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Io, candidato al concorsone dei prof tra precari e quiz da settimana enigmistica

Sui banchi con neolaureati e disoccupati che aspirano a un posto a scuola.

18/12/2012
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la Repubblica

Modena

“TROVA l’intruso” (tra sacrosanto espressivo teledipendente e agrodolce), “Bersaglio di parole” (quale sostantivo porta da denaro a attenzione?), ma guarda, c’è finita anche una partita di Mastermind, con quella storia del numero giusto e ben piazzato e del giusto e mal piazzato che mi faceva sempre uscire dai gangheri.
Ma qui non si tratta di far venire l’ora del bagno, qui la posta è la vita, il mestiere della vita, il mestiere di insegnante che quelli, o meglio quelle (maschi, siamo solo tre) sedute sui banchi intorno a me forse stanno già facendo da anni, e magari bene, ma che adesso è appeso al filo di un puzzle logico. Se la vasca sta fra il lavabo e il bidè, e il bidè fra la doccia e la vasca, a cosa sta più vicina la doccia? La vasca separata dalla doccia, dev’essere un bagno bello grande... E l’insieme “proprietari di auto” può incrociare l’insieme “veneziani” o è una domanda trabocchetto? “Tutte le babysitter sono giovani, e tutti i giovani amano ballare, allora...”: alt, ma chi l’ha detto che tutte le babysitter sono giovani? La mia aveva sessant’anni. Si può svolgere una prova di logica partendo da una premessa illogica? Anzi, si possono contestare le domande? Sarebbe indice di capacità critica, una grande dote per un insegnante. Ma il tempo passa, sul
monitor la barra grigia dei 50 minuti per 50 domande scende inesorabile verso la zona rossa, bisogna risolver tacendo. Che la prima dote richiesta al prof sia accettare per buono quel che passa il Ministero?
Mi sono presentato alle 17 al liceo Tassoni di Modena, ligio all’appuntamento elettronico. Sono uno dei 320 mila che offrono il petto alla decimazione. Solo uno su trenta alla fine ce la farà, è forse la più grande strage di menti della storia della scuola italiana. Dovrei essere tranquillo: non ne va del mio futuro, sono qui da ficcanaso, e invece ho l’ansia da prestazione. Imbarazzato, anche,
con i miei 55 anni suonati, nel corridoio dove aspettiamo l’inizio della prova. Quella ragazza, direi fresca di laurea, col pollice incollato allo smartphone, mi lancia occhiate ostili, vedo cosa pensa: che cavolo ci fa qui questo quasipensionabile che cerca di soffiarmi il posto? Poi però mi guardo attorno e mi rincuoro: sono forse il più anziano, ma non di molto, nell’attesa si chiacchiera di figli
grandi, una signora ce li ha addirittura all’università. Saranno tutte lungo-precarie della scuola? Sorpresa, no. «Sono maestra d’asilo e vorrei prendere qualcosa di più», «sono precaria sì ma all’ospedale, fra tre mesi il contratto scade», «la mia azienda di informatica va malino, cerco un ripiego, nel caso». C’è anche l’impiegata di Mirandola che ha perso il posto col terremoto. Sono storie
d’Italia precaria, non di scuola precaria; storie un po’ di qua un po’ di là dal burrone della crisi, ma tutte in cerca di un paracadute. E qui, o la va o la spacca. Niente graduatorie, niente nuovi precariati. O in cattedra o niente. E questo non è un difetto, anzi. «Non mi sono preparata tanto, ma se mi va bene...». Non è un concorso. È un gratta e vinci per laureati.
Documento. Codice fiscale.
Non serve altro. Tutto è online, dev’essere la prima volta nella buro-storia della scuola italiana. «No la borsa non la lascio fuori!», «Signora è obbligatorio...». Posti liberi nella candida aula informatica del liceo scientifico: una decina marcano visita. Sembra un compito in classe, addio scene da passaggio del Mar Rosso di certi concorsoni nei palasport. Monitor, mouse, niente tastiera, un foglio timbrato e una penna. «La penna per favore non portatevela a casa, la scuola non è ricca...». Bidelli e insegnanti ora sono tutor, molto professionali. «Cliccate, si inizia».
E dunque eccoci al dunque, parte il conto alla rovescia, ora la cosa più importante del mondo è sapere dopo quanti giri il ciclista B raggiungerà il ciclista A. Santo Bartezzaghi patrono dei rompicapi aiutami tu. Visto che Nicoletta deve trovar casa prima di andare a Milano, se è a Milano vuol dire che ha trovato casa? EPOFALA-BELEFE è un’alternanza corretta di consonanti e vocali? Io teoricamente corro per professore di italiano storia e geografia alle medie, davvero è così importante per me quando quella maledetta lumaca uscirà dal pozzo, se la mattina avanza cinque metri e la sera scivola quattro metri? Logica, pura logica: tutti i professori devono saper ragionare, questo dev’essere stato il pensiero dei signori del Miur. Non c’è una sola domanda di storia o di letteratura, solo quiz da test attitudinale generico, ma allora è sufficiente avere un certo QI per insegnare? Non confondere un solo carattere nell’indirizzo di «Resmini Nicola, v. Manzoni 3 Bergamo» è un requisito professionale del postino, o del prof di lettere? Non dovrebbero piuttosto verificare se so spiegare l’Infinito e la transizione dai comuni alle signorie? Piano, su quello ti interrogheremo al prossimo esame, li sento rispondere, gli invisibili selezionatori, questa è solo la scrematura. Ma se finissero scremati anche eccellenti prof di storia un po’ arrugginiti sulle equazioni
con le incognite? Sarebbe un bene per la scuola?
Meno tre, due, uno. La porta verso il futuro si chiude. Ci sei passato? Questa volta almeno lo sai subito. Il tecnico gira fra i banchi, la sua chiavetta Usb succhia la tua prova e risputa l’esito. Su otto monitor appare una scritta in rosso. Una bionda si prende la testa fra le mani. Una ride, «ci ho provato ». La mia scritta è verde. Risposte esatte 46, errate 3, tralasciata una, punti 44,5. Non so se sarei un buon prof per i miei figli. Ma se uno mi chiederà se esiste il sottoinsieme dei nuotatori buongustai sloveni, saprò rispondere.


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