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L'autunno caldo della scuola. I 2presidi manager" non hanno ancora i poteri

La richiesta di attivare la chiamata diretta degli insegnanti è arrivata ad agosto invece che a marzo e ora i Dirigenti Scolastici sono alle prese con problemi insormontabili per le supplenze

18/10/2016
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la Repubblica

Massimiliano Di Pace

Doveva essere l’anno della “Buona scuola” renziana, e finalmente avrebbero dovuto funzionare i cosiddetti “presidi-manager”, ovvero i dirigenti scolastici con più poteri. Ma intanto, mentre si sono viste le avvisaglie di un altro autunno caldo della scuola, ovvero di un altro periodo di contestazioni da parte degli studenti, sembra invece che l’anno scolastico 2016-2017 non sia cominciato sotto buoni auspici, con esodi di decine di migliaia di docenti dalle loro residenze, e altrettante cattedre scoperte.

Colpa dei presidi?

“La richiesta del Ministero dell’Istruzione di attivare la procedura prevista dalla legge di chiamata diretta dei docenti per le cattedre scoperte – dichiara Giorgio Rembado, presidente dell’Associazione nazionale dei presidi (Anp) – è arrivata in pieno agosto. Pertanto i presidi hanno dovuto organizzare i bandi per la chiamata diretta dei docenti, effettuare la loro selezione sulla base di un cv, e possibilmente di un colloquio, nonché procedere agli adempimenti burocratici in pochissimi giorni, e per di più a ridosso dell’inizio dell’anno scolastico. Una procedura di questo tipo, per essere svolta efficacemente, avrebbe dovuto iniziare a marzo”.

Insomma, l’immissione di nuovi docenti e l’istituto della chiamata diretta, pilastri della legge di riforma della scuola 107/2015, non hanno risolto i problemi della scuola, come ammette Maddalena Gissi, Segretaria nazionale della Cisl scuola: “la riforma ha complicato la gestione del personale docente, e non ha risolto il problema delle supplenze, un fenomeno ancora significativo, se si pensa che l’anno scorso sono stati impiegati circa 100mila docenti precari, e quest’anno con probabilità se ne impiegheranno 80mila”.

Per Domenico Pantaleo, Segretario nazionale della Cigl Flc - scuola, i meccanismi della legge 107/2015 non hanno funzionato, né potevano funzionare: “dato che tutti i docenti di ruolo devono essere collocati, molte assegnazioni sono state fatte dagli Uffici scolastici regionali (invece che dai presidi), dovendosi attribuire le cattedre a quei docenti che non erano riusciti a candidarsi ad un bando, oppure che non erano riusciti a vincerlo”.

A complicare la situazione è intervenuta la circostanza che i docenti suscettibili di trasferimento fossero quest’anno, come conferma il Ministero dell’Istruzione, 207mila (di cui 95mila a livello interprovinciale), un valore di fatto doppio rispetto a quello abituale, in quanto ai docenti che ogni anno vogliono cambiare sede, si sono aggiunti quelli nuovi di ruolo, pari a 80mila, i quali erano invece soggetti alla mobilità obbligatoria per l’assegnazione ad un ambito territoriale di insegnamento.

Per gestire l’assegnazione dei docenti ai vari ambiti territoriali è stato utilizzato un software, il cosiddetto algoritmo, che doveva quantificare il punteggio di ogni docente, utile per consentire la scelta dell’ambito territoriale a coloro che ne avessero più diritto. “E’ invece successo – racconta Giuseppe Turi, Segretario nazionale della Uil scuola – che i docenti con meno diritti riuscissero a stare vicino casa, mentre altri, che avrebbero dovuto avere un punteggio più alto, fossero trasferiti a centinaia di chilometri. Che l’algoritmo fosse sbagliato lo conferma il fatto che lo stesso Ministero ha accettato migliaia di conciliazioni a fronte delle contestazioni presentate dai tanti docenti che ritenevano di essere stati danneggiati dall’algoritmo”.

Eppure il tema della mobilità era stato oggetto di un accordo tra sindacati e Ministero dell’Istruzione, firmato ad aprile di quest’anno, come chiarisce Gissi della Cisl: “grazie a questo accordo abbiamo ottenuto che i docenti in servizio prima della legge 107, in caso di trasferimento volontario o meno, non fossero soggetti al meccanismo della chiamata diretta, mentre questo non era possibile evitarlo per la maggior parte degli 80mila docenti immessi in ruolo negli ultimi 2 anni. Senza questo intervento, probabilmente, il caos sarebbe stato maggiore”.

I nuovi docenti di ruolo, infatti, per la prima volta, potevano essere spostati da una parte all’altra dell’Italia, e non più solo nell’ambito della propria provincia (come per i docenti di ruolo esistenti prima della legge 107), circostanza che ha determinato all’inizio dell’anno scolastico un fenomeno notevole di migrazione. “La mobilità c’è sempre stata nel mondo della scuola – spiega Pantaleo della Cgil – ma ora si fanno sentire di più gli effetti dei tagli praticati negli anni passati e dell’incremento degli alunni nel centro-nord, che, unitamente ad una maggiore richiesta del tempo pieno in quelle regioni, ha fatto sì che nelle scuole del settentrione aumentassero gli organici, mentre nelle scuole del meridione, per effetto della riduzione degli alunni, e di una scarsa domanda del tempo pieno, diminuisse il numero di docenti necessari”.

Una circostanza confermata dal Ministero dell’Istruzione, che ricorda come l’80% degli insegnanti  immessi recentemente in ruolo risiedano a Sud di Roma, mentre il 65% delle cattedre disponibili siano a Nord di Roma. “A fronte di questa situazione, il Governo ha trovato come soluzione quella di imporre uno scambio tra stabilizzazione e mobilità nazionale – chiosa Turi della Uil – con il risultato che molti dei docenti immessi ora in ruolo si trovano a fare i pendolari per distanze a volte notevoli, senza rimborso spese, oppure a rinunciare al lavoro per non abbandonare la famiglia”.

In conclusione, contrariamente alle aspettative, i dirigenti scolastici possono far ben poco per rendere la scuola “buona”, come riconosce Rembado della Anp: “è inutile attribuire una responsabilità gestionale del personale docente, prevedendo che i presidi possano scegliere gli insegnanti presenti nel proprio ambito territoriale, quando poi succede che i professori selezionati a seguito del bando vengano inviati dall’Ufficio scolastico regionale all’ultimo momento in un’altra scuola, attraverso il meccanismo dell’assegnazione provvisoria, oppure che, pur non avendo vinto il bando, vengano inviati alla scuola che non li aveva scelti”.