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Diritto allo studio e disabili, 160 milioni di fondi a rischio

E’ la conseguenza della decisione, presa in Conferenza Stato Regioni, di mettere i Fondi statali destinati al diritto allo studio, ai disabili, agli autobus, sotto il patto di stabilità

03/10/2014
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Corriere della sera

Valentina Santarpia

La «razionalizzazione della spesa pubblica» colpisce ancora. Le borse di studio per gli studenti universitari, i libri di testo, gli interventi per i disabili e le scuole paritarie e gli investimenti per gli autobus rischiano tagli pesantissimi: in base ad un accordo preso in Conferenza Stato—Regioni, e ratificato poi dal decreto legge Sblocca Italia (già in Gazzetta ufficiale), il Fondo integrativo statale viene inserito all’interno del patto di stabilità, mentre fino all’anno scorso ne era svincolato. Così le Regioni potranno assolvere al «contributo delle Regioni al risanamento della finanza pubblica». Ma con quali conseguenze? Che queste risorse, che ammontano a circa 162 milioni di euro, rischino seriamente di essere dirottate dalle Regioni ad altri scopi. Finché infatti erano slegati dai vincoli europei, i fondi dovevano essere vincolati all’utilizzo preciso per cui erano stati stanziati. Ma, finendo sotto il tetto del patto di stabilità, potranno essere usati dalle Regioni in base alle proprie esigenze. E, in tempi di crisi, è facile immaginare che qualche amministratore possa stornarli per la sanità, piuttosto che destinarli alle esigenze originarie. Il che significherebbe in automatico diminuire ancora ulteriormente le risorse già fortemente depauperate nel corso degli ultimi anni. Secondo una stima dell’Unione degli universitari, che ha presentato una mozione insieme al CNSU (Consiglio nazionale studenti universitari) a rischio sono 48.214 borse di studio, considerando che l’importo medio di una borsa lo scorso anno è stato di 3360 euro. «Il governo e le regioni - sottolinea il presidente del CNSU Andrea Fiorini - devono essere consapevoli che in un momento di crisi economica senza precedenti per il nostro paese demolire il diritto allo studio significherebbe di fatto escludere un’intera fascia della popolazione dall’istruzione superiore e togliere un ulteriore possibilità di sviluppo al nostro paese. Se si vuole cambiare davvero, l’istruzione deve tornare ad essere una priorità non solo negli slogan ma anche negli investimenti».

«Parere favorevole se cassate quella norma»

La mozione è già finita sul tavolo della VII Commissione cultura alla Camera, che ha immediatamente licenziato un «parere favorevole condizionato» allo Sblocca Italia, prima che venga convertito in legge: ovvero, il disegno di legge che prevede la riapertura dei cantieri e la semplificazione della burocrazia ha il parere favorevole della commissione, solo a condizione che venga modificato l’articolo 42, «ripristinando l’esclusione dal Patto di stabilità interno delle risorse destinate alle Regioni relativamente agli interventi in materia di diritto allo studio, scuole paritarie, contributi e benefici agli studenti con disabilità e erogazione gratuita di libri di testo, in considerazione del fatto che l’attuale formulazione della norma rischia di vanificare misure recentemente adottate nel settore scolastico, le quali rivestono una rilevanza strategica nell’ambito della politica di rilancio della scuola e dell’istruzione». Quali sono le regioni più a rischio? «Toscana, Piemonte, Veneto, Campania, regioni dove già in passato fondi destinati al diritto allo studio sono stati dirottati verso altre spese, come abbiamo rilevato, portandole in tribunale e obbligandole a restituire i soldi agli studenti- spiega Gianluca Scuccimarra, presidente dell’Unione degli universitari (Udu). Se questa norma passerà, potranno farlo, per rientrare nei propri bilanci, senza alcuna conseguenza».


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