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Gazzettino-Quando una volta contava solo saper insegnare

Quando una volta contava solo saper insegnare" Le giornate si accorciano. Sta per iniziare un nuovo anno scolastico e mi chiedo cosa sia rimasto della scuola. Si è passati per occupazioni stu...

14/09/2002
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Il Gazzettino

Quando una volta contava solo saper insegnare"
Le giornate si accorciano. Sta per iniziare un nuovo anno scolastico e mi chiedo cosa sia rimasto della scuola. Si è passati per occupazioni studentesche ed autogestioni che hanno delegittimato e depresso ancor più gli insegnanti; i voti sono scomparsi a danno dei genitori che non sono più in grado di capire se i propri figli vadano bene o male; una scuola che non ha corsi sperimentali è ritenuta di serie B; si introducono nuove materie comprimendone altre ritenute fuori moda; gli alunni insegnano ai docenti - non è un errore di scrittura- ad usare il computer e a collegarsi ad internet; si sottolinea l'importanza delle lingue e dei viaggi studio anche se buona parte dei ragazzi continuano ad avere difficoltà con i congiuntivi; si passa da una riforma all'altra, il Ministero si prepara ad inviare circolari interpretative talmente chiare che necessiteranno di interpretazioni; con i crediti scolastici lo studio tende a confondersi sempre più con l'attivismo sociale; quasi tutti i ragazzi sono "certificati" maturi per poi franare in gran parte all'università e nel mondo del lavoro... e allora non so se si debba essere contenti.
I lifting strutturali sono poi così importanti? È veramente necessario che la scuola cambi e si rinnovi? O è un problema di persone, di involuzione sociale? La scuola è diventata azienda, i presidi manager. Si parla di competitività di apprendimento funzionale al mondo del lavoro. Allo studio si può ben rinunciare pur di divenire una Velina o un Taricone. E avanti! "Correre, correre. Siamo in Europa. Gli altri ci guardano". E nella frenesia della corsa, nella logica del fare, stiamo svendendo valori, perdendo il senso delle cose in favore di novità non necessarie o di costruzioni nelle quali tutto è possibile e tutto è concesso.

E allora di fronte a certe riforme voglio e rimpiango la scuola di un tempo. Quella dei grembiuli. Quella in cui i ruoli erano evidenti e ben definiti, in cui si sapeva chi era insegnante e chi alunno. Dove si correggevano i compiti con la matita rossa e blu. La scuola delle bocciature e delle note. La scuola selettiva dove si rimaneva per imparare se no si andava a lavorare. Dove i genitori non volevano per forza un diplomato o un laureato come fosse un diritto. La scuola dove si insegnava anche il rispetto per il docente e che non ammetteva ragazzi sgranocchianti in classe o i bip degli Sms. La scuola dove gli insegnanti avevano a cuore i problemi dei ragazzi e comprensione senza trasformarsi in assistenti sociali. Dove non c'era bisogno di occupare perché vi era la consapevolezza che un insegnante è insostituibile. Dove anche l'educazione aveva una sua importanza e gli alunni si alzavano e salutavano il docente quando entrava. La scuola dove l'insegnamento veniva prima della burocrazia; quella senza precari (già il termine è tutto un programma), dove i fondamentali avevano una sua importanza. La scuola del senso della fatica e del sacrificio dove i ragazzi non pensavano che tanto basta studiare l'ultimo mese. La scuola non solo del fare ma del sentire. La scuola in cui, dimenticate col tempo le nozioni, restava comunque qualcosa di indelebile.

Buon anno scolastico dunque a tutti i ragazzi che si accingono ad incartare libri e a preparare cartelle. E buona fortuna. Scuola permettendo...

Aldo Guarnieri

capogruppo FI


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