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Il Manifesto-Un attacco alla libertà

Un attacco alla libertà "Un'operazione preparata da tempo", denuncia Sergio Cofferati, "un attacco alla Cgil, perché mirato contro il conflitto sociale, la dialettica democratica". E il governo or...

29/06/2002
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il manifesto

Un attacco alla libertà
"Un'operazione preparata da tempo", denuncia Sergio Cofferati, "un attacco alla Cgil, perché mirato contro il conflitto sociale, la dialettica democratica". E il governo ora "deve rispondere in parlamento sulla scorta negata a Marco Biagi": lo pretendano le forze politiche. La Cgil presenterà alla Procura un Esposto-denuncia
CARLA CASALINI
Tutto era preparato fin dall'inizio, dagli esordi del governo Berlusconi: lo testimoniano le lettere di Marco Biagi, dell'estate del 2001. "E' da tempo che si cerca di costruire uno schema - scandisce Sergio Cofferati nella conferenza riunita nella sede della Cgil nazionale ieri alle 15 -, uno schema nel quale a questa organizzazione vengono attribuite responsabilità che tramutano il conflitto sociale in altro: l'intento, evidente, è quello di impedire il conflitto sociale, la dialettica, la diversità di opinioni in campo". Cofferati insiste su questo punto, cruciale per il passato, e per il futuro. Insiste sulle lettere in cui emerge "una cosa fin qui ignota, ma carica di pericoli", ossia che "qualcuno si è preoccupato di spaventare il professor Biagi attribuendo al segretario della Cgil intenzioni ostili nei suoi confronti", qualcuno, che il professore riteneva "fonte autorevole", si è "preoccupato per tempo di creargli grandi timori", di dargli questo suggerimento sull'uomo nero, "assai prima che la parte più consistente del lavoro di Marco Biagi, quella che poi è diventata delega del governo sul mercato del lavoro, prendesse corpo".

"Inquietante", sottolinea Cofferati, il "larghissimo anticipo" di questi suggerimenti rispetto "ai temi poi oggetto del conflitto sociale". Il nesso temporale degli eventi è "inquietante". Nella discrasia, come in questo caso. E viceversa nella coincidenza: vi insiste Guglielmo Epifani, accostando l'uscita di queste lettere agli scioperi a grande e "pacata" partecipazione in corso in tutte le regioni d'Italia. Vi ritorna Cofferati: "inquietante anche l'accostamento temporale tra le affermazioni gravi di un ministro", Maroni, "ripetute da altri ministri in parlamento, e la pubblicizzazione di lettere fino a quel momento rimaste nelle mani di ignoti possessori". Sulle quali va rilevata la "difformità tra quanto è noto alla magistratura e quanto è noto ai giornali ", e "l'evidente uso strumentale e politico" di averle rese note "in questa forma, anche per dare consistenza al tentativo di additare la Cgil, e il suo segretario generale, come responsabile di forme di violenza".

Alta tensione nella sala della Cgil, e fuori, come testimoniano le lettere a fiumi nelle varie sedi del sindacato: le preoccupazioni di una possibile "svolta autoritaria", espresse pubblicamente da Olga D'Antona, non sono solo sue. Le raccoglie Sergio Cofferati: "gli atti che ci troviamo a commentare gettano una luce davvero sinistra sulle condizioni nelle quali questo paese vive la dialettica democratica. E di nuovo torna la parola chiave risuonata in Cgil, a riassumere la temperie pericolosa: "Inquietante, non solo per questa organizzazione", è la sequenza reiterata di affermazioni, la filosofia degli esponenti di questo governo, "l'idea che è inaccettabile, insopportabile che si dissenta, si abbiano opinioni diverse".

Il convergere nell'attacco al conflitto sociale, democratico, al confronto anche aspro, trapela nelle dichiarazioni della destra nel pomeriggio: si ricorda che Cofferati definì "limaccioso", il Libro bianco - di cui sottolineò in una accurata disamina, i pericoli per i diritti fondamentali; e che additò il Libro bianco come segno del "collateralismo del governo con la Confindustria" - quando il segretario della Cgil notò, come notammo in tanti, la somiglianza tra passaggi di quel testo e quelli del proclama di D'Amato alle Assise di Parma. Ma le vocazioni autoritarie, l'insopprimibile tentazione del nesso `parole-pallottole', il voler tacitare il dissenso, celano anche altri lati oscuri. Cofferati ieri ha citato i "vergognosi commenti di alcuni esponenti del governo e della maggioranza" di ieri mattina sulle lettere pubblicate: la loro unica reazione è stata "parlare della Cgil"; nulla sulla "questione della scorta", scorta invocata da Biagi, di cui anche in queste lettere si esprimono le ansie di un uomo "lasciato solo", cui dopo la scorta "sono state tolte via via tutte le altre protezioni, l'ultima il 3 ottobre, giorno della presentazione del Libro bianco".

Di questo "fatto gravissimo, una vicenda che non può essere omessa", o peggio "occulatata", il governo e i ministri competenti "dovranno rispondere in parlamento". E "le forze politiche" devono pretenderlo.

La Cgil, per parte sua, tante volte nel mirino del terrorismo, offesa "in cose, persone, simboli", come del resto "tutto il sindacato", alla "inaudita campagna di calunnie" reagirà non solo "con commenti", ma con una decisa "azione di contrasto": così aveva esordito Cofferati, teso ma fermissimo, illustrando le ragioni di un "esposto denuncia che presenteremo alla Procura competente in cui chiederemo l'accertamento delle responsabilità a qualsisasi livello, anche delle istituzioni" - esposto coordinato dal professor Guido Calvi e da un pool di giuristi. "Chiederemo- insiste Cofferati - che venga fatta verità prima di tutto sull'omicidio Biagi e sulle scorte", il tema "derubricato, quando non volutamente occultato in questi ultimi giorni, ore". I magistrati dovranno rispondere ad alcune domande precise: "Perché circolano oggi, quelle lettere? sono realmente attribuibili a Biagi? da dove provengono, se non tutte sono in mano alla Procura di Bologna, e quelle non contengono riferimenti alla mia persona? perché non sono state consegnate prima alla magistratura?".


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