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Corriere-federalismo-TRE RISCHI, PARLIAMONE

TRE RISCHI, PARLIAMONE Proviamo a ragionare senza partiti presi. Il federalismo non è un fenomeno esclusivamente italiano. È un fenomeno europeo provocato dal declino dell'autorità moral...

24/11/2002
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Corriere della sera

TRE RISCHI, PARLIAMONE

Proviamo a ragionare senza partiti presi. Il federalismo non è un fenomeno esclusivamente italiano. È un fenomeno europeo provocato dal declino dell'autorità morale e della effettiva sovranità dei vecchi Stati centrali. Se il Parlamento di Westminster rinuncia al monopolio del potere legislativo e ne cede buona parte a Edimburgo, Cardiff e Belfast, può l'Italia ignorare questa tendenza? Se la Francia gollista, giacobina e monoliticamente esagonale accetta di seguire la Gran Bretagna sulla stessa strada, può il mosaico italiano, frettolosamente costruito sulle fondamenta di sette Stati preunitari, restare indietro? Vi riuscirebbe forse se l'esperienza regionalista degli anni '70 avesse dato risultati migliori e se la crisi dello Stato negli anni '90 non avesse convinto tutti i partiti (anche quelli più centralizzatori) che ogni battaglia di retroguardia si sarebbe conclusa con una clamorosa sconfitta. Fu allora che il federalismo divenne una scelta obbligata. Ma occorre riconoscere che la devolution alla Bossi presenta da noi almeno tre rischi.
1) È una rivoluzione costosa. Il passaggio alle Regioni degli impiegati statali non ne ridurrà il numero. Alla fine del percorso l'Italia scoprirà di avere più pubblici dipendenti di quanti non ne abbia ora. Non basta. Se le Regioni a statuto speciale pagheranno i loro dipendenti meglio di altre, converrà ricordare ciò che già accade in Veneto, dove gli insegnanti fuggono verso il Trentino per incassare gli stipendi più generosi della provincia autonoma. Tutte le retribuzioni tenderanno ad assestarsi sui livelli più alti. In altre condizioni ne saremmo felici. Oggi dobbiamo chiederci se il patto di stabilità ce lo permetta.
2) Le Regioni dovranno fornire servizi nuovi e lo faranno spesso con personale raccogliticcio, privo di formazione e scelto con criteri clientelari. Paradossalmente l'Italia federalista sarà amministrata peggio, almeno in una prima fase, di quella centralizzata.
3) Se il federalismo fiscale verrà applicato con rigore, alcune Regioni saranno più povere, meno efficienti e ancora meno capaci di fornire i beni (sicurezza, sanità, educazione) che la devolution trasferisce nelle loro mani.
Non sono antifederalista e non ho elencato i rischi per mettere i bastoni tra le ruote. Ma occorre che di questi problemi si parli francamente e concretamente. Vogliamo evitare che le Regioni povere diventino miserabili? Occorre creare un fondo di solidarietà, fissarne l'ammontare e i criteri di distribuzione. Vogliamo evitare che i pubblici dipendenti locali vengano arruolati con criteri elettoralistici? Occorre indurre le amministrazioni regionali ad assumere per concorsi e a creare scuole di formazione. Vogliamo evitare che i salari si rincorrano verso l'alto? Occorre evitare che le Regioni a statuto speciale continuino a godere di privilegi economici ormai privi della loro ragione originale e che rischiano di sconvolgere, in un'Italia federalista, il mercato dei salari. Per una felice coincidenza il Corriere di ieri ha pubblicato in prima pagina due articoli altrettanto convincenti: quello di Giovanni Sartori, in cui si denunciano i pericoli futuri della devolution, e quello di Gian Antonio Stella, in cui si descrivono i guasti passati e presenti del regionalismo siciliano. Fra gli sprechi siciliani e la domanda di federalismo al Nord il rapporto è di causa e effetto: per moderare la domanda, occorre abolire gli sprechi. Da questa porta stretta dovrà passare il federalismo italiano.
di SERGIO ROMANO


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