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didaweb-Ritorno a Barbiana-di A.Limonciello

Dalla lista politica del Didaweb Il ritorno a Barbiana non doveva essere e non e' stato una celebrazione, tanto meno una commemorazione. Coloro che non hanno da difendersi dalle iniziative per ...

24/05/2002
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Didaweb

Dalla lista politica del Didaweb

Il ritorno a Barbiana non doveva essere e non e' stato una celebrazione,
tanto meno una commemorazione.
Coloro che non hanno da difendersi dalle iniziative per i diritti di
cittadinanza e di pari opportunita' nella scuola pubblica italiana hanno
capito che si andava a Barbiana non per riproporre un mondo e una scuola che
non esistono piu', hanno capito che si andava per coniugare oggi la lezione
di don Milani e della sua scuola.

Marino chiudeva il suo bell'intervento cosi':
"Riprendere la lezione di don Milani significa saper ripartire da questo
anacronismo, ritrovare il coraggio dell'utopia e della disobbedienza e
organizzare intorno a esse la nuova Barbiana, perche' c'e' ancora tanta
gente umiliata e offesa, in cerca di un riscatto. Ed e' gente nostra"

Io vorrei riportare nell'ambito scolastico quello che Marino sconsolatamente
definisce l'anacronismo dell'utopia, in fondo Barbiana e' stata una scuola e
si e' preoccupata della scuola Italiana.

Primo punto:
Barbiana era una critica alla scuola del tempo, perche' escludeva ceti
sociali, perche' escludeva culture, perche' escludeva finalita' che non
erano riconducibili alla riproposizione della gerarchia dei valori e
dell'assetto dei poteri di allora.
Barbiana dimostrava quale fosse il ruolo vero della scuola, come essa non
svolgesse la funzione costituzionale di rimozione degli ostacoli per la pari
promozione sociale di tutti i cittadini.
Cosa avvenne dopo?
Avvenne che molti riproposero scuole per gli esclusi, e non erano certo di
montagna, anzi molte nacquero nei suburbi delle citta', per i figli degli
immigrati di allora, italiani del sud che non possedevano il potere della
parola.
Avvenne che i giovani si ribellarono per l'esclusione a cui molti di loro
erano gia' condannati, avvenne che reclamarono i diritti costituzionali in
materia scolastica insieme al diritto di essere in quanto tali, e non
perche' finalizzati a un processo produttivo.
Possiamo dire che da quell'esperienza si avvio' un percorso di realizzazione
di strumenti atti alla rimozione degli ostacoli, per la promozione delle
pari oppotunita' di apprendimento per tutti. Questo va detto, la scuola di
oggi e' molto piu' ricca di opportunita' della scuola del tempo, negarlo
vuol dire non mettersi in condizione di capire, di individuare dove sono i
nemici da battere.
In tal senso vanno interpretati tutta una serie di atti, dai primi
provvedimenti che le neonate regioni presero negli anni con le leggi sul
diritto allo studio, alle leggi del 77 sull'integrazione dell'handicap,
....... e via via fino ad arrivare a tutti gli strumenti, da quelli
pedagogici a quelli organizzativi e finanziari, per realizzare
"l'insegnamento individualizzato", compreso lo strumento dell'autonomia
scolastica.

Bene, perche' si va a Barbiana allora?
Ma perche' e' questo processo che si mette in discussione, non siamo mica
scemi!
Per la prima volta anziche' procedere, pur se tra mille contraddizioni e
ripensamenti, in quel solco tracciato dalla costituzione e riproposto
all'attenzione di tutti dai movimenti degli anni 60 si ritorna indietro, si
ritorna a una visione economica distorta e piccina della funzione della
scuola. Si parte dai fallimenti -si perche' ci sono diversi fallimenti,
compreso l'uso distorto delle risorse- per ridurre il suo ruolo, per
renderla ancora piu' marginale.
Ma si va a Barbiana anche perche' c'e' da riflettere sugli insuccessi,
sull'irrisolto, si va per cercare nuove e convincenti soluzioni [il
movimento della Resistenza non resisteva affatto, attaccava, e lo faceva
proponendo una nuova societa', un nuovo stato con nuovi diritti di
cittadinanza].
Andare a Barbiana ha voluto dire che i suoi valori sono attuali, essi
possono diventare la base per una nuova ricerca, per nuove soluzioni, per
un nuovo modello scolastico.

