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Borse di studio senza fondi, sotto accusa i tagli alle Regioni

Su 130 mila borse erogate, potrebbero esserci i fondi per garantirne solo 60 mila. Eppure l’Italia è già agli ultimi posti per borse di studio, e ha le tasse più care d’Europa

18/10/2014
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Corriere della sera

Valentina Santarpia

Non c’è solo la sanità: la legge di stabilità rischia di travolgere anche le borse di studio degli universitari, tranciando le risorse a disposizione delle Regioni.Il problema, che era già emerso nelle ultime riunioni della conferenza Stato-Regioni, sta ingigantendosi alla luce dei tagli imposti dalla Finanziaria. Perché le Regioni hanno adesso un doppio problema, sul fronte del diritto allo studio: oltre a dover far fronte al fatto che i 150 milioni per il diritto allo studio garantiti dallo Stato verranno posti sotto il patto di stabilità, e quindi non più direttamente vincolati alle borse di studio, dovranno erogare pure 560 milioni allo Stato entro la fine dell’anno, come previsto dallo Sblocca Italia. Un doppio taglio che, secondo associazioni degli studenti e i sindacati della scuola, rischia di dimezzare le borse di studio: attualmente sono circa 130 mila quelle che vengono erogate (anche se gli idonei sono 160 mila), grazie a fondi statali, regioni e provenienti dalle tasse universitarie. Nell’ipotesi peggiore, venendo a mancare fondi statali (i 150 milioni finiti sotto le regole Ue) e regionali (circa 100 milioni), resterebbero le risorse (200 milioni garantiti dalle tasse) per garantire solo poco meno di 60 mila borse, cioè meno della metà, di circa 3500 euro l’una.

«La morte del diritto allo studio»

«Il governo Renzi ha deciso di colpire università e diritto allo studio universitario -dice Alberto Campailla, portavoce nazionale di Link coordinamento universitario - Da una parte sono confermati tagli per centinaia di milioni di euro su spese e servizi relativi al Fondo Finanziamento Ordinario ed il Fondo Ordinario Enti di Ricerca, dall’altra parte il combinato disposto tra la conversione del Decreto Sblocca Italia, con la reintroduzione di 150 milioni di euro nel patto di stabilità interno, e la legge di Stabilità, con i tagli alle Regioni, trasformano il diritto allo studio in un servizio erogato esclusivamente grazie alle tasse regionali degli studenti. Si impedisce di fatto a migliaia di studentesse e studenti capaci e meritevoli di accedere all’università». «Il rischio enorme che si profila a seguito del Decreto Sblocca Italia è che le Regioni rinuncino definitivamente a questi 150 milioni di euro e che quindi per quest’anno salti completamente il finanziamento statale per le borse di studio», precisa Mario Nobile, responsabile nazionale per il diritto allo studio di Link. Rincara la dose Gianluca Scuccimarra, coordinatore dell’Unione universitari: «Questa è la morte del diritto allo studio in Italia, altro che investire sulla scuola e sui giovani! Dopo aver trovato un’ intesa che prevedeva minori tagli alle Regioni, mettendo però i fondi per il diritto allo studio sotto Patto di Stabilità, il governo fa saltare l’accordo e reinserisce ulteriori tagli, cancellando, di fatto, 50.000 borse di studio». Anche la Cgil interviene sul caso: «In una fase di profonda crisi economica, con un impoverimento complessivo dei redditi delle famiglie, - dice la segretaria confederale Gianna Fracassi - cancellare 50.000 borse di studio significa pregiudicare significativamente le possibilità di accesso o di prosecuzione degli studi per quei giovani».

Le tasse più care d’Europa

I tagli appaiono ancor più pesanti se si considera il panorama internazionale: l’Italia è tra i Paesi europei con le tasse universitarie più elevate. Meno di uno studente su dieci riceve una borsa di studio e non sono previsti prestiti ma solo agevolazioni fiscali per le famiglie: è quanto emerge da una relazione pubblicata venerdì dalla rete Eurydice della Commissione europea, «Tasse e sistemi di sostegno nazionali per gli studenti nell’istruzione superiore europea 2014/2015». L’Italia fa parte del secondo scaglione per l’ammontare delle tasse (tra 1.000 e 5.000 euro l’anno) insieme a Spagna, Slovenia, Lettonia, Lituania, Ungheria e Paesi Bassi (ma Lituania e Ungheria forniscono molti sussidi per altri servizi come l’alloggio). Niente tasse invece nei tre Paesi scandinavi, Danimarca, Austria, Scozia e Grecia. La Germania è l’unico paese ad aver recentemente abolito le tasse universitarie, benché queste fossero state introdotte solo nel 2007. Le tasse più salate d’Europa sono nel Regno Unito, con oltre 10mila euro per il primo ciclo di studi universitari e oltre 5.000 per il secondo. Alcuni Paesi prevedono una correlazione tra tasse e risultati modesti - chi resta indietro paga di più - come Repubblica Ceca, Spagna, Croazia, Ungheria, Austria, Polonia, Slovacchia ed Estonia. In Italia, invece, pagano le tasse universitarie l’88,5% degli studenti a fronte del 70% in Spagna e del 65% in Francia. Forti disparità tra i Paesi europei anche per quanto riguarda le borse di studio e i prestiti agli studenti. L’Italia rientra nei Paesi che prevedono borse di studio anche se ne beneficiano solo il 7,95% degli studenti in base al reddito o al merito. Modesto anche il loro ammontare, ovvero inferiori ai 5.000 euro l’anno, al di sotto di quanto viene dato in Francia, Spagna, Portogallo e Germania. In Finlandia, Danimarca e Svezia, invece, tutti gli studenti a tempo pieno e che rispettano determinati requisiti di merito ricevono borse. Le famiglie italiane possono beneficiare invece di esenzioni fiscali se hanno altri figli a carico che studiano mentre, contrariamente a molti Paesi europei, non sono previsti prestiti agli studenti