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Repubblica-PAlermo-LE BANALITÀ SULLA SCUOLA COLPEVOLE

LE BANALITÀ SULLA SCUOLA COLPEVOLE E ti pareva che non c'era il grave, ennesimo, fallimento della scuola, dietro all'angosciosa vicenda che ha travolto una normale famiglia borghese palermitan...

11/05/2003
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la Repubblica

LE BANALITÀ SULLA SCUOLA COLPEVOLE

E ti pareva che non c'era il grave, ennesimo, fallimento della scuola, dietro all'angosciosa vicenda che ha travolto una normale famiglia borghese palermitana: il figlio adolescente che sferra una violenta - e forse premeditata - coltellata alla madre. A sostenerlo anche questa volta è, manco a dirlo, l'adolescentologo Paolo Crepet, l'onnipresente opinionista "esperto di disagio giovanile": che nella circostanza ha potuto dedurre le inequivocabili responsabilità dell'istituzione scolastica dal fatto che il giovane, dopo avere inferto i colpi micidiali, si sia recato alla sua scuola per parlare con il professore di religione.
Dal momento che questi, secondo l'opinionista-esperto, in classe non conta nulla, al pari del bidello e del professore di educazione fisica, il fatto che il ragazzo abbia pensato di rivolgersi proprio a lui (e non, come si deve desumere avrebbe dovuto, al professore di lettere o di storia e filosofia) rivelerebbe appunto il suddetto esiziale fallimento. A ulteriore riprova dell'incapacità del corpo insegnante (e della famiglia e della società tutta) a raccogliere i segnali di disagio manifestati dal ragazzo, c'è poi un dettaglio.

L'abbigliamento inconsueto (da metallaro) e dei gusti musicali (heavy metal), chiari indizi del "non volersi bene" di costui: di qui a incubare propositi matricidi il passo è brevissimo, come non comprenderlo? Il tutto buttato lì sciorinando un'apodittica da campionario: il collo di bottiglia del "buon senso" dal quale far passare il tragico, il complesso, per ridurlo a un pensierino facile facile, accessibile e consumabile.
Non si rivela nulla di nuovo nell'affermare che il compito dell'opinionista-esperto da salotto televisivo (peraltro ospitato assai volentieri, come in questo caso, anche dai giornali) è per lo più quello di snocciolare gli stessi identici luoghi comuni che si ascoltano al bar la mattina. Tuttavia dalla tv o dalla carta stampata occorre che lo si faccia con tono, posa e lessico da opinionista-esperto (ci vuole la laurea e una pila di pubblicazioni, per diventare esperti, non si creda), poiché la funzione ultima dell'opinionista-esperto è quella di confermare e legittimare tutte le credenze del ceto medio televisivo-reazionario e quindi alla fine di rassicurarlo, perché non osi azzardarsi a un minimo di ragionamento critico. Ne consegue che anche l'opinionista-esperto