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L'Unità-Una bomba a grappolo

06.2003 Una bomba a grappolo di Pasquale Cascella Detto fatto. In 24 ore è stato approvato dal Senato l'emendamento che sospende i processi per le alte cariche dello Stato. Un'altra manciata di...

05/06/2003
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l'Unità

06.2003
Una bomba a grappolo
di Pasquale Cascella

Detto fatto. In 24 ore è stato approvato dal Senato l'emendamento che sospende i processi per le alte cariche dello Stato. Un'altra manciata di ore serviranno oggi per il voto finale sull'intero testo. A firma (la legge, non l'emendamento) di un esponente di centrosinistra, il verde Boato, che è tra i più garantisti dell'Ulivo. E l'ennesimo paradosso di una commedia senza soluzione di continuità vede Boato fare come Maccanico, che ha disconosciuto la paternità del lodo, consentendo al diessino Angius di ribattezzarlo "dolo Schifani".
Anche il parlamentare verde, che pure crede al confronto sulla giustizia, non vuole avere nulla a che fare con la manomissione ad opera del capogruppo dei senatori forzisti: "È un problema di rango costituzionale che va affrontato con legge costituzionale".
Il centrodestra non l'ha fatto, segnato com'è dal peccato originario del conflitto d'interessi. Ed è su questo che puntano il dito una quindicina di parlamentari dell'Ulivo con la "denuncia politica" del presidente del Consiglio per "attentato alla Costituzione". In piazza, davanti al Senato, e con un esposto, in forma di lettera aperta agli organi dello Stato e alla Procura della Repubblica. L'iniziativa può apparire ingenua, se non impropria nel metodo, sembra fare a pugni con la politica, scavalcare le istituzioni nel merito, persino risultare un "regalo a Berlusconi" (come teme Angius, con una qualche ragione a giudicare dalle manzoniane grida levatesi dalla maggioranza), ma proprio perché così avvertita, di fatto finisce per far da cornice all'anomalia del caso italiano.
Cosa sarebbe normale in qualsiasi paese democratico? Sicuramente non che la maggioranza bruciasse ogni disponibilità a una seria e corretta ricognizione della "garanzia delle istituzioni". Eppure, non sono mancate le "sfide" sul terreno dell'interesse generale, e non particolare (anzi, ad personam), prima da Massimo D'Alema e Piero Fassino, poi da Francesco Rutelli, ancora alla vigilia del voto da Ottaviano Del Turco e, nel corso stesso del dibattito di ieri, da Oscar Luigi Scalfaro. Non c'è stato niente da fare. Nemmeno il capo dello Stato e i presidenti delle Camere sono riusciti a fermare il deragliamento del principio costituzionale dell'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge nella palude dei cavilli procedurali. Che continuano ad esplodere come se gli azzeccagarbugli del premier avessero innescato una sorta di bomba a grappolo. Le schegge hanno cominciato a colpire un trattato sulle rogatorie internazionali, ma non hanno scalfito il rigore dei magistrati svizzeri e milanesi. Si sono rovesciate sul legittimo sospetto, ma nulla hanno potuto di fronte all'interpretazione obbiettiva della Corte di cassazione. Tant'è che la maggioranza tanto sicura che quest'altro "colpo" allo Stato di diritto produca gli effetti desiderati non lo è affatto.
Gli effetti collaterali, invece, sono devastanti. Nel corpo vivo della società, nel rapporto tra la politica e la magistratura, nelle istituzioni: tutti sottoposti alla continua torsione delle regole. Non c'è da stupirsi che la tensione esploda come "iperbole" (per dirla con Willer Bordon) nello stesso centrosinistra. Fatta la provocazione dell'esposto, resta la battaglia politica e istituzionale. Che si misura con il rovescio della stessa "iperbole". Sentite come si giustifica e si copre il capogruppo dei senatori di An, Domenico Nania: "Se si auspica la copertura costituzionale significa che il principio contenuto nella norma lo si condivide fino a volerlo costituzionale. È però ovvio che, per preservare il prestigio dell'Italia nel semestre di presidenza europea, non ci sono ora i tempi per approvare una legge costituzionale. Successivamente, qualora si volesse dare una copertura costituzionale al lodo Maccanico, potremo ragionare e confrontarci". A Francesco Cossiga devono essere fischiate le orecchie, e non solo perché l'ex presidente della Repubblica aveva proposto una soluzione limitata al semestre, ma proprio perché ha dato voce al sospetto che il ricorso alla legge ordinaria più che sancire il divorzio tra Berlusconi e Previti costituisca un favore al coimputato, consentendogli di sollevare nel proprio processo l'eccezione di legittimità costituzionale per violazione del principio di eguaglianza della difesa. L'uno contro l'altro, in apparenza, per poi ritrovarsi l'uno con l'altro nell'ennesima corsa, questa volta a un disegno di legge costituzionale in tempo utile per neutralizzare qualsivoglia pronunciamento dell'Alta corte. È sempre la stessa bomba a grappolo, appunto, che continua a diffondere le sue schegge micidiali. Fino a quando?


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