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ItaliaOggi-Percorsi di studi professionalizzanti -Serve un legame più stretto fra la scuola e il mondo del lavoro

da Italia Oggi del 13.8.2004 pag. 28 (Pagina a cura dell'Ufficio stampa del Consiglio nazionale dei periti industriali e dei periti industriali laureati) Richiesta di Mariano Magnabosco, president...

14/08/2004
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ItaliaOggi

da Italia Oggi del 13.8.2004 pag. 28 (Pagina a cura dell'Ufficio stampa del Consiglio nazionale dei periti industriali e dei periti industriali laureati)

Richiesta di Mariano Magnabosco, presidente Cnpi, al Miur per migliorare l'accesso alla professione

Percorsi di studi professionalizzanti
Serve un legame più stretto fra la scuola e il mondo del lavoro

Formazione di base improntata su una forte cultura di base. Ma anche esercitazioni frequenti in laboratorio per insegnare agli studenti non solo "il saper fare", ma anche il "saper far fare", cioè l'arte di guidare il lavoro degli altri, capacità indispensabile per chi assurge a ruoli di un certo livello nelle aziende a che per chi, in regime di libera professione, deve coordinare il lavoro di altre persone. Sono queste le richieste rivolte da Mariano Magnabosco, presidente del Consiglio nazionele dei periti industriali e dei periti industriali laureati, al ministero della pubblica istruzione per migliorare i neonati licei tecnologici. A tale riguardo i sottosegretari Valentina Aprea e Maria Grazia Siliquini hanno avviato un nuovo metodo di lavoro per dare migliore attuazione alla riforma della scuola prevista dalla legge n. 53/2003, in particolare per quanto riguarda il secondo ciclo. Sono infatti iniziate consultazioni con le parti datoriali e con gli ordini professionali. L'obiettivo è arrivare ad individuare gli interventi per correggere e integrare la legge di riforma e rendere l'istruzione, e in particolare quella tecnica e la formazione professionale, adeguata alle esigenze del mondo del lavoro e della produzione. E il Cnpi ha risposto all'appello arrivato dal ministero della pubblica istruzione.
Il presidente Magnabosco ha dunque ribadito le posizioni, già illustrate in occasione dell'ultimo congresso di categoria nello scorso autunno in Sardegna. "Parliamo spesso dell'interesse dei giovani", ha detto il numero uno della categoria nel corso di uno dei due incontri con i due sottosegretari incaricati dal ministro Letizia Moratti di affrontare la questione, "io credo che l'interesse dei giovani non consista nel frequentare dei diplomifici o dei laureifici, dove sostanzialmente, a fronte di un tot numero di anni di frequenza, si arriva al conseguimento di un diploma o di una laurea che poi concretamente non serve a nulla".
La linea è dunque chiara: no ai pezzi di carta inutili. La scuola deve avere legami stretti con il mondo del lavoro. E deve dare sbocchi professionali agli studenti. "Ma noi osserviamo purtroppo la mancata aderenza tra la formazione e le esigenze del mondo della produzione e ovviamente anche quello delle professioni", ha aggiunto Magnabosco, "noi constatiamo questa situazione anno dopo anno. Coloro che sostengono gli esami di stato per l'abilitazione alla professione sono sempre meno preparati e, pur frequentando i due anni di praticantato, non ricevono nel corso degli studi quelle nozioni e quelle conoscenze, pratiche e teoriche, necessarie per esercitare la professione, ma neanche per entrare in un'azienda.
La preparazione scolastica è palesemente insufficiente. Vanno sicuramente individuati e concertati i contenuti dei programmi della formazione e ciò, sprattutto, per evitare di avere dei giovani che, al termine del loro ciclo formativo, pensino di essere istruiti, e forse lo sono in senso generale, ma non sono adatti a trovare un impiego adeguato. Ed è sbagliato quindi pensare che tutti possano fare tutto. C'è chi fa il generale, chi il sergente e chi il soldato semplice. La scuola deve tenere conto di ciò. E tutti i ruoli, se ricoperti con serietà e responsabilità, hanno uguale dignità. Ma se tutti i ragazzi vengono mandati all'università con la speranza di farli diventare tutti dirigenti, allora qualcosa non funziona. Le mamme del resto guardano spesso Beautiful o altre soap opera, dove non ho mai visto nessuno che va a lavorare: tutti fanno la bella vita e i giovani crescono con questo modello diseducativo. C'è sicuramente un problema culturale da superare. Ma anche il sistema scolastico va corretto.
Ecco, noi vediamo dei licei tecnologici con una forte cultura di base, ma con una formazione scientifica, tecnica e tecnologica altrettanto forte, in modo tale che su essa si possa costruire qualcosa di solido. Ci deve essere sì la cultura di base, le materie letterarie, l'inglese, la matematica, l'informatica. Ma ci devono essere anche laboratori moderni ed efficienti per insegnare a fare, perché se non si sa fare non si fa nulla. Ma io aggiungerei qualcosa in più: insegnerei ai giovani a saper far fare. Solo così riusciremo a fare il loro interesse. E a metterli in condizione, una volta terminati gli studi, di poter entrare nel mondo di lavoro con le giuste competenze. Dobbiamo inoltre ricordare che, oltre allo sbocco universitario, ci sarà in futuro la possibilità e la necessità di creare corsi post diploma. Ciò in funzione dell'orientamento europeo che, nella proposta di direttiva relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, prevede per il livello 4 una formazione a livello superiore o universitario di almeno tre anni e inferiore a quattro anni, da effettuare in un ciclo di studi post secondari, presso l'università o un istituto di formazione di livello equivalente. E quindi diventa ancora più attuale dare qualità alla formazione nei licei tecnologici che dovranno preparare anche quei giovani che sceglieranno un percorso più pratico, diverso da quello universitario.
Riteniamo che i licei tecnologici siano una parte importante anche del futuro dei giovani tecnici e, quindi, del futuro dello sviluppo tecnico e tecnologico del nostro paese. Sicuri che nella formazione superiore si giochi molto del recupero del gap che attualmente esiste fra l'Italia e altri paesi più tecnologicamente avanzati, i periti industriali danno da subito la loro massima disponibilità, mettendo a disposizione la loro storia, la loro esperienza, la loro conoscenza e competenza, e quelle che già oggi sono le caratteristiche più importanti di questa professione: il sapere, il saper fare e il saper far fare."


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