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Educazione digitale nelle scuole, è polemica sul patto tra Miur e Microsoft

Un accordo siglato tra il Ministero dell'istruzione e della ricerca e l'azienda Usa prevede dei corsi di formazione gratuiti organizzati dal colosso hi-tech a dirigenti scolastici, docenti e alunni. Ma la partnership non piace al mondo italiano del software libero. Ecco perché

30/05/2015
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la Repubblica

UN accordo per promuovere l'educazione digitale tra i banchi di scuola. A firmarlo, da un lato, c'è il Ministero dell'Istruzione e della Ricerca che si impegna a recepire le priorità dettate dal documento La Buona Scuola, cioè "il miglioramento dell'offerta formativa attraverso l'innovazione"; dall'altro c'è Microsoft, il colosso hi-tech statunitense tra le cui mani dovrebbe passare l'istruzione informatica di alunni e docenti. Una partnership che però non piace ("Si tratta solo di una strategia commerciale") al mondo italiano del software libero. Spiega Italo Vignoli, presidente della Document Foundation, l'organizzazione no-profit fondata per lo sviluppo di sistemi operativi open source: "La colpa non è di Microsoft, che fa il suo lavoro e porta avanti i suoi interessi, ma del Ministero. Per correttezza, avrebbe dovuto fare un'informazione trasversale su questi temi, dove esistono più voci, meritevoli di un identico spazio. E non firmare un'intesa con un'unica azienda".

Più nel dettaglio, il testo pubblicato lo scorso 15 maggio definisce alcuni impegni reciproci. Il Miur deve sponsorizzare ogni attività organizzata nell'ambito del programma attraverso Protocolli in Rete: il portale online dedicato ai patti stipulati tra le scuole e le fondazioni private. Con l'obiettivo di migliorare la dotazione tecnologica dei nostri istituti. In cambio, la multinazionale fondata da Bill Gates ha il compito di preparare dei corsi di formazione per dirigenti scolastici, insegnanti e studenti. Certo, tutti gratis. E senza prevedere alcun tipo di esclusività ("la clausola di adesione prevista dal Protocollo consente ad altri operatori di aderirvi con le stesse finalità") né vincolo formale nell'adozione successiva di determinati software. "Però", prosegue Vignoli, "ascoltare un'unica campana, significa creare nei ragazzi la convinzione che esiste un solo prodotto in grado di lavorare in una certa maniera, un solo standard per i documenti e un solo modo di fare information technology. Quando, invece, non è assolutamente vero".

Per non parlare del fatto che durante i corsi, molto probabilmente, gli allievi dovranno usare dei prodotti di Microsoft. A scuola come a casa. Con le relative spese famigliari e il rischio assuefazione. Aggiunge Stefano Sabatini, membro di Wikimedia Italia e tra gli autori del blog Marco's Box: "Una persona che cresce imparando una determinata piattaforma, difficilmente ne adotterà un'altra in seguito". Ma il problema non è solo l'educazione. "Ci si potrebbe chiedere: qual è l'utilità del progetto per la società di Redmond?", suggerisce l'avvocato Francesco Paolo Micozzi. "E diventa chiaro se si ha ben presente l'articolo 68 del codice dell'amministrazione digitale che detta alla Pubblica Amministrazione le regole da seguire per l'acquisizione di software". La prima scelta deve ricadere d'obbligo sui sistemi operativi open source, o sulle soluzioni di riuso. A meno che non venga motivata l'impossibilità di adottarli, il tutto stimando una serie di spese tra cui: costo delle licenze, aggiornamento e formazione dei dipendenti. "Se facciamo un passo indietro e pensiamo al protocollo siglato tra il Miur e Microsoft, è vero: l'educazione digitale a dirigenti, insegnanti e alunni sarebbe gratuita. Ma quando la Pubblica amministrazione dovrà decidere l'acquisto di un nuovo prodotto, quello di Microsoft risulterà avere delle spese di formazione sostanzialmente azzerate. Un vantaggio non di poco conto in sede di valutazione comparativa". E pensare che l'open garantirebbe agli uffici statali un bel risparmio. Lo dimostra la cronaca. Saranno sei i milioni che il comune di Torino salverà dicendo, semplicemente: "Bye, bye Windows".

Abbiamo chiesto al Ministero dell'Istruzione e della Ricerca di spiegare questo accordo. Ci ha risposto con una nota ufficiale. Eccola:
"Il Protocollo con Microsoft è uno dei 7 protocolli d'intesa/accordi operativi che il Miur ha stipulato con associazioni, aziende, enti e fondazioni per sostenere il processo d'innovazione digitale nel mondo della scuola. Accordi che non prevedono alcun onere per il Ministero e  lo Stato, essendo le attività e le forniture previste completamente a carico dei partner privati. La novità è che con la piattaforma protocolli in rete, il Ministero si è dotato di un meccanismo di controlli sul modo in cui viene data attuazione agli obiettivi contenuti negli accordi. L'amministrazione riceve numerose richieste di sottoscrizione di protocolli da parte di imprese e fondazioni, perseguendo così un duplice obiettivo: da un lato, attrarre investimenti aggiuntivi verso la scuola; dall'altro, rendere trasparente il rapporto tra scuola e impresa. Il numero dei protocolli attivati è dunque in crescita e la varietà degli interlocutori dimostra che il mondo della scuola è aperto a ogni tipo di soluzione. Nello specifico, infatti, il Protocollo con Microsoft prevede di destinare, a titolo gratuito, percorsi formativi rivolti a dirigenti scolastici, docenti e studenti su tematiche relative all'ICT nella didattica, management delle risorse e all'educazione ai media. L'accordo non prevede, tuttavia, alcun vincolo di esclusività in favore della stessa Microsoft e permette quindi, attraverso la clausola di adesione prevista
dal Protocollo stesso, ad altri operatori del settore di aderirvi con le stesse finalità. L'accordo è, inoltre, un rinnovo di un precedente accordo che si è reso necessario per poter procedere alla sua pubblicazione sulla piattaforma dei protocolli in rete".