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Il giurista: c’è una zona grigia Chi applica il protocollo non dovrebbe correre rischi

Il professor Vittorio Manes, ordinario di Diritto penale all’Università di Bologna e avvocato penalista, spiega come possono comportarsi i presidi per evitare rischi.

18/08/2020
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Corriere della sera

di Claudia Voltattorni

A meno di un mese dalla riapertura delle scuole, i dirigenti scolastici si interrogano sulla loro responsabilità penale in caso di contagi all’interno degli edifici scolastici, sia tra gli studenti, sia tra professori e personale Ata. Il professore Vittorio Manes, ordinario di Diritto penale all’Università di Bologna e avvocato penalista, spiega come possono comportarsi i presidi per evitare rischi.

Professore Manes, i dirigenti scolastici sono molto preoccupati per il rientro in classe di studenti e professori, tra le altre cose anche per la responsabilità che pesa sulle loro spalle in caso ci siano casi di Covid-19. Hanno ragione?

«Sicuramente non si trovano in una situazione semplice, anche e soprattutto per l’incertezza scientifica che ancora caratterizza l’emergenza pandemica, oltre che per prevedibili difficoltà organizzative e logistiche. Potrebbero fronteggiare il rimprovero di non aver adempiuto o fatto adempiere alla prescrizioni organizzative e precauzionali previste dalla legge, che nel caso specifico significa far rispettare tutte le norme previste per proteggersi dal Covid-19. Ma vale il principio secondo il quale, se un dirigente scolastico rispetta i protocolli normativi disposti dal governo e li applica con giudizio, non dovrebbe essere soggetto ad alcun rimprovero penale, avendo agito in adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica. Quindi, se il protocollo prevede l’uso di mascherine, il distanziamento, l’utilizzo di gel disinfettanti e altre regole di questo genere e il preside ha fatto sì che tutto venisse rispettato e fatto rispettare anche dalle persone da lui scelte, dovrebbe essere al riparo da eventuali responsabilità».

Cosa succede se, nonostante il rispetto di tutte le indicazioni previste dal Comitato scientifico, si verifica un contagio a scuola? Il preside è comunque responsabile?

«Sul fronte delle responsabilità non può esserci alcun automatismo. Come dicevo, se alle prescrizioni è stata data corretta esecuzione, e non vi siano stati ragioni specifiche e peculiari che imponessero cautele aggiuntive rispetto a quelle previste dalla legge, la responsabilità è da escludersi. Ed anche ove fosse possibile ravvisare eventuali profili di colpa, magari in uno dei molteplici aspetti organizzativi che la gestione quotidiana del servizio scolastico implica, prima di poter affermare la responsabilità - almeno sul piano penale - dovrebbe essere doveroso accertare che il contagio sia causalmente riconducibile proprio a quella negligenza o imperizia, al di là di ogni ragionevole dubbio: prova concretamente molto difficile da raggiungersi».

Quindi non vede significativi rischi per chi segua correttamente i protocolli?

«Purtroppo non possono escludersi delle aree grigie, perché situazioni specifiche possono non rientrare compiutamente nelle norme organizzativo-cautelari dei protocolli; e in questi casi dovrebbe essere consentita una interlocuzione immediata per garantire al responsabile scolastico, tempestivamente, ogni indicazione circa la scelta di azione più opportuna da adottare, che non dovrebbe essere addossata al singolo dirigente, anche perché può implicare problemi di notevole complessità tecnica e scientifica».

Secondo lei, i dirigenti scolastici con il rischio Covid-19 incorreranno in maggiori procedimenti giudiziari?

«Non si può escluderlo, specie sul fronte civile; ma se si muovono nel rispetto del complesso di regole che prevede l’attuazione puntuale e rigorosa delle direttive date dalla normativa generale dovrebbero restare al riparo da azioni giudiziarie. Del resto, se sono chiamati dallo Stato ad assicurare il servizio scolastico in una situazione di pandemia, e lo fanno seguendo le regole elaborate dall’ordinamento sulla base di specifiche competenze e valutazioni scientifiche, il margine residuo di rischio - forse ineliminabile - diventa un “rischio consentito”».

E se le regole sono applicate in modo scorretto?

«Certo, resta il problema della negligente esecuzione delle regole, della adeguata predisposizione in concreto dei presidi organizzativi, anche in relazione alle eventuali specificità della singola situazione: in caso di contagio è prevedibile che questi siano gli ambiti dove possono insinuarsi eventuali addebiti, che però dovrebbero sempre misurarsi con il limite della concreta esigibilità, senza pretendere sotto minaccia penale standard irrealistici o eroici, magari ricavati alla luce del proverbiale senno di poi».

Si poteva ideare qualcosa per sollevarli almeno un poco da questa grande responsabilità restringendola alla «colpa grave»?

«Se ne è discusso, in particolare di introdurre una disposizione che limitasse i casi di responsabilità penale solo alle ipotesi di colpa grave con una disposizione specifica per certi versi analoga a quella introdotta per la responsabilità degli operatori sanitari. In particolare, nel caso dei dirigenti scolastici si sarebbe potuta limitare la responsabilità penale solo alle ipotesi di colpa grave: sarebbe stata forse una scelta opportuna, e maggiormente rassicurante per i dirigenti scolastici, oggettivamente gravati da un carico di responsabilità molto oneroso».