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Repubblica-Torino-Pagheremo cara la scuola

L'assessore provinciale polemizza col ministro che lunedì sarà a Torino: "Ogni famiglia dovrà sborsare 1000-1500 euro" "Pagheremo cara la scuola" L'allarme di Oliva per i tagli della...

10/01/2003
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la Repubblica

L'assessore provinciale polemizza col ministro che lunedì sarà a Torino: "Ogni famiglia dovrà sborsare 1000-1500 euro"

"Pagheremo cara la scuola"

L'allarme di Oliva per i tagli della Moratti

"Molti servizi, come le attività integrative o il tempo pieno, saranno a pagamento"

MARCO TRABUCCO

Attenzione, il problema della scuola non sono i fondi destinati alle scuole non statali. Ma sono i tagli nei finanziamenti che, combinati con la riforma Moratti, nel giro di due o tre anni faranno sì che iscrivere un figlio alla scuola pubblica costerà sempre più caro. A lanciare l'allarme, alla vigilia della visita del ministro dell'Istruzione Letizia Moratti che sarà a Torino lunedì, è Gianni Oliva assessore al sistema educativo della Provincia e preside del liceo Alfieri.
Assessore, lei sostiene che il centrosinistra stia sbagliando obiettivo nella sua politica di opposizione "scolastica"?
"Se il primo obiettivo è la difesa la scuola pubblica, non sono convinto che lo si ottenga scandalizzandosi per i soldi dati a quella privata. È più utile guardare alle conseguenze complessive delle novità che il governo sta introducendo. La lettura della legge delega Moratti, approvata in Senato, va unita a quella del documento Bertagna, alle nuove indicazioni sulla scuola media, alle disposizione sull'organico dei docenti e ai tagli delle risorse".
Cosa esce, secondo lei, da questa lettura?
"Ne esce una scuola pubblica che, a tutti i livelli, invece di essere gratuita, o quasi, come è oggi, costerà a una famiglia almeno 1000 o 1500 euro per figlio".
Può spiegare come avverrebbe questa rivoluzione?
"Partiamo dai nuovi orari. Con la riduzione delle ore di lavoro lo Stato non potrà più coprire il tempo pieno e cioè la mensa e le attività pomeridiane. Quindi o le si abolirà, oppure dovranno farsene carico gli enti locali che dovranno farsi pagare il servizio".
Siamo ancora lontani dai mille euro l'anno che lei paventa. Cos'altro si aspetta?
"Con l'orario cattedra di 18 ore a settimana gli insegnanti non potranno più fare i corsi di recupero (previsti per legge) e tutte le attività integrative, lo studio delle lingue straniere e così via. O meglio si continuerà a farle, ma le scuole dovranno farle pagare alle famiglie".
Scusi, ma si ripete da anni che la scuola italiana e costa troppo. Non ritiene giusto che per i servizi extra, chiamiamoli così, i cittadini paghino un contributo?
"Molti di questi servizi, penso al tempo pieno, non sono extra, ma sono necessari alle famiglie, specie alle meno ricche. Io posso concordare con l'idea che la scuola pubblica non debba essere gratis sempre e per tutti. Deve esserlo la scuola dell'obbligo. Poi può diventare un servizio messo a disposizione dei cittadini che devono pagarlo, ma in base al reddito. In questa riforma invece non c'è una strategia. C'è solo una politica di contenimento della spesa attuata con una riduzione del servizio le cui ricadute riguardano tutti senza differenze: operai e miliardari".
Andiamo avanti: quali sono gli altri possibili costi aggiuntivi?
"Quelli per le nuove tecnologie: il governo ha messo le tre i, informatica, inglese e impresa, al centro del suo programma scolastico. Poi però taglia i fondi alle scuole. Ora un laboratorio informatico costa, e diventa obsoleto in tre o quattro anni. Se un istituto vuole rimanere sul mercato, reggere la concorrenza delle altre scuole, pubbliche e non, deve rinnovarlo: allora o lo fa pagare agli studenti con tasse aggiuntive, oppure si fa sponsorizzare da una azienda".
Non vedo lo scandalo, sono già molte le scuole che ricevono finanziamenti da privati.
"È giusto che l'impresa collabori con la scuola pubblica: non che se la comperi come avverrebbe invece se un istituto viene a dipendere dal punto di vista finanziario dai privati. Anche perché un conto è accusare la scuola italiana di essere troppo formativa e poco professionalizzante. Un altro è costruire i programmi sulle richieste delle aziende. Oggi il mercato del lavoro ha bisogno di competenze trasversali, come la capacità di sintesi, di collegamento, di organizzazione del proprio lavoro, che non si possono acquisire entro la terza media. Ci vorrebbero due anni di più, obbligatori, in cui si faccia insieme studio e orientamento e in cui la formazione professionale entri a pieno titolo e per tutti. Poi, a sedici anni, ciascuno sceglierebbe la propria strada: se nei licei o in corsi professionalizzanti. Ma anche qui la riforma Moratti sbaglia, perché mantiene la formazione professionale come una sorta di serie B, dove finiscono solo gli "sfigati"".


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