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Giovedì, 12 Settembre 2002 I libri di storia sono faziosi? Lo decidano gli insegnanti di Alessandro di Nuzzo Torna alla ribalta - ormai periodicamente, si potrebbe dire - la polemica sui li...

13/09/2002
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Kataweb

Giovedì, 12 Settembre 2002

I libri di storia sono faziosi?
Lo decidano gli insegnanti
di Alessandro di Nuzzo

Torna alla ribalta - ormai periodicamente, si potrebbe dire - la polemica sui libri di testo "faziosi". Al di là delle prese di posizione, dei commenti espressi da fonti più o meno competenti, dei botta e risposta fra storici e politici, vediamo di capire qual è la sostanza della discussione.
"Faziosi" sarebbero alcuni manuali di storia fra i più in uso nei licei e nelle scuole superiori italiane. Naturalmente la faziosità non riguarda periodi storici lontani e incerti come l'età antica o il Medioevo: non è in discussione il modo in cui vengono trattate la Guerra delle Due Rose, o lo scontro fra Ugonotti e Cattolici in Francia. L'accusa è tutta concentrata su un momento particolare e cruciale della storia contemporanea del nostro Paese, e cioé il periodo che va dal 1943 alla fine della seconda guerra mondiale e all'immediato dopoguerra. In sostanza, dunque, la faziosità riguarda il delicato capitolo Resistenza-Liberazione-Dopoguerra.
I capi d'accusa rivolti ai manuali di storia sembrano essere essenzialmente tre: 1) Nessun accenno ai cosiddetti "delitti del dopoguerra" nel Nord Italia, e cioé alle vendette politiche e/o private che sarebbero state compiute dai "vincitori" all'indomani del conflitto 2) in particolare, nessun accenno alla tragica pagina delle "foibe" 3) una visione unilateralmente eroica e gloriosa della Resistenza.
Quali sarebbero, poi, in concreto questi libri "incriminati" non è molto chiaro: la lista non è sempre univoca. Di certo pare di capire ci siano il Camera-Fabietti (libro un po' datato, per la verità, e non solo per quel che riguarda la storia contemporanea); il Villari; in qualche modo anche il Giardina, per quanto qui l'accusa sia più sfumata, forse anche per la difficoltà di affibbiare un'etichetta di "estremisti di sinistra" ai suoi autori.
Se qualcuno dunque ha voglia di farsi un'idea propria e più precisa sulla questione, può prendere questi tre manuali in una qualsiasi biblioteca scolastica, leggerli e confrontarli.
A noi la questione suggerisce almeno tre piccole considerazioni.
1) L'oggettività di indagine e di giudizio è uno dei grandi problemi della ricerca storica: connaturato, si potrebbe dire, alla storiografia. Ma più in generale alla letteratura e alla cultura umanistica tout court. Forse Dante non è "fazioso", quando parla di storia contemporanea? O non lo è il Manzoni delle Osservazioni sulla morale cattolica? Se dobbiamo fare un'educazione al giudizio critico e alla parzialità delle fonti ( e anche dei documenti, perché no?), dobbiamo farla per tutti i grandi argomenti di storia. Dunque dobbiamo e possiamo farla anche sui manuali , che sono fonti indirette anch'essi, e non sono certamente, si spera per nessuno, testi inviolabili. In altre parole, è l'insegnante, come sempre, che ha il diritto-dovere di filtrare i testi didattici, e di proporne, sempre e comunque, un uso critico e integrato.
2) La paura che gli studenti, con le loro giovani menti così deboli e facilmente plasmabili, possano essere inesorabilmente "plagiati" da certi libri di testo o da certi professori, è un mito duro a morire che non si sa se sia più stupido o interessato. Chiunque abbia frequentato le aule di scuola negli ultimi anni sa bene che il vero problema è quello di promuovere nei ragazzi un minimo di coscienza e di memoria storica. Il dato di partenza, lo sappiamo, è un'indifferenza generalizzata, di cui i ragazzi non sono tanto colpevoli quanto vittime. Dunque, come insegnante, sarei ben più contento di una accesa discussione in classe sui temi della Resistenza fra studenti "di destra" e di "sinistra", che di un deserto di stimoli e di emozioni.
3) Un'ultima cosa, questa sul merito della questione e delle accuse di cui si diceva sopra. L'omissione di alcune pagine importanti e tragiche della storia contemporanea ci può essere stata, e la si può verificare e giudicare. La visione "eroica" della Resistenza potrà anche essere stata unilaterale, e aver tralasciato quei caratteri di guerra civile di cui gli storici più aggiornati (anche di sinistra) ci parlano da alcuni anni. Però il sospetto, ed è un sospetto forte, è che in discussione siano non tanto dei singoli punti, quanto una visione generale, più che storica, etica: l'impostazione antifascista, con tutti i valori, anche educativi, che questa si porta con sé. Allora qui la questione si fa molto chiara, e la domanda da fare ai revisori è: vogliamo mettere in dubbio, o cancellare, l'impostazione antifascista? L'antifascismo a scuola è un valore, sì o no? Lo dobbiamo insegnare, o no?
Perché in tal caso, più che censurare Villari dovremo censurare i Costituenti. E dopo aver emendato un povero manuale di storia, saremo costretti ad emendare il più importante testo di storia dell'Italia contemporanea: la Costituzione repubblicana.


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