidite da anni di progressivo sfilacciamento del tessuto democratico soprattutto fra i docenti. All'interno di una medesima scuola oggi ci sono prof con le 18 ore o addirittura più di 18 ore, tutte all'interno del proprio istituto, magari anche nella stessa sede, altri con l'orario diviso fra sedi diverse dello stesso istituto o addirittura tra istituti diversi e con sedi distanti tra loro. C'è chi la scuola ce l'ha sotto casa e chi parte ogni giorno prima dell'alba da fuori regione. Di fronte ad un simile grado di iniquità professionale, in tempi di crisi come il nostro, tutto diventa possibile. Salvo poi accorgerci che se non si sta attenti dove si taglia, si rischia di recidere i rami più deboli. E forse c'è da chiedersi se, il fatto che la scuola italiana risulti dalle indagini Ocse Pisa la meno equa al mondo, non dipenda anche dall'iniquità delle condizioni di lavoro dei suoi docenti.