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Basta con la storia dei padri che rubano il futuro ai figli

di Carla Cantone

20/11/2011
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l'Unità

Fino ad oggi il tema delle pensioni è stato trattato solo ed esclusivamente in termini strumentali e politici. Tutto questo ha portato alla costruzione di colossali bugie che, ripetute in ogni sede e ad ogni occasione, hanno contribuito alla mistificazione della realtà e a disegnare in modo profondamente errato il sistema previdenziale italiano. Si è detto, infatti, che questo non fosse sostenibile, che si va in pensione più tardi che in ogni altro Paese e che i pensionati rubano il futuro ai giovani, alimentando un inutile quanto ingiusto scontro generazionale che non ha davvero alcuna ragione di esistere. Nel suo discorso programmatico il presidente del Consiglio Mario Monti ha invece contribuito a ripristinare una verità storica che per diciassette anni è stata nascosta e occultata da chi ci ha governato. Il sistema previdenziale italiano funziona e la nostra età pensionabile non solo è in linea con l’Unione europea ma è addirittura superiore a quella di molti Paesi, come la Francia e la Germania. A queste dichiarazioni, che ci hanno positivamente colpito, il presidente del Consiglio ha poi accompagnato l’annuncio di voler intervenire per riformare le pensioni. Lo ha detto senza entrare troppo nel merito ma delineando un metodo basato su un confronto con le parti sociali dal quale non intendiamo in nessuna misura sottrarci e al quale vogliamo portare il nostro contributo di idee e di proposte. È nostra opinione che occorra lavorare a monte e che il primo intervento da mettere in campo debba riguardare il lavoro e la crescita perché senza una certezza retributiva non vi sarà alcuna certezza contributiva. Pensioni e lavoro vanno, quindi, di pari passo e non possono essere temi slegati tra loro se non si vuole costruire una generazione di giovani che avrà come unica prospettiva quella di una pensione da fame. Occorre, pertanto, farla finita con il continuo ricorso al lavoro nero e precario e con l’idea che i licenziamenti facili e senza giusta causa risolvano il problema della crescita del paese. Per mettere mano ai privilegi presenti all’interno del nostro sistema previdenziale, messi in evidenza anche da Monti, che si vada ad eliminare quelli che riguardano la classe politica, i manager, i dirigenti e tutti quelli che hanno un’elevata retribuzione da lavoro e da pensione destinando le risorse recuperate ad un Fondo nazionale per l’occupazione dei giovani. Occorre, inoltre, intervenire sulle vergognose anomalie che riguardano i Fondi, con quello dei lavoratori dipendenti in attivo e quello dei manager e dei dirigenti clamorosamente in passivo. L’esigenza di recuperare risorse deve essere colmata con altri interventi, che non tocchino chi è più debole e più povero ma che colpiscano finalmente chi è ricco e chi non ha ancora mai pagato. È per questo che sosteniamo l’esigenza dell’introduzione di una patrimoniale e di una lotta senza quartiere all’evasione fiscale e ad ogni forma di illegalità. Nonè più rinviabile, inoltre, un intervento che tuteli concretamente il potere di acquisto delle pensioni medio-basse, che è sceso di oltre il 30% negli ultimi quindici anni. Anche per queste ragioni è urgente una riforma fiscale che abbia il chiaro segno dell’equità e della giustizia sociale. Sul tema dell’età, invece, se è proprio necessario introdurre delle modifiche la strada da seguire potrebbe essere quella di un sistema incentivante e flessibile. Altra cosa è quella delle pensioni di anzianità. È impensabile, infatti, che si vada ad intervenire su tutti quelli che hanno alle spalle 41 anni di lavoro, su quelli che sono entrati in fabbrica a 14 anni e su quelli che svolgono attività usuranti, faticose e di delicata responsabilità. Cancellare queste anzianità sarebbe una grave ingiustizia. Quelli che proponiamo sono, quindi, interventi che garantirebbero la costruzione di un Paese sempre più equo, equilibrato e più giusto, che non sia soltanto a disposizione dei ricchi e dei potenti ma che sia in grado di dare risposte a tutti quelli che dal governo Berlusconi di risposte non ne hanno mai avute. È questo ciò di cui abbiamo bisogno per lasciarci indietro una stagione penosa in cui il privilegio e il beneficio di pochi ha sempre prevalso sull’interesse e sulle stringenti necessità della collettività. *segretario generale Spi-Cgil