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I rischi: aule stracolme e sbocchi impossibili

Lo scenario In caso di accesso liberalizzato

17/10/2018
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la Repubblica

Un  colpo verso il bersaglio sbagliato.

L’abolizione del numero chiuso non avrebbe soltanto l’effetto di intasare le Università riempiendo tra sei anni il Paese di medici a caccia di un lavoro, ma non risolverebbe nemmeno il grave problema del reclutamento di camici bianchi da parte del sistema sanitario. I soldi e le energie, sostengono i sindacati, vanno spesi per aumentare il numero delle borse di studio delle scuole di specializzazione, quelle che permettono a chi è già laureato in Medicina di diventare cardiologo, chirurgo generale, infettivologo eccetera. È lì, tra la laurea e l’assunzione, l’imbuto che impedisce agli ospedali di trovare i professionisti che servirebbero nei loro reparti, dice Carlo Palermo, segretario del sindacato Anaao, che rappresenta il maggior numero di ospedalieri. «Se proprio si deve investire — commenta lo si faccia lì, nei contratti di formazione specialistica».

I numeri sono chiari. Ogni anno si laureano medicina circa 11mila persone e le scuole di specializzazione hanno posto per un po’ meno di 7mila dottori (poi ci sono i tirocini per i medici di famiglia, che sono mille). Dalle corsie del sistema sanitario però da ora in avanti usciranno per pensionamento fino a 8mila professionisti l’anno (e se passa la regola della quota 100 il numero è destinato ad aumentare considerevolmente) quindi si crea un vuoto.

Sempre i numeri, questa volta dei candidati al test per entrare a Medicina rispetto ai posti disponibili, raccontano del rischio che si corre ad aprire improvvisamente a tutti l’accesso a questa facoltà.

Quest’anno ci sono stati 67mila candidati per meno di 10mila iscrizioni disponibili. Sono entrati coloro che hanno fatto meglio il test. Togliendo quello sbarramento le facoltà si troverebbero ad affrontare un’onda enorme, forse anche superiore al numero di coloro che hanno tentato all’ultima selezione perché senza lo spettro dell’esame di ammissione ancora più persone deciderebbero di iscriversi. Facile immaginare i problemi organizzativi di Università che si troveranno con un numero di matricole 7 o 8 volte superiore a quello attuale. E infatti lo stesso ministro all’Istruzione Bussetti stava ragionando di un aumento del numero degli ammessi, magari fino a 15mila ma non di un’apertura totale.

Permettere a tutti di iscriversi e a una buona percentuale di questi giovani di laurearsi secondo il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici, Filippo Anelli, porterebbe a «sfornare migliaia di medici laureati ma ancora privi di tutte quelle competenze necessarie a entrare a pieno titolo nel nostro servizio sanitario nazionale e lasciarli poi intrappolati in un limbo dal quale sempre più difficilmente potranno affrancarsi, a meno di non fuggire all’estero». Questo perché come si è visto i posti nelle scuole di specializzazione sono molto pochi e tra cinque o sei anni, alla fine del ciclo di studi di Medicina per chi entrasse adesso, sarebbero pochissimi.

L’Unione degli studenti universitari, Udu, è da sempre contraria al numero chiuso, come ricorda il coordinatore Enrico Gulluni. «Il governo continua a parlare per slogan — dice — e a fare una continua campagna elettorale anche sulle manovre della legge di bilancio.

Si parla di eliminazione del numero chiuso a Medicina: bene l’intenzione ma non si dice in quale modo, non si fa un minimo accenno alla copertura economica e agli investimenti che si devono fare per attuare una simile manovra da subito.

Così facendo si rischia solo di mandare in tilt le Università».

- mi. bo.


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