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Anche i prof con i No Dad “Lezione insieme ai ragazzi davanti alla scuola chiusa”

In Toscana e in Emilia Romagna i docenti sostengono la protesta

17/11/2020
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la Repubblica

Ilaria Venturi

Insegnerà fisica davanti al suo liceo, lo scientifico Castelnuovo di Firenze, nato nel ‘67. Il portone in legno, il marciapiede largo, il permesso chiesto in Questura: un presidio. In realtà è qualcosa di più simbolico e inedito, è la lezione a distanza, ma davanti alla scuola, della professoressa Maria Angela Vitali: la terrà questa mattina alla sua quarta, qualche studente l’ascolterà lì, con mascherina e rispettando il distanziamento, gli altri collegati da casa. «Mai fatto qualcosa di simile in vita mia, ma stavolta voglio dare un segnale anche se non servirà a nulla: la didattica a distanza non va bene, mi sono sempre lamentata in questi mesi, ora ho deciso che dovevo fare qualcosa. Il motivo? Vedo la difficoltà dei ragazzi, la comprendo e la vivo insieme a loro. Non la sopporto più».

Dopo gli studenti No-Dad ecco i professori che si ribellano alla chiusura delle superiori. A Firenze come a Faenza. Stamattina nella città romagnola, anche Gloria Ghetti terrà la sua lezione nel cortile del liceo classico Torricelli-Ballardini. Non si conoscono, Maria Angela e Gloria. Il comitato di Priorità alla scuola ha dato loro modo di sentirsi e farsi sentire. Lezioni ribelli, le stesse che gli studenti riproporranno oggi a Padova e a Verona, con la Rete degli studenti medi che sarà anche davanti a Montecitorio dove sarà allestita una classe per una lezione ai politici su come investire nella scuola, argomento: «Next generation e Legge di bilancio». E venerdì la replica dei Fridays for school, in altre città, sulla scia della protesta di Anita, la 12enne di Torino.

Ma ecco, le prof. Maria Angela Vitali, 60 anni, 38 in cattedra, si accende quando parla del fare scuola in classe: «Quando li guardo negli occhi capisco se è il momento di chiedere, di interagire e come, aiuto il timido a farsi avanti, freno lo spavaldo. Il parlare davanti a un pc invece abbatte ogni differenza tra i ragazzi: sono tutti lì, uniformati, senza più le loro personalità da valorizzare. E sono demotivati». Ha scelto di fare scuola davanti alla scuola che i ragazzi non frequentano più. «Ma ho scelto di continuare a insegnare a distanza dal liceo perché non vorrei che qualcuno pensasse che questa situazione fa comodo agli insegnanti che così se ne stanno a casa».

Gloria Ghetti, 49 anni, ha insegnato per 14 anni Italiano nei professionali, ora è docente di Storia e Filosofia al classico, «ma mi sono tirata dietro il donmilanismo del non uno di meno». A Faenza ha creato una scuola di italiano per immigrati, con insegnanti volontari e i liceali a fare da tutor. A mezzogiorno, con qualche suo studente che ha deciso di partecipare, andrà avanti col programma: trattato di Versailles leggendo “Momenti fatali” di Stefan Zweig. «Ho visto i ragazzi studiare seduti sui gradini delle loro scuole e mi sono detta: adesso cominciamo ad andarci anche noi. Loro al freddo e noi al caldo, una distopia. Noi disobbedienti? Il nostro è un presidio didattico che vuole rivendicare il fatto che la scuola deve essere l’ultima a chiudere in questa emergenza. Ma così non è stato – spiega Ghetti – un atto di coerenza rispetto all’importanza che diamo all’istruzione secondo i principi della Costituzione. La storia, secondo Musil, serve ad affinare il senso della possibilità. Ecco, io non accetto che alla scuola non sia data alcuna possibilità». Lo sconforto, per entrambe, è di aver fatto di tutto per riaprire in sicurezza e poi tutti di nuovo a casa: «La scuola paga per carenze non sue: i trasporti, la sanità. E questa è la cosa più difficile da digerire perché fa male ai ragazzi».


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