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Classi pollaio: 42 iscritti in una classe a Viterbo ma la preside fa «il miracolo»

Il problema in una sezione dell’Istituto tecnico Francesco Orioli. Preside e insegnanti alla fine hanno trovato una soluzione: per molti qui è l’ultima spiaggia, noi non rifiutiamo nessuno. Ma i fondi sono carenti

04/10/2019
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Corriere della sera

Riccardo Antoniucci

Una classe di 42 studenti. Rischiava di partire molto male l’anno 2019-2020 dell’istituto di istruzione superiore Orioli, finché la preside e i professori non si sono messi d’impegno per scongiurare l’emergenza. Alla fine, Viterbo non avrà la sua «classe pollaio», ma poco ci è mancato.
«Ci abbiamo lavorato per tutta l’estate». In questo complesso scolastico che unisce un professionale e un liceo artistico sono abituati alla sensazione di stare alla frontiera, sempre a un passo dal non farcela. Su 950 iscritti per il 2019 ci sono 98 casi di disabilità (la media nazionale per le scuole di pari grado è del 2,6%, quella generale per ogni ordine supera di poco il 3%) e la carenza di spazi è forte. Tanto da dover convertire in aula il laboratorio video e uno dei due di informatica (non i più rilevanti rispetto ai percorsi didattici, c’è da dire) e introdurre un sistema di rotazione delle classi, che condividono la stessa aula in orari diversi. Fin qui, ordinaria amministrazione.

Il rischio della «classe pollaio»

Quest’anno, però, quando si è trovata di fronte ai numeri di una classe che rischiava di partire con 42 alunni, 15 sopra la media di 27 e ben oltre ogni soglia del tollerabile, la preside Simonetta Pachella (in passato consigliera comunale nel vicino comune di Gallese, candidata sindaca nel 2016) ha pensato che ci voleva un miracolo.
Poi si è rimboccata le maniche con il suo staff «un corpo docenti magnifico, senza il quale non potrei fare la metà delle attività di questa scuola» e, con un salto mortale in più, ha risposto anche a questa emergenza. «Abbiamo articolato altre classi e attinto agli insegnanti di potenziamento, usandoli come docenti di ruolo». Così i 42 alunni sono stati divisi in due sezioni che condividono i professori delle materie più generaliste, come italiano, matematica e chimica o educazione fisica.

Le cause

Il problema del sovraffollamento in aula affligge circa il 4% delle scuole italiane. Non si direbbe un’emergenza, ma quel numero anche basso è fatto di storie come questa. Gli istituti tecnici sono i principali interessati, spiega la preside Pachella. «Il problema è la grande discrepanza tra le domande di iscrizione e iscritti effettivi. Nel nostro caso, regolarmente ogni anno partiamo con quasi il doppio degli studenti rispetto alle domande che avevamo ricevuto». Com’è possibile? Semplice, le finestre per iscriversi a scuola nel passaggio tra medie e secondaria è tra gennaio e febbraio, ma molti studenti arrivano all’Orioli dopo aver fallito un altro percorso di studi, magari in un liceo. «Alla base c’è una concezione sbagliata delle scuole professionali. Le famiglie le vedono come un ripiego e corrono a iscrivere i loro figli ai licei. Ma non tutti imparano dalla pagina scritta, ci sono tante professioni dove si impara con le mani». Così, tra giugno e settembre cominciano a fioccare le domande di giovani al primo, secondo ma anche quarto anno. Bocciati o rimandati, prendono il professionale come ultima spiaggia prima dell’abbandono.

La metà delle iscrizioni dopo giugno

La preside potrebbe anche rifiutare, ma li accetta sempre tutti. «Se noi gli diciamo di no vanno a finire per strada. È una questione morale». Il problema, però, è che il Ministero assegna risorse e organico sulla base delle iscrizioni di febbraio, non di quelle di agosto. Che si traduce con una carenza di risorse già dalla partenza. E la necessità di ingegnarsi per ricavare il massimo da quello che c’è. Lavorando più del normale, ovviamente. «A stare con l’acqua alla gola ci siamo abituati. Il ministero finora ha sempre messo a disposizione risorse aggiuntive per coprire le emergenze dell’ultimo momento. Quest’anno non è successo, hanno tagliato fondi e l’Ufficio Scolastico di Viterbo si è trovato sguarnito di personale da reimpiegare». E se i soldi diminuiscono la soglia di tolleranza si abbassa. Questa volta l’emergenza si è evitata con il volontarismo, senza aiuto esterno. La preside Pachella, comunque, lo rifarebbe cento volte. «Con il mio curriculum potevo farmi mandare ovunque, ma ho scelto di stare qui, è una missione per me e per i miei insegnanti».


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