Il geologo diventa un prof di latino
Architetti del paesaggio per insegnare fisica nei licei, nutrizionisti per scienze e matematica alle medie
Orsola Riva
Potenziare le competenze di italiano, matematica e scienze dei nostri ragazzi è uno degli obiettivi principali della Buona Scuola renziana. Una prima occasione utile poteva venire dal riordino delle classi di concorso per l’insegnamento nelle scuole secondarie. Poteva essere il momento per definire meglio i requisiti d’accesso alla professione docente: cosa bisogna sapere oggi per insegnare nel modo più proficuo. Invece, a parte l’introduzione di una manciata di nuove materie fra cui l’indispensabile italiano per alunni di lingua straniera, ha finito per tradursi in un’operazione di accorpamento delle classi di concorso (passate da 168 a 116) con il rischio di un annacquamento delle competenze dei docenti. E di conseguenza anche degli alunni, come ha notato il Consiglio di Stato, agitando «il pericolo di una dequotazione della qualità del nostro sistema di formazione superiore».
E dire che il Cun, il «parlamento» delle università italiane, aveva stilato un documento in cui, con pazienza certosina, indicava tutti i titoli di laurea che garantiscono le conoscenze necessarie per insegnare una determinata materia e quelli che invece andavano tolti. Peccato che il Miur abbia preferito bypassarlo, incorrendo così in una serie di errori marchiani. Quali? «L’esempio più clamoroso — dice Marco Abate, professore ordinario di Geometria a Pisa e consigliere del Cun — è la laurea in Scienze per la conservazione dei beni culturali come titolo di accesso per l’insegnamento di italiano e latino nei licei. Si tratta di una laurea scientifica, con esami di chimica, fisica, geologia».
Ma il problema più grave è quello di matematica e scienze alle medie. Attualmente non esiste una laurea magistrale che prepari veramente a insegnare ambedue le materie. O meglio esisterebbe ma non è mai stata attivata. Così oggi a insegnare matematica nella Scuola secondaria inferiore sono soprattutto i biologi mentre i matematici preferiscono andare alle superiori. Con il riordino delle classi di concorso si poteva procedere a una separazione delle due materie. Anche la Conferenza unificata si era espressa in questo senso. «Invece — nota Abate — si è lasciato tutto com’era imponendo però ai laureati delle varie discipline l’acquisizione a partire dal 2019 di una montagna di crediti aggiuntivi, ovvero di esami universitari in più». E se da un lato si è aperta la strada anche agli ingegneri, non si capisce bene cosa c’entrino i laureati in Scienze della nutrizione. Per l’insegnamento di matematica e fisica alle superiori, invece, si è preferito mantenere quattro classi di concorso, con l’antipatica distinzione fra prof del liceo e quelli dei tecnici e dei professionali. Con in più l’assurdo inserimento fra i titoli di accesso anche della laurea in Architettura del paesaggio.
E non finisce qui. Fra le stranezze contenute nel nuovo regolamento pubblicato in Gazzetta a febbraio giusto in tempo per il prossimo concorso da 63 mila posti c’è pure un capitolo Informatica. Anche in questo caso per poter insegnare sono richiesti una serie di crediti aggiuntivi, ma neanche uno di informatica. In compenso ai futuri prof si richiedono 12 crediti in Mat04, cioè storia e didattica della matematica. Come mai? «Forse — dice Abate — i tecnici del Miur sono stati tratti in inganno dal fatto che il corso si chiama Matematiche complementari, un nome simile ai primi corsi di informatica, che si chiamavano appunto Complementi di matematica. Bastava che ci consultassero, gliel’avremmo detto».
Orsola Riva
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