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La Stampa: Apprendisti-studenti a 15 anni

Scontro durissimo Per il Pd si fa carta straccia della legge Ma Sacconi: «Critiche ideologiche»

21/01/2010
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La Stampa

ROBERTO GIOVANNINI
ROMA
Una vera e propria bomba: con un emendamento al disegno di legge lavoro presentato dal deputato Pdl Giuliano Cazzola - ma fortemente sostenuto dal ministro del Lavoro Maurizio Sacconi - verrà in pratica ridotto di un anno, da 16 a 15 anni, sia il limite per l’obbligo scolastico che l’età minima per poter lavorare. Più precisamente, la norma prevede la possibilità per un ragazzo di 15 anni di assolvere il suo obbligo scolastico (che formalmente resta fissato a 16 anni, come stabilito dalla riforma varata dal governo Prodi) anche lavorando con un contratto di apprendistato, un contratto «misto» che prevederebbe anche attività di formazione. La proposta è stata approvata in Commissione Lavoro della Camera, ed ha sollevato una durissima reazione di opposizione e sindacati. Nelle intenzioni del governo in realtà il senso dell’emendamento è quello di rispondere al problema della dispersione scolastica, cioè l’abbandono da parte di molti studenti di ogni attività scolastica e formativa. Insomma, dice Sacconi, meglio che questi ragazzi vadano a lavorare in azienda piuttosto che passare un anno a casa a non fare niente, a lavorare al nero, o a finire in «attività criminali», dice. Vero è che in tutta Europa si tende piuttosto ad innalzare verso quota 18 anni l’obbligo scolastico, anche per generare cittadini e lavoratori più istruiti e qualificati. Inoltre, lavorare è una cosa; studiare un’altra.
Bisogna ricordare che già durante la discussione della Legge Finanziaria il governo aveva inserito lo stesso emendamento, poi eliminato perché non attinente alla materia di bilancio. E del resto il ministro Sacconi aveva già manifestato in più sedi la sua intenzione di cambiare queste regole. Stavolta a presentare la proposta ci ha pensato il deputato Pdl Giuliano Cazzola. Che interpellato però spiega che di fronte alla levata di scudi generale la maggioranza non è intenzionata a fare le barricate: «siamo persone ragionevoli, vedremo». Al contrario, appare determinatissimo Sacconi, che respinge come «ideologiche» tutte le critiche. «Migliaia di giovani tra i 14 e i 16 anni, superata la scuola media, né studiano né lavorano e talora lavorano in nero. Non si tratta per nulla di anticipare l’età di lavoro, ma di consentire il recupero di un giovanissimo demotivato a seguire gli altri percorsi educativi attraverso una più efficace modalità di apprendimento in un contesto lavorativo». Sulla stessa linea il suo collega dell’Istruzione Maria Stella Gelmini.
Sparano a zero dal Pd. «La maggioranza e il ministro Sacconi hanno deciso di fare carta straccia dell’obbligo scolastico», dicono gli ex ministri Giuseppe Fioroni e Cesare Damiano. Per Fulvio Fammoni, segretario confederale Cgil, «l’abbassamento dell’obbligo scolastico a quindici anni attraverso l’apprendistato è sbagliato dal versante formativo, ed è altrettanto grave che si tenti in questo modo di superare surrettiziamente attraverso questa via anche l’età minima per lavorare, fissata per legge a 16 anni». «Emendamento approvato in modo frettoloso e senza consultare le parti sociali - dice per la Cisl il segretario confederale Giorgio Santini - deve essere corretto». Contrarissimi anche i sindacati della scuola di Cgil-Cisl-Uil e le Acli. Che spiegano che il contenuto formativo dei contratti di apprendistato è nei fatti modestissimo: come peraltro certificano i dati dell’Isfol, attualmente soltanto il 17% dei ragazzi apprendisti svolgono attività di formazione oltre a lavorare. Gli altri lavorano e basta. I contratti di apprendistato (nelle tre tipologie oggi previste nel 2008 ne sono stati attivati 644.000) sono uno dei più tradizionali strumenti di ingresso nel mercato del lavoro, e consentono ai datori di lavoro consistenti vantaggi. Si possono inquadrare i giovani a livelli retributivi più bassi rispetto al lavoro effettivamente svolto, e godere di forti sgravi contributivi.
La tesi del ministro Sacconi - che nega che si tratti di una modifica all’età dell’obbligo scolastico o a quella minima per poter lavorare - è che questa misura consentirebbe di inserire immediatamente buona parte dei 126.000 giovani tra i 14 e i 17 anni che nel 2008 erano già fuori da qualsiasi percorso di istruzione e formazione. Lavorare è di fatto già formare, e in ogni caso sempre meglio di restare con le mani in mano. Ironizzano quelli della Rete degli Studenti: «Tutti a Rosarno a raccogliere le arance!». Ed è probabile che siano molti gli studenti di origine non-comunitaria a uscire anticipatamente dal percorso scolastico: molti di loro a 15 anni di età sono ancora impegnati nelle scuole medie


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