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Corriere-Vicepresidente di Confindustria-basta burocrazia e più qualità Le università diventino imprese culturali

Vicepresidente di Confindustria Rocca: basta burocrazia e più qualità Le università diventino imprese culturali Dibattito sugli atenei ANGELO PROVASOLI FRANCESCO MICHELI CARLO SALVATORI GIANC...

24/03/2005
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Corriere della sera

Vicepresidente di Confindustria
Rocca: basta burocrazia e più qualità Le università diventino imprese culturali
Dibattito sugli atenei
ANGELO PROVASOLI
FRANCESCO MICHELI
CARLO SALVATORI
GIANCARLO LOMBARDI
L'imprenditore: investire nello sviluppo e nell'accoglienza. Ma i cda devono avere coraggio
"Più coraggio". Gianfelice Rocca, presidente di Techint e vicepresidente di Confindustria, con delega per l'Education, la vede come una sfida: "Le nostre università per competere devono trasformarsi in vere e proprie "imprese culturali" che gareggiano a livello internazionale. Devono accettare maggiori responsabilità e rischi e chiedersi quali mezzi siano realmente necessari per raggiungere gli obiettivi". Vista da un manager: le università di Milano sono un valore aggiunto o un potenziale non sfruttato?
"Oggi la competizione è più che mai competizione intellettuale: per questo le università rivestono un ruolo basilare. Le imprese chiedono ai giovani qualità, capacità innovativa, una laurea conseguita in tempi brevi. Questi fattori vengono garantiti dagli studi ma anche dall'ambiente in cui si studia, che deve essere trasparente, meritocratico, internazionale".
Tutto questo avviene?
"A me pare che gli atenei milanesi si siano appannati sulle capacità. Eppure nel nostro sistema industriale le università sono interlocutore imprenditoriale: possono diventare motori del cambiamento".
Ma bisogna lavorarci. Da dove si parte?
"Il punto di partenza deve essere l'approfondimento del dibattito sull'autonomia e sugli organi di governo dell'università. Occorre nominare consigli di amministrazione non numerosi in grado di essere forti e responsabili promotori del rinnovamento. Darei anche più importanza al ruolo dei rettori, che oggi rappresentano una nuova tipologia di management: anche per questo, non dovrebbero essere eletti solo da docenti".
Lei parla di sfide. I rettori dicono che mancano soldi. Come ne usciamo?
"Il deficit di finanziamenti è un dato di fatto, ma è anche enorme la possibilità di usare meglio quello che c'è. Quindi, direi che si potranno reclamare più soldi soltanto quando si avrà la certezza di una cambiamento radicale nell'organizzazione del mondo universitario. Guai anche ad aumenti di finanziamento a pioggia: sosteniamo i successi con i fondi aggiuntivi e aiutiamo chi merita".
Perché lei invoca più coraggio?
"Perché bisogna essere meno timidi nell'affrontare le sfide del cambiamento. In questa fase, ci si aspetterebbe che le università milanesi siano al centro di un dibattito. Ma bisogna rapportarsi con i migliori atenei, almeno d'Europa".
Ad esempio?
"Chiediamoci come vanno le nostre università rispetto ad altre università tecniche di eccellenza. Per esempio, nel caso degli ingegneri, dobbiamo confrontarci con Zurigo, Losanna, Aachen, Darmstadt, München, École Politecnique, Catalogna, Madrid, Delft, Duvène, Royal Politecnico di Svezia, Trondheim in Norvegia, Baumann a Mosca, Helsinki".
Ragioniamo sui mezzi: in che modo le nostre università diventano competitive?
"Rispondo con altre domande: è possibile essere competitivi con questi vincoli burocratici e corporativi? Non mi si dica che c'è la riforma: perché è timida la riforma e timido il supporto che le università milanesi forniscono a questo cambiamento. E poi: ha senso il valore legale del titolo? Fintanto che le università saranno distributrici di un titolo che poi viene usato dalla pubblica amministrazione e dagli ordini, questo elemento sarà di freno. E il reclutamento dei professori? Perché non reclutare i propri docenti nell'ambito degli idonei?".
Vincoli corporativi, valore legale del titolo, carriere dei docenti... Dottor Rocca, non sta puntando troppo alto?
"Visto che i nostri concorrenti sono quelli che abbiamo citato prima, non dobbiamo farci trascinare al ribasso. Piuttosto, facciamo a Milano ragionamenti politicamente non corretti: anche sui fondi".
Cioè?
"Lancio una provocazione: le Università milanesi sarebbero disposte a farsi giudicare da organi autonomi per accedere ai fondi messi a disposizione, per esempio, dalla Regione?".
Come giudica i neo laureati milanesi?
"Le nostre università producono ancora molti studenti eccellenti. Certo, soprattutto per chi consegue la laurea breve è più difficile riassorbire le carenze della scuola secondaria: direi che quello che manca davvero è un metodo di studio e di approccio alla conoscenza".
Milano è una città accogliente per chi vuole studiare?
"Non molto, soprattutto per il problema della casa. Ma facciamo attenzione: questi aspetti sono sicuramente utili ma non sono quelli che trasformano le università".
Che compito hanno le istituzioni?
"Soprattutto la Regione. Intanto perché potrebbero muovere cifre non grandi ma sufficienti per dare il senso di un'influenza sul sistema. In secondo luogo, potrebbe indurre le Università ad affidarsi a sistemi di valutazione autonomi, accettando la comparazione con i migliori atenei d'Europa. Infine, le Regioni potrebbero finanziare aree specifiche della ricerca legate alla struttura economica del territorio si potrebbero concentrare i fondi su progetti specifici: Insomma: cominciamo in Lombardia a finanziare il successo e i meritevoli. Più coraggio, appunto".


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