Secondo punto:
Cosa deve essere la scuola oggi e chi sono gli esclusi?
La scuola dovrebbe essere il luogo dove tutti si dotano degli strumenti per
essere "cittadini e persone" di una "societa' che diviene". Un luogo dove si
"prende potere", "dove si diventa", dove ci si modifica e si creano i
presupposti per modificare cio' che ci circonda.
Ebbene questa e' un'utopia.
Le autonomie, tutte le autonomie di oggi e quelle che ancora devono venire,
potrebbero servire a questo. Non bisogna avere paura, non bisogna riproporre
una scuola centralizzata, guardiana, ripropositrice di cio' che e' ed e'
stato.
E invece abbiamo mille paure, ce le iniettano tutti i giorni, da anni, da
tutte le parti, perche'?
Perche' deve esserci voglia di sicurezza, certezze anziche' ricerca, quindi
il passato ( e si rivolgono al passato sia da sinistra che da destra come 2
paure speculari), quindi le esclusioni, i circoli ristretti, le tribu' dei
simili. [Mi viene da pensare che l'Italia e' fottuta perche' manca di
coraggio, perche' gli italiani anziche' provare ad essere diversi, a
cambiare davvero, si accontentano di stirarsi la pelle e liposuzionarsi il
grasso del sedere. Qui il massimo che sappiamo fare e' rivalutare il
ventennio fascista. "I giovani del mondo" ci fagociteranno, e' giusto che
sia cosi, spero che avvenga il piu' presto possibile].
Chi sono gli esclusi di oggi?
Quelli che va cercando Rossi Doria per le strade di Napoli, in fondo sempre
gli stessi.
Sono i figli delle periferie urbane, i figli senza "genitori" e i figli di
"certi genitori", i figli degli immigrati, i diversi, tutti i diversi del
mondo. Marino dice che e' gente nostra. No, non e' gente nostra, e' gente
diversa, queste diversita' creano laboratorio, senza di esse noi puzzeremmo
di cadavere.
Tornando alla scuola, don Milani non voleva sostituirsi alla scuola
pubblica, la denunciava per cambiarla, come dire che non e' possibile
occuparsi degli esclusi senza occuparsi della riforma della scuola.
In che scuola possono trovare posto tutte le esclusioni?
In seguito a questa domanda antica abbiamo saputo aggiungere: e come
l'inserimento degli esclusi non impedisce ai piu' spediti di camminare col
proprio passo?
E' veramente possibile trovare posto per tutti e tutte le diversita' in un
unico contenitore?
O forse la scuola si deve occupare solo "degli esclusi" lasciando tutti gli
altri in mano alle loro buone famiglie liberi di fare e andare dove
vogliono?
Non credo a questa soluzione, credo molto nella socializzazione che avviene
nella scuola, credo che uno dei valori maggiori, e purtroppo maggiormente
sottovalutato, sia proprio il tipo di esperienza sociale che la scuola
permette, una esperienza che acquista ancora piu' valore con la
smaterializzazione della produzione, con la comunicazione e il lavoro che si
eseguono in rete senza piu' relazioni in presenza.
Abbiamo bisogno di una scuola laboratorio, sempre piu' laboratorio sociale
(dove dovrebbero sperimentarsi le interazioni delle culture?), una "scuola
per laboratori" (dove e come si potrebbe realizzare il saper fare e non solo
il sapere?), una scuola che elabora modelli e strumenti per apprendere ad
apprendere (come altrimenti porre le basi a un atteggiamento di
apprendimento continuo per tutta la vita?).
Ora di tutto questo non c'e' piu' traccia nelle intenzioni di riforma e le
persone che sostengono questo governo, come gli italiani vecchi, si
preoccupano solo di restauro.
antonio limonciello
limant@ciaoweb.it
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