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Folena-Sì, un voto utile a sinistra (dal Manifesto)

"Sì, un voto utile a sinistra" Parla Pietro Folena, del correntone Ds: "Più saranno i sì, più forte sarà la battaglia d'autunno su lavoro e diritti e più chiaro il futuro programma del centros...

14/06/2003
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"Sì, un voto utile a sinistra"
Parla Pietro Folena, del correntone Ds: "Più saranno i sì, più forte sarà la battaglia d'autunno su lavoro e diritti e più chiaro il futuro programma del centrosinistra"
COSIMO ROSSI
"So che il quorum è un obiettivo difficilissimo, ma voglio azzardare che è perfino secondario". Per Pietro Folena, infatti, "la certezza è che ci saranno milioni di sì nell'urna". Secondo l'esponente del correntone Ds, tanti più saranno i sì, tanto si riveleranno utili per lo scontro di autunno con il governo sulle questioni del lavoro e della previdenza e per dare corpo al programma futuro del centrosinistra. E in questa prospettiva, per Folena, "è essenziale per il bene partito e della coalizione che rimangano molto forti la visibilità e il profilo" della minoranza Ds.

La leadership diessina, comunque, per riconoscendo legittime tutte le posizioni non muta la sua profonda convinzione astensionista...

Ho visto in questi giorni di iniziative e incontri sul referendum qualcosa che travalica i confini delle geografie interne. Al di là della scelta delle segreteria, sta scattando secondo me qualcosa che corrisponde a un profondo convincimento democratico: cioè l'idea che questo governo rappresenti una vera minaccia per il futuro della democrazia. L'istituto referendario ci potrà servire, e ci servirà forse in un futuro vicino, per bloccare tentativi di forzatura istituzionale o sociale. E dopo due anni in cui il tema della partecipazione è stato il tratto identitario di una sinistra che riprendeva forza - che poi è la verità che spiega il successo elettorale - l'idea di rinunciare a questo strumento viene considerata da diverse parti non accettabile.

E' anche vero che, dopo gli ultimi affondi confindustriali, ormai il referendum è in difesa dell'articolo 18 per chi ce l'ha più che per l'estensione...

Questa seconda cosa secondo me è il vero punto che è stato sottovalutato da tutti coloro che si sono opposti al referendum. La lotta alla destrutturazione del mercato del lavoro e allo sfruttamento nel lavoro, la rivendicazione da parte di chi lavora di essere persona - che erano la vera anima del 23 marzo - sono qualcosa di potenzialmente maggioritario nella società. Non dico che siano maggioranza, ma disegnano un ragionamento che parla a una maggioranza della società e penetra profondamente anche nell'elettorato del centrodestra. Qui sta il paradosso: un referendum che personalmente non ho condiviso perché promosso anche con l'intento di dare un colpo politico alla Cgil e a Sergio Cofferati, un referendum a cui si imputava di lacerare l'impresa e lasciare fuori gli atipici, è diventato un referendum sostenuto trasversalmente da tutti i precari e persino da settori di piccola impresa, che non hanno nessun interesse al licenziamento ingiusto, perché sanno che la forza dell'impresa non dipende da questo ma dalla capitalizzazione e dall'innovazione. E' come se il referendum si fosse caricato di un significato che va al di là del quesito di merito: è diventato una sorta di metafora di un discorso di società che parla di coesione sociale del lavoro, del posto che devono avere le persone, i sindacati, i diritti. Come ha scritto Tito Boeri - che certo non è un simpatizzante del referendum -, i decreti delegati di Berlusconi irrigidiscono il mercato del lavoro ma flessibilizzaziono la persona: siamo di fronte a supermercato del lavoro dove tutto è comprabile e affittabile. Credo che tutto questo sia compreso da ampi settori. I loro sì saranno il vero successo di questo referendum. E nel paniere della sinistra e del centrosinistra ogni sì sarà un aiuto per battaglie durissime che ci aspettano in autunno: sui decreti delegati, contro la 484 bis e su questioni importanti come la previdenza.

Con lo stesso ragionamento, però, si dovrebbe parlare di "sconfitta" del centrosinistra che non ha saputo cogliere l'occasione del referendum...

C'è ancora un difetto di ascolto da parte della leadership. Non dico che si dovesse sposare il sì, ma sinceramente sarebbe stato molto saggio lasciare piena libertà di voto anziché scegliere l'astensione. In effetti si è un po' perduta l'occasione.

Per non inimicarsi le imprese?

