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Aprileonline: Una piazza senza precedenti

Giovedì a Roma sarà la volta dei tre sindacati confederali che, insieme a Gilda e Ugl, protesteranno contro la riforma Gelmini. La macchina organizzativa lavora febbrilmente. Ne abbiamo parlato con il segretario Flc-Cgil Domenico Pantaleo, che preannuncia come il 30 ottobre "sarà la più grande manifestazione della scuola che si ricordi"

28/10/2008
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Aprileonline

Marzia Bonacci,

Poco più di quarantotto ore e insegnanti, studenti, famiglie, ricercatori scenderanno in piazza, a Roma, per dire no alla riforma Gelmini. Un appuntamento che vede schierati insieme tutti e tre i sindacati confederali, insieme al Gilda e all'Ugl. La macchina organizzativa sta lavorando febbrilmente perché il tempo stringe e si fa sempre più vicino il momento in cui il corteo sfilerà da piazza della Repubblica per confluire in quella del Popolo, dove è previsto l'intervento del segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani. Nove treni speciali e quasi mille pullman sono stati preparati per condurre a Roma il popolo degli anti-riforma, anche se profetizzare una stima numerica è impossibile visto che saranno tanti i gruppi e le delegazioni che verranno nella capitale in modo autonomo, autorganizzandosi. Del 30 ottobre, che lui stesso preannuncia come "la più grande manifestazione per la scuola che si ricordi", abbiamo parlato con il segretario nazionale Flc-Cgil, Domenico Pantaleo.

Ci stiamo avvicinando alla data fatidica di giovedì. Come sarà la manifestazione, cosa ti aspetti?
Sarà una grandissima piazza che vedrà la presenza di tutto il mondo dell'istruzione: insegnanti, studenti (superiori e universitari), famiglie, ricercatori, personale scolastico. Mi aspetto una risposta imponente, la più grande manifestazione per la scuola che si ricordi.

Le forze politiche, in particolare il centro-sinistra naturalmente, hanno aderito, sono al vostro fianco?
Non c'è stata una vera e propria adesione, ma è chiaro che ci sarà una partecipazione politica da parte di tutto l'arco delle forze del centro-sinistra. Le obiezioni che come sindacato poniamo rispetto alla riforma Gelmini sono state accolte, hanno trovato spazio a sinistra, nel Pd, nell'Idv e in tutti i soggetti di questa area. Il timore per l'assedio che il governo sta realizzando verso l'istruzione era molto diffuso nelle manifestazioni, quella dell'11 ottobre e del 25, dove massiccia è stata la presenza di studenti, docenti, famiglie: tutti preoccupati del futuro che si profila per questo settore. La presenza politica alla nostra mobilitazione è chiaro che sarà improntata al rispetto dell'autonomia, perché il 30 ottobre sarà un appuntamento sindacale.

Fronte politico e sindacale uniti dunque?
Il ruolo della politica e del sindacato, le loro rispettive funzioni, sono distinte ma convergenti. Le questioni della scuola e delle condizioni materiali di coloro che rappresentiamo devono avere un riferimento politico per sfidare il governo e farlo desistere da provvedimenti sbagliati. La politica, intendo il centro-sinistra in particolare, ha una funzione di sintesi, il sindacato di rappresentanza sociale: certo, si incontrano per spingere nella stessa direzione, che nel caso specifico è quella di difendere il diritto all'apprendimento di tutti.

Domani si vota a Palazzo Madama la conversione in legge dei decreti Gelmini: scendere in piazza il 30 ottobre non è troppo tardi? Che senso ha?
Si tratta di una coincidenza casuale, noi abbiamo previsto la manifestazione prima che il governo dettasse i tempi di conversione in legge dei decreti Gelmini, tanto che la scelta del 29 ottobre come data ultima di votazione al Senato è arrivata successivamente. C'è poi una motivazione burocratica legata al regolamento degli scioperi. Il 17 ottobre c'è stata infatti la mobilitazione dei Cobas del settore, per cui non potevamo scendere in piazza prima di 10 giorni da quella iniziativa, come prevede la legge, che indica appunto in 10 giorni il tempo che deve trascorrere tra una protesta e l'altra. Era possibile organizzare la nostra mobilitazione già il 27, un lunedì, ma ci è sembrata più congrua la data del 30. Del resto avevamo chiesto al governo di fermarsi dalla conversione in legge dei decreti, come hanno fatto anche la sinistra, i Cobas, il Pd, tutto il mondo della scuola e dell'università. Purtroppo l'esecutivo, in disprezzo del popolo, ha scelto di proseguire comunque, dimostrando il suo carattere autoritario, la sua volontà di non ascoltare il paese reale e le manifestazioni di massa che si stanno organizzando in tutta Italia.

Insomma questa riforma Gelmini è tutta da bocciare?
Ma non si tratta di una riforma, sono solo tagli economici che hanno come fine la demolizione della scuola pubblica e dell'intero mondo della conoscenza, tanto che il 14 novembre ci sarà proprio la manifestazione dell'università, della ricerca e dell'Apa. Noi dobbiamo avere la forze di contrapporre un disegno riformatore che costringa il governo a cimentarsi nel confronto.

Dunque anche per la Cgil il sistema istruzione attuale non è sufficiente, non va bene?
Ma su questo il messaggio del sindacato e anche delle manifestazioni è sempre stato chiaro: non c'è nessun intento di voler difendere il sistema così come è, al contrario si sente l'esigenza che si apra un confronto per una riforma del settore, ma che sia vera e discussa con i protagonisti. Allo stesso tempo non si può demonizzare tutto il mondo dell'istruzione sostenendo che è integralmente fatiscente...

Da parte sua la maggioranza ha tentato un'operazione di cambiamento ma la Cgil la contesta. Per quale aspetto in particolare?
La riposta del governo a questo sistema formativo, che pure va riformato, è la privatizzazione. Una strada che mette in discussione i nostri principi costituzionali fondamentali, come il diritto all'apprendimento, a non essere precari, a guardare al futuro. Ecco, il futuro è una parola e un concetto estraneo a questo esecutivo che sembra guardare solo al passato, come dimostra il ritorno al maestro unico: una prassi insensata e superata, perché la società è cambiata rispetto ai decenni precedenti e l'istruzione deve riflettere questo mutamento.

Come deve essere dunque?
Semplicemente di massa ma di qualità.

Il governo ha già risposto che non si fermerà e che approverà la legge Gelmini. Cosa farete allora?
Tenteremo di ostacolare i regolamenti attuativi, valuteremo con i tecnici e gli esperti anche l'ipotesi di procedere sulla strada giudiziaria perché in questa legge ci potrebbero essere profili di incostituzionalità e, soprattutto, tenteremo di allargare il movimento, proseguiremo ad essere in piazza, unificheremo le iniziative. In ballo infatti c'è una diversa idea di società e lavoro, rispetto a cui i vari spezzoni sociali devono tentare l'unificazione in una grande iniziativa di carattere confederale. Anche le istituzioni locali, regioni e comuni, potranno dare il loro importante contributo visto che l'organizzazione didattica, soprattutto il dimensionamento e l'organizzazione effettiva, è affidata alle amministrazioni locali. Non c'è alternativa per i decreti 133 e 137 sono disastrosi e vanno abrogati.


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