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Corriere-La famiglia (a disagio) conta troppo poco

La famiglia (a disagio) conta troppo poco SCUOLA, UN BANCO E' VUOTO Non è operazione retorica rassicurare le famiglie prima dell'inizio di un anno scolastico inquieto. Bisogna chiudere la ...

02/09/2002
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Corriere della sera

La famiglia (a disagio) conta troppo poco

SCUOLA, UN BANCO E' VUOTO

Non è operazione retorica rassicurare le famiglie prima dell'inizio di un anno scolastico inquieto. Bisogna chiudere la stagione delle incertezze. Si è accumulata un'attesa eccessiva, quasi si stesse per aprire un'era nuova, odiata-amata. Così non è, per una serie di motivi riassumibili in tre punti: 1) è mancata la volontà politica necessaria per trasformare rapidamente in legge l'idea di riforma; 2) la congiuntura economica negativa ha asciugato le disponibilità finanziarie, indispensabili per mettere in moto i meccanismi dell'innovazione; 3) il progetto è stato globalmente coinvolto in una contesa impropria. Bersaglio di un'opposizione totale, che spesso ha rifiutato di scendere all'analisi dei singoli contenuti, la riforma è stata contestata perfino nelle parti che recepivano l'elaborazione compiuta dalle precedenti maggioranze di centrosinistra. Del paradigma educativo non si è arrivati a parlare, nel progressivo deterioramento del clima. Le famiglie si sentono tagliate fuori da un confronto, in non poca parte settoriale e corporativo.
I genitori non comprendono perché tutte le trasformazioni a costo zero debbano per ora essere soltanto raro privilegio di zone geografico-sociali sottoposte a esperimento. Si dice che c'è ancora molto da mettere a fuoco. Perché? Sono temi sui quali c'è già stato lungo tempo per meditare. Ora si è arrivati a una scelta di campo, legittima perché viene da una maggioranza parlamentare.
Iscrivere un bambino a scuola a cinque anni e mezzo è una novità organizzativa e una decisione pedagogica. Sul punto organizzativo si possono chiedere insegnanti e aule. Sulla questione di metodo e di psicologia non si può invece riaprire per l'ennesima volta il caso. La sindrome di Penelope, che affligge una non piccola porzione della classe politica, nuoce alle nuove generazioni. La tela tessuta e poi sfatta nevrotizza i percorsi dell'istruzione, dalle elementari all'esame di Stato finale. Le famiglie vivono la fastidiosa sensazione di contare troppo poco. La centralità promessa rimane astratta di fronte ai rapporti di forza fra gli altri attori della scena, i Comuni, i partiti, i sindacati, ognuno alza la voce.
Nel suo complesso, la famiglia (genitori e ragazzi) è sottorappresentata. Eppure, la scuola è sua, nel senso integrale e pubblico del termine. La scuola esiste per servire la famiglia come utente e come cellula della società. Questo periodo incerto, frammentato e litigioso, deve concludersi presto. Il disagio dell'utenza fa aggio sul resto: la consapevolezza di ciò deve diventare minimo comune denominatore per quanti operano intorno alla macchina scolastica. Se si ignora il disagio delle famiglie, si finisce per preparare quella eutanasia della riforma cui molti conservatori sperano di assistere.


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