Sfatiamo l'idea che chi vota sì è contro il sistema imprese. Un regime di buoni salari e diritti consolidati è regime in cui anche l'impresa è più solida. Così come era sbagliato seguire la destra nell'abbassamento generalizzato delle tasse - e oggi si riconosce che le tasse invece servono -, è sbagliato strizzare l'occhio all'idea che il massimo di flessibilità e sfruttamento danno più margine alle imprese. Perciò penso che dobbiamo fare tesoro del referendum anche per spostare l'asse politico del programma del centrosinistra. Credo che tanti sì possano aiutare a fare in modo che vengano intercettate molto di più il bisogno di diritti e la centralità del lavoro che si stando estendendo. Andare a votare e votare sì è anche un'ipoteca sul futuro del centrosinistra.

Non è che con questo ragionamento il correntone si ripara dietro i sì per nascondere una sconfitta politica rappresentata anche dalla scelta bolognese di Cofferati?

Capisco il dubbio. Dire che quando ho saputo della candidatura di Cofferati a Bologna sono stato immediatamente convinto o d'accordo, sarebbe mentire. Non è un mistero che molti di noi avevano pensato e lavorato in questi anni non solo sulla persona, tuttavia pensando che Cofferati potesse avere un ruolo e una funzione ad altri livelli. Mi fa molto piacere che ora D'Alema riconosca la generosità di Cofferati nel candidarsi, generosità che non c'è stata da parte di altri esponenti del centrosinistra in questi anni. E non mi sarebbe dispiaciuta una minore disponibilità da parte di Cofferati. Ma a questo punto la domanda vera che secondo me bisogna farsi è un'altra: qual è la ragione per cui abbiamo vinto le elezioni?

E qual è?

Io non disconosco il merito di Fassino e del gruppo dirigente. Ma il merito fondamentale è stato quello di non rimanere fermi a Pesaro, dove si parlava di unità socialista; di non rimanere fermi al convincimento che si erano perse le politiche perché eravamo stati troppo poco competitivi a destra. La carta vincente è stata la capacità di interloquire con i movimenti. E il nostro contributo a quell'esperienza è stato determinante. Guai a pensare che nella squadra Ds, in cui la maggior parte dei cross per fare i gol sono venuti da sinistra, per il solo fatto che non c'è più Cofferati è finita la festa e si torna un anno e mezzo indietro.

Tuttavia il disgelo con Rifondazione comunista potrebbe far prevedere proprio una divisione dei ruoli tra i "riformisti" Ds e la sinistra di alternativa...

La coppia riformismo-movimenti di per sé non basta, se si pensa al "riformismo" come mediazione e ai movimenti come antagonismo. Mi fa piacere l'intesa con Bertinotti e la considero una vittoria: perché dimostra il fallimento dell'idea del piccolo Ulivo con un nocciolo duro "riformista" e quello dell'idea bertinottiana di una sinistra di alternativa. Ma come si fa questa intesa? Con un'operazione politicista in cui l'Ulivo fa l'estremista di destra e Rifondazione l'estremista di sinistra? Sarebbe come rifare la desistenza; sarebbe fallimentare. Perciò bisogna riprendere in mano la questione e cominciare subito dal progetto. La mia idea è che serva un tavolo sociale: dopo il refernedum invitiamo insieme Ulivo, Rifondazione, Di Pietro, i movimenti che vogliono e alcune personalità autorevoli che si mettano a capo di gruppi tematici e lavorino di qui a dicembre su proposte che diano una fisionomia e un progetto all'alleanza.

Si è detto a lungo che la minoranza Ds in realtà orientava le posizioni di Fassino, ora però sembra difficile che possiate avere ancora questo ruolo...

Credo invece che possiamo essere artefici di una coalizione più larga e di un rafforzamento dei Ds. E questo non se troveremo la via del governo unitario del partito, ma se troveremo finalmente un assetto interno ai Ds in cui il pluralismo diventi una grande forza, nella consapevolezza che noi del correntone e di Aprile possiamo aiutare tantissimo a dialogare con ambienti e mondi in cui la maggioranza ha maggiori difficoltà.

Senza quindi rientrare nei ranghi?

Credo che tutti coloro che preconizzano la nostra fine rimarranno delusi. E si fossi Fassino o D'Alema mi augurerei che il correntone non finisca per il bene del partito e del centrosinistra. Comunque staremo in campo con la nostra autonomia e la nostra politica; spero senza accentuare le polemiche e il dissenso, ma senza neanche rifuggirli, se sarà ancora necessario, sia nelle sedi di partito che parlamentari.


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