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Che fine hanno fatto le classi di concorso? Consoliamoci con Orazio

di Aluisi Tosolini

05/02/2016
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La Tecnica della Scuola

Il tempo passa. Inesorabilmente, si dirà. E qualcuno, magari con reminiscenze classiche, riandrà sino ad Orazio. 

Ma la questione non è solo poetica, anzi.

Dunque, dopo anni di dibattiti, discussioni, incontri, mediazioni, tentativi andati a vuoto, fallimenti e ripartenze, il 20 gennaio sera il consiglio dei Ministri ha approvato le nuove classi di concorso.

Era il 20 gennaio 2016

Il giorno successivo, nel corso di una conferenza stampa trasmessa in diretta anche dalla Tecnica della Scuola, il Presidente del Consiglio e il Ministro Giannini hanno presentato una sommaria sintesi delle decisioni assunte senza tuttavia mettere a disposizione il testo approvato. Si vede che, malgrado tutto il tempo utilizzato negli anni, il testo non era ancora messo a punto.

Ci può stare: nel corso del consiglio dei ministri, ad esempio, potrebbero essere state apportate delle correzioni che hanno poi richiesto nuovo lavoro di formattazione. Ad essere molto comprensivi potrebbero essere state necessarie alcune ore. Esagerando anche forse una o due giornate....

Ma oggi siamo il 3 febbraio 2016.  E ancora il testo definitivo non si vede.  

Si può vivere anche senza, sia chiaro. Ma il concorso di certo non può partire senza classi di concorso. Per non parlare poi dell'ansia che vedo dipinta sui volti dei docenti dell'area musicale e coreutica. I Licei che vedono - dovrebbe vedere - il maggior numero di nuove classi di concorso.

E per i quali, tra l'altro, non si sa bene chi potrà fare il concorso visto che a normativa vigente per fare il concorso occorre essere abilitati (ma ovviamente non si può essere abilitati in una classe he non esiste) e non essere di ruolo (e proprio in questo anno molti dei docenti precari dei licei musicali sono passati di ruolo, per non dire poi degli utilizzati).

Insomma... l'attesa si prolunga. E, onestamente, per un atto approvato 15 giorni fa forse l'attesa è anche eccessiva.

Nel frattempo, come diceva Orazio, (Carm. 1,11)...

Tu ne quaesieris, scire nefas, quem mihi, quem tibi
finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios
temptaris numeros. ut melius, quidquid erit, pati.
seu pluris hiemes seu tribuit Iuppiter ultimam,
quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare
Tyrrhenum: sapias, vina liques, et spatio brevi
spem longam reseces. dum loquimur, fugerit invida
aetas: carpe diem quam minimum credula postero.

Che nella traduzione di Traina suona così:

Tu non cercare, saperlo è peccato, qual fine a me, quale a te
Gli dei han destinato, Leuconoe, e non tentare gli oroscopi
Babilonesi. Come meglio, tutto ciò che sarà, sopportarlo!
Siano molti gli inverti assegnati da Giove, o sia l’ultimo questo
Che ora strema il mare Tirreno su scogliere corrose,
sii saggia, filtra i vini, e dallo spazio tuo breve
recidi la lunga speranza. Mentre parliamo, sarà già fuggito
maligno il tempo. Cogli ogni giorno che viene,
senza farti illusioni sul domani.


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