FLC CGIL
Contratto Istruzione e ricerca, filo diretto

https://www.flcgil.it/@3906785
Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Il ministro sfida i baroni: «Via a 70 anni»

Il ministro sfida i baroni: «Via a 70 anni»

Carrozza: «Se fossero onesti dovrebbero pensionarsi da soli»

09/11/2013
Decrease text size Increase text size
Il Messaggero

TAGLI
ROMA Altro che rottamazione. Con quella ci hanno provato già altri ministri. Ma Maria Chiara Carrozza, ministro dell’Istruzione, università e ricerca, non si limita a dire che i professori d’università devono andare in pensione a 70 anni. Fa di più: se fossero onesti – dice – si farebbero da parte. Testualmente: «A 70 anni i professori universitari, se fossero generosi e onesti, dovrebbero andare in pensione». E ancora: «Offendono la propria università ma soprattutto i giovani. In un momento di sacrifici per tutti li facciano anche loro che hanno avuto tanto da questo mondo». E non finisce qui: «Non si può tenere il posto e pretendere di rimanere solo perché è un diritto» incalza il ministro, che ha parlato così ai microfoni di Radio24. In pensione per non fare più nulla? No, potrebbero «offrirsi di fare gratuitamente seminari, seguire laureandi, od offrire le proprie biblioteche all’università».
Ma quanti sono gli over 70? Non sono tanti: uno su mille. Su 29mila docenti in Italia solo 26 hanno superato i settant’anni. I settantenni sono 53. Ma “preme” in calendario una pattuglia di 1.558 professori che hanno 68 o 69 anni di età.
BLOCCO DEL TURNOVER

Il blocco del turnover non è nato però per premiare gli anziani, ma per risparmiare. «Ciò significa la morte dell’università e della ricerca. Risparmiare sul turnover vuol dire chiudere le porte a ciò che è fondamentale per le università: il ricambio generazionale» sostiene Maria Chiara Carrozza. Con la riforma Gelmini, l’età massima per i docenti ordinari è stata fissata a 70 anni, quella degli associati a 68. Ma questo limite è stato ritenuto illegittimo dalla Corte Costituzionale: i docenti possono chiedere di restare in servizio per un altro biennio. Ed è diritto degli atenei, nella loro autonomia, accogliere la richiesta.
TALENTI ALL’ESTERO

Il ministro pensa a dare un’opportunità anche a quei talenti che sono andati all’estero non trovando spazio in Italia.. Solo il 7% degli assegnisti di ricerca resta in ateneo, secondo un’indagine dell’Adi, l’Associazione dottorandi e dottori di ricerca. La ricetta operativa che il ministero sta mettendo a punto prevede un turnover al 50% già il prossimo anno, l’utilizzo delle risorse assegnate alla ricerca da stanziare tutte su un programma per giovani ricercatori; infine, si pensa a premiare gli atenei che valorizzano i giovani mettendoli a capo dei progetti di ricerca, a favorire le “carriere diagonali” piuttosto che i percorsi soltanto interni. L’ambizione è quella di garantire il consolidamento dei ricercatori che rientrano dall’estero all’interno del sistema universitario italiano. Ma anche se i commenti del mondo accademico sono soprattutto favorevoli al “ringiovanimento” dei quadri, le resistenze alla svolta si faranno sentire. Per restare in tema anagrafico, non sarà un gioco da ragazzi.
Alessia Camplone


La nostra rivista online

Servizi e comunicazioni

Seguici su facebook
Rivista mensile Edizioni Conoscenza
Rivista Articolo 33

I più letti

Filo diretto sul contratto
Filo diretto rinnovo contratto di lavoro
Ora e sempre esperienza!
Servizi assicurativi per iscritti e RSU
Servizi assicurativi iscritti FLC CGIL