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Daniele Novara: «Basta con gli insegnanti preparatissimi ma che non sanno niente di pedagogia»

Appello del pedagogista Daniele Novara al ministro Patrizio Bianchi: «Un bravo docente non può accontentarsi della lezione frontale. Deve far star bene e i suoi alunni e puntare più sui progressi che sui deficit»

02/03/2021
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Corriere della sera

Daniele Novara *

In tutte le ricerche internazionali, la qualità della scuola è definita dalla qualità dei suoi insegnanti. Non sono le strutture, non è la burocrazia, né le tecnologie più o meno avanzate, non sono i dirigenti, nemmeno l’edilizia scolastica… ma la loro professionalità. L’Italia ha un problema piuttosto serio: i nostri insegnanti presentano, nel loro complesso, una grave carenza pedagogica. Non è una responsabilità individuale. I docenti sono schiacciati dal mito della materia e nella difesa della pura conoscenza disciplinare. Sono stati così forgiati con la campanella a scandire lo scorrere delle ore e a fare da perimetro invalicabile. Diversamente succede nella Scuola dell’Infanzia e negli Asili Nido che hanno una storia fortunatamente più recente, dove le educatrici non hanno la necessità di barricarsi in un orticello disciplinare che oggi, con le nuove consapevolezze epistemologiche, appare davvero sempre più limitato e indifendibile.
O l’apprendimento è applicativo o rischia semplicemente di essere una sterile ripetizione di contenuti senza alcun aggancio, non solo alla realtà, ma a un loro possibile utilizzo concreto. La scuola delle crocette, dei quiz e delle risposte esatte appare il fantasma di se stessa, abbarbicata a un passato che rischia di essere presente solo in Italia o in nazioni poco interessate all’evoluzione delle nuove generazioni. La formazione pedagogica degli insegnanti si fonda su una serie di caratteristiche precise. Si tratta di obiettivi che la nuova compagine ministeriale dovrà tenere a cuore, in un momento in cui la scuola è tornata al centro dell’attenzione dopo decenni di sostanziale oblio.
Anche nelle parole al Senato del Premier Mario Draghi, la scuola è risultata al centro dei suoi richiami. Investire sulla formazione professionale e pedagogica degli insegnanti è pertanto imprescindibile. Mi permetto di presentare una sorta di memorandum perché queste necessità non restino sulla carta, ma diventino obiettivi sostanziali.

1.Costruire le condizioni perché si possa star bene a scuola è una competenza professionale indispensabile per ogni insegnante. Occorre far funzionare la classe come gruppo in una logica di accoglienza, anche socioaffettiva, che permetta agli alunni di sentirsi parte della comunità scolastica come protagonisti attivi in una logica di appartenenza e di costante interazione con i loro compagni.
2.La capacità di uscire dal dispotismo della lezione frontale e di saper predisporre situazioni di coinvolgimento sono competenze essenziali dell’insegnante. Si tratta di saper organizzare le attività di apprendimento partendo da situazioni stimolo che mettano in moto la motivazione degli alunni coinvolgendoli in maniera attiva, anche con l’uso delle nuove tecnologie, ma specialmente motivando il loro interesse in forma critica e non passiva.
3.La consapevolezza che la scuola è un organismo di promozione sociale fra alunni, fra insegnanti e fra alunni e insegnanti è fondamentale. Bisogna saper utilizzare le interconnessioni o interazioni sociali fra gli alunni per favorire processi di condivisione della conoscenza, della ricerca, del lavoro di laboratorio di apprendimento per generare una comprensione attiva e condivisa.
4.La padronanza professionale comprende uno sguardo sull’alunno che sappia vedere sistematicamente e continuamente i suoi progressi piuttosto che i suoi deficit, ossia che sappia sviluppare una valutazione per sostenere i percorsi di crescita personale piuttosto che la ricerca parossistica dell’errore.
Queste quattro funzioni permettono di uscire dagli equivoci dell’insegnante guru, dell’insegnante amico, dell’insegnante cattedratico per liberarsi definitivamente dalle pratiche inerziali come la lezione frontale, le interrogazioni, i compiti in classe e le crocette. Disfarsi di queste prassi è un passaggio necessario per una scuola che faccia interagire costantemente le conoscenze, sviluppando il gruppo degli insegnanti come equipe di lavoro che progetta assieme, per una scuola che trasformi gli alunni in protagonisti dei loro apprendimenti.
Egregio Ministro Patrizio Bianchi, è ora di tagliare col passato, di dare dignità ai nostri insegnanti offrendo anzitutto una formazione professionale e pedagogica vera e propria così come condizioni economiche al pari degli altri Stati europei. Abbiamo bisogno di segnali che consentano a chi intraprende questa professione di farlo come una scelta di qualità e mai di ripiego. Ne va del nostro futuro. Grazie e buon lavoro

*Pedagogista Direttore Centro Psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti