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Concorso, non è solo per precari

I giudici del Tar bacchettano il governo e rimettono la questione alla Corte costituzionale

19/04/2016
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ItaliaOggi

Giuseppe Mantica

Vita tormentata per i concorsi scolastici: dopo la contorta vicenda dei presidi che, per cinque anni ed in più regioni, ha comportato molteplici contenziosi, adesso è la volta del concorso a cattedra che finisce sotto l'esame della Corte Costituzionale.

L'esigenza di un controllo del Giudice delle leggi è stata sollevata dal Tar del Lazio con l'ordinanza n. 4343 del 7 aprile 2016 (pubblicata martedì 12) che ha disposto l'immediata trasmissione degli atti alla Consulta per il vaglio costituzionale della norma questionata alla luce degli articoli 2, 3, 4, 51 e 97 della nostra Carta fondamentale.

Si tratta, in buona sostanza, della riforma della scuola nella parte in cui (art. 1, comma 110, ultima parte della legge n. 107 del 13.7.2015) preclude la partecipazione ai concorsi pubblici per titoli ed esami al personale docente ed educativo già assunto su posti e cattedre con contratto individuale di lavoro a tempo indeterminato nelle scuole statali. L'esclusione ancorché abbia un sotteso scopo di eliminazione del precariato si espone ad almeno due censure di indubbio spessore rilevanti alla luce degli articoli 2 e 97 della Costituzione.

Sotto un aspetto personale, a parità di requisiti (si pensi ad un docente di scuola primaria in possesso dei titoli per insegnare nella secondaria) verrebbero svantaggiati nella possibilità di concorrere per l'accesso ad una migliore collocazione coloro che sono già dipendenti, che così si vedrebbero facilmente sopravanzati da neo-assunti nell'acquisire una condizione professionale più confacente alla propria preparazione culturale ed alle proprie aspirazioni personali; sotto un profilo pubblico, inoltre, assume forte rilievo la considerazione che l'interesse per l'efficienza ed il buon andamento della amministrazione va primariamente perseguito con una procedura concorsuale per selezionare i migliori candidati per le posizioni professionali da ricoprire.

Consegue che la limitazione della platea dei candidati (vieppiù nei termini indicati) è indubbiamente poco consona al perseguimento della finalità concorsuale. A fronte di queste considerazioni, a giudizio del Tribunale amministrativo, è apparsa di minor pregio la ratio ispiratrice, della disposizione contestata, indicata nelle difese del Ministero come quella di realizzare la progressiva eliminazione del fenomeno del cosiddetto precariato storico. Da un lato, infatti, essa non è stata esplicitamente indicata nei richiesti termini da parte del legislatore; ed inoltre l'obiettivo di eliminazione del precariato della scuola, pur se meritevole di attenzione e tutela (anche alla luce del rilevante contenzioso) è stato già appositamente perseguito dal legislatore con il piano straordinario di assunzione, di cui ai commi 95 e seguenti del predetto articolo 1 della medesima legge n. 107 del 2015, che ha condotto all'assunzione in ruolo di un numero rilevante di precari.

Ulteriore valutazione costituzionale è chiesta alla luce degli articoli 4 e 51. Il primo assegna ad ogni cittadino il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta un'attività ed una funzione che concorre al progresso materiale e spirituale della società; ed è chiaro che tanto contrasta con il precludere l'accesso al lavoro a persone teoricamente qualificate. Similarmente pare violato l'art. 51 ove dispone che tutti i cittadini possono concorrere agli uffici pubblici in condizioni di uguaglianza.

Frattempo che la Corte Costituzionale decida su tali questioni, il Tar ha concesso la sospensiva del decreto attuativo della norma consentendo così ai ricorrenti di accedere al concorso sub judice.