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Il Nuovo-A scuola solo se serve per lavorare

A scuola solo se serve per lavorare" La ricerca dell'Eurispes sul fenomeno della dispersione scolastica: i più "svogliati" sono i ragazzi, mentre per le studentesse è una scelta di passione. ...

15/09/2002
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Il Nuovo

A scuola solo se serve per lavorare"

La ricerca dell'Eurispes sul fenomeno della dispersione scolastica: i più "svogliati" sono i ragazzi, mentre per le studentesse è una scelta di passione.
di Melissa Bertolotti
MILANO '#8211; Scuola mia, fammi lavorare. Un sentimento, quello provato da molti studenti italiani, che viene confermato da una ricerca dell'Eurispes sulla dispersione scolastica. Più che per maturare e istruirsi al massimo la scuola per i ragazzi italiani deve servire per il futuro.

Secondo l'istituto di rilevazione, che ha distribuito un questionario a 800 alunni di scuole medie e del biennio superiore, è salito dal 21,8 al 38,5 la percentuale degli alunni che, nel passaggio tra la prima media e la seconda superiore, considera la scuola un investimento per il futuro. A diminuire è, per contro, il numero di chi sostiene che la scuola sia un luogo dove maturare e istruirsi. Quest'ultima percentuale, infatti, passa, dal 67,9 della prima media al 38,5 della seconda superiore.

Un campanello dall'allarme, quello lanciato dalla ricerca svolta in collaborazione con il Master Europeo in Gestione di Impresa Cinematografica e Audiovisiva, che dimostra come I giovani siano alla ricerca di una scuola che punti sempre di più sull'aspetto pratico. Che, tradotto, significa la ricerca di un'istruzione che sia anche trampolino di lancio per il mondo del lavoro.

Una visione economico-razionale dell'istituzione scolastica, come la definisce l'Eurispes, che spiega come i giovani chiedano sempre di più un trait d'union tra la scuola, il mondo del lavoro e le richieste del mercato. Ed è proprio questa la direzione verso cui si muove quel 29% di studenti che vorrebbe effettuare esperienze lavorative già durante gli studi.

Scuola, una passione al femminile. A vedere la scuola come una sorta di investimento sono i ragazzi. Il 60,3% delle studentesse, infatti, assegna all'istruzione un valore sociale e civile, mentre a pensarla così è 'solo' il 40,5% degli studenti maschi. Il 37,3% di ragazzi, invece, apprezza soprattutto i vantaggi futuri del percorso scolastico. Sul significato dell'esperienza scolastica, poi, i ragazzi esprimono opinioni contraddittorie. Il 33,8% degli alunni, infatti, considera 'liberi' i compagni che hanno abbandonato gli studi.

Alle superiori con più consapevolezza. La fase più critica, comunque, è quella relativa al passaggio dalla scuola media alla prima superiore. Secondo l'80,5% degli studenti di prima media, infatti, chi non studia fa del male a se stesso, mentre in prima superiore la percentuale scende al 68,4%. Nel passaggio dalla prima alla seconda superiore, invece, aumenta la percentuale di chi giudica autodistruttivo il comportamento di chi rinuncia agli studi (+7 punti) o abbandona la scuola (+7,3). Di pari passo, queste scelte sono considerate sempre meno espressioni della libertà individuale: scende, infatti, dal 20,3% al 15,6% il numero di chi reputa 'libero' chi non studia e crolla dal 16,9% al 6,2% la percentuale di chi considera l'abbandono scolastico come una forma di emancipazione. Potendo scegliere, il 13,1% degli studenti preferirebbe smettere di studiare e cominciare a lavorare. Abbastanza definiti anche i progetti degli studenti, mentre il 10,4% del campione vagheggia la più totale inattività.

Tra lavoro e passioni. Il 38,9% dei ragazzi sceglie l'indirizzo delle superiori seguendo le proprie inclinazioni e passioni, il 25,9% pianifica gli studi secondari in base alle prospettive occupazionali e il 16,4% pensando ai futuri studi universitari. Solo uno 0,7% dichiara di aver subìto imposizioni esterne. I più condizionati dai familiari sono gli studenti, 'colpiti' nel 24,5% dei casi. Le ragazze, invece, dimostrano una maggiore autonomia nella scelta della scuola superiore: il 63,7% dichiara di non subire alcuna influenza (contro al 57,9% dei ragazzi), mentre il 17,1% indica un condizionamento familiare; il consiglio degli amici, per loro, ha meno importanza che per i ragazzi, anche se non di molto (il 10,7% di contro l'11,6% del campione maschile).

Più agio, meno condizioni. Gli studenti provenienti da famiglie di status medio e alto sembrano più propensi a seguire le loro reali inclinazioni e passioni personali (rispettivamente nel 44,6% e nel 38,3% dei casi, contro al 32,4% degli studenti di bassa estrazione economica). I figli di famiglie di status basso, invece, privilegiano considerazioni di tipo occupazionale (nel 34,7% dei casi, contro al 21% dei ragazzi di elevata estrazione sociale e al 21,5% di quelli provenienti dalla classe media).


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