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L'Unità-la scuola che spacca l'Italia

scuola che spacca l'Italia di Giunio Luzzatto Altri importanti eventi, italiani e internazionali, hanno fatto sì che in questi giorni la stampa dedichi pochissimo spazio alla discussione, nell'a...

12/11/2002
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l'Unità

scuola che spacca l'Italia
di Giunio Luzzatto

Altri importanti eventi, italiani e internazionali, hanno fatto sì che in questi giorni la stampa dedichi pochissimo spazio alla discussione, nell'aula del Senato, della legge-delega Moratti sulla scuola; la settimana scorsa sono stati votati i primi due articoli, ed è previsto che in questa settimana si giunga all'approvazione dell'intero testo, che verrà così trasmesso all'esame della Camera. Non si tratta di un provvedimento settoriale, "tecnico": se giungesse in questa forma sulla Gazzetta Ufficiale determinerebbe nel Paese una involuzione profonda.
Qualcuno ha scritto che la montagna ha partorito il topolino, che la "riforma" non modifica nulla; non è così. Certo, sono rientrati gli ambiziosi progetti della "Commissione Bertagna", a cominciare da quello di far concludere la scuola secondaria a 18 anni, come in tutta l'Europa, per evitare ai nostri giovani una penalizzazione pesante sia nell'accesso agli studi superiori sia nell'ingresso nel mercato del lavoro; ma scelte di cambiamento ci sono, e come. Tra le norme, apparentemente slegate, c'è un filo conduttore, che si connette a scelte già presenti nella Finanziaria: rompere con quella linea di inclusione delle persone e di cooperazione tra le istituzioni che pur con insufficienze caratterizza da lustri la politica educativa italiana, nelle sue articolazioni sul territorio oltre che a livello statuale.
Due soli esempi, per ragioni di spazio.
Primo. A 14 anni (in realtà prima, quando si "preiscrive"), il ragazzo deciderà del proprio destino. Infatti l'istruzione/formazione professionale, obbligatoria solo per un anno, viene seccamente separata, anche nella terminologia, dai licei; se in essa viene svolto un percorso quadriennale si può accedere alla formazione tecnica superiore, non all'università che richiede il liceo quinquennale. Un mini-emendamento della maggioranza in Commissione (il veleno, si sa, talora è nei dettagli) ha chiarito che tra i due canali vi è non una caratterizzazione diversa (più "pratica" o più "teoria"), bensì una rigorosa gerarchia: l'esame di Stato è richiesto solo per l'università, mentre chiunque abbia fatto quattro anni di liceo può entrare nella formazione tecnica superiore. Nel canale di serie B i contenuti della precedente preparazione sono cioè irrilevanti.
Secondo. Da pochi anni, la formazione dei futuri insegnanti vedeva finalmente una integrazione tra cultura disciplinare e preparazione alla professionalità docente. Le apposite strutture universitarie (Corso di laurea per la scuola primaria, Scuola di specializzazione per la secondaria) avevano l'obbligo di collegarsi col sistema scolastico; alcuni insegnanti in servizio ("supervisori") garantivano questo collegamento svolgendo metà del loro orario presso gli atenei, in attività rivolte ai docenti in formazione. Tutto ciò verrebbe affossato, spezzando non solo il legame con la scuola, ma - nella stessa università - ogni connessione trasversale e ogni attenzione a tematiche interdisciplinari: si vogliono lauree specialistiche, rigorosamente settorializzate nelle diverse Facoltà. Un emendamento ora presentato per la votazione in aula precisa addirittura, esplicitamente, che tali lauree devono curare approfondimenti specialistici sui contenuti, non lo studio delle problematiche didattiche relative alle discipline. Un solo elemento è confortante: a differenza di quanto purtroppo accade in molti casi, l'Ulivo e l'intero schieramento di opposizione hanno lavorato in piena concordia, elaborando unitariamente non solo la strategia ma anche la tattica parlamentare. Questa non poteva che essere estremamente ferma, sia per il merito (cioè il demerito) del provvedimento sia perché la maggioranza lo ha blindato, rifiutando ogni dialogo. Ciò rende particolarmente sconcertante il fatto che qualche "esperto" di area progressista propagandi in questi giorni intese bipartisan sulla politica scolastica: sarebbe certo auspicabile che il governo fosse meno fazioso (anche nella gestione amministrativa), ma così non è, e bisogna essere daltonici per vedere analogie tra le scelte politiche avviate (e, ahimè, non concluse) nella precedente legislatura e la devastante azione in atto oggi nella direzione di esasperate separatezze.
La legge sulla scuola media obbligatoria e unica, approvata nel dicembre 1962, ebbe un ruolo fondamentale non solo nel trasformare il nostro sistema educativo ma nel rendere più unita l'intera società italiana, consentendo ai ragazzi di tutte le provenienze sociali di formarsi in un ambiente comune e di vivere insieme la loro adolescenza. Per impedire che il quarantennale venga celebrato con una paurosa deriva verso un sistema caratterizzato dalle divisioni, non basta l'impegno dell'opposizione in Parlamento; occorre una mobilitazione, finora piuttosto scarsa, dell'intera società civile, nelle sue componenti più sensibili ai valori della solidarietà oltre che della cultura.


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