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Lauree professionalizzanti, partenza zoppa per formare i super-tecnici

Al via settecento posti in tutta Italia ma mancano ancora le classi di laurea. In arrivo oltre a quelle di ingegneria e agraria anche una a Veterinaria. Il problema dei tempi e dell’abilitazione

19/09/2018
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Corriere della sera

Gianna Fregonara

Debuteranno il prossimo novembre: sono 700 posti in tutta Italia divisi in 14 corsi perché così prevede la sperimentazione messa in campo dal Miur dopo un percorso ad ostacoli durato anni. Sono le cosiddette «Lauree professionalizzanti», versione italiana delle Fachhochschule che in questi ultimi decenni hanno fatto la fortuna dei giovani tedeschi, sfornando tecnici con elevata specializzazione e un grado di istruzione terziaria, cioè universitario. I corsi cominciano un po’ in tutta Italia da Bolzano a Palermo, da Bologna a Sassari ma sono solo una goccia nel mare: si tratta di percorsi triennali nei quali almeno un anno è formato da laboratorio e tirocinio in istituzioni e aziende, mentre gli altri due anni sono di studio. Le nuove lauree potranno essere di quattro tipi: settore di ingegneria informatica e industriale; ingegneria civile ed edile; settore agrario alimentare e forse anche del settore veterinario, visto che aumentano le figure richieste nelle aziende e negli allevamenti. Nessuno o quasi voleva veramente questi nuovi diplomi e se non fosse stato che tra tre anni per iscriversi agli albi professionali di geometri e periti non basta più la maturità, forse non sarebbero partite neppure ora: nelle università c’è una storica avversione ai corsi pratico-tecnici con un anno di tirocinio al posto delle lezioni in aula, la rete degli Its, gli istituti tecnici superiori (corsi biennali creati sul territorio insieme alle associazioni industriali, poco oltre diecimila studenti lo scorso anno), temono di essere penalizzati dalle nuove lauree, e infine l’interesse del ministero e della politica è pressoché inesistente, nonostante la cronica piaga del basso numero di laureati del nostro Paese.

Italia, il Paese della laurea ereditaria. Le diseguaglianze cominciano all’asilo
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L’immobilità sociale

La trattativa

E così anche se con numeri davvero esigui, alla fine i corsi partiranno: aveva già dato il suo sì definito la ministra Giannini, ma la sua collega Valeria Fedeli aveva bloccato tutto per permettere una trattativa con i rappresentanti degli Its. L’accordo che accontenta tutti rischia però di zavorrare i corsi: «Per poter partire con la sperimentazione senza altri ritardi - spiega Alberto De Toni, rettore dell’Università di Udine e segretario generale della Conferenza dei Rettori - abbiamo usato le classi di laurea già esistenti di ingegneria e agraria, ma bisogna crearne di speciali per questi nuovi corsi». Peccato che il percorso, per quanto il Consiglio universitario nazionale che deve svolgere la parte più tecnica stia lavorando a tappe forzate, potrebbe richiedere fino al 2021. Che cosa succede nel frattempo? «Gli studenti si iscrivono a questi corsi che fanno parte del curriculum degli ingegneri e di agraria e poi, se riusciremo ad avere il decreto ministeriale e i pareri parlamentari nei tempi, i corsi automaticamente si trasformeranno in lauree professionalizzanti», spiega il professor Marco Abate, prorettore a Pisa e presidente della commissione Cun che si occupa della didattica. Le nuove lauree potranno essere di quattro tipi: settore di ingegneria informatica e industriale; ingegneria civile ed edile; settore agrario alimentare e forse anche del settore veterinario, visto che aumentano le figure richieste nelle aziende e negli allevamenti.

 

LA VOCE DEGLI ITS
«MINISTRA, FIRMI IL DECRETO PER LE LAUREE PROFESSIONALIZZANTI»

I corsi

Ecco i corsi che partiranno quest’autunno: 
Bari Politecnico: Costruzioni e gestione territoriale e ambientale;
Bologna: Ingegneria meccatronica;
Bolzano: Ingegneria del legno;
Firenze: Tecnologie e trasformazioni avanzate per il settore legno, arredo, edilizia;
Marche Politecnica: Tecniche della costruzione e gestione del territorio;
Modena e Reggio Emilia: Ingegneria per l’Industria Intelligente;
Napoli Federico II: Ingegneria meccatronica;
Napoli Parthenope: Conduzione del mezzo navale;
Padova: Tecniche e gestione dell’edilizia e del territorio;
Palermo: Ingegneria della sicurezza;
Salento: Ingegneria delle tecnologie industriali;
Sassari: Gestione energetica e sicurezza;
Siena: Agribusiness;
Udine: Tecniche dell’edilizia e del territorio

Il futuro incerto

Resta ancora un’altra incertezza che rende questa partenza molto faticosa: per ora sono stati autorizzati - appunto in via sperimentale - i corsi per quest’anno ma quasi nulla si sa dei prossimi anni. In linea di principio le università che hanno attivato un corso quest’anno potranno raddoppiare il loro sforzo (passando da 50 studenti di un corso ai 100 massimo di due corsi) nel 2019. Gli studenti potrebbero così diventare quasi 1.500 all’anno. Quanto ci vorrà per chiudere la sperimentazione ancora non è chiaro né che cosa ne pensano al Miur. Proprio al ministero oltre al decreto per l’istituzione definitiva dei corsi, spetterebbe l’iniziativa per una legge che renda i corsi medesimi abilitanti, per prevedere che chi ha fatto un corso così specifico possa iscriversi poi all’albo professionale - dei geometri o dei periti - corrispondente. Ma anche questo si vedrà.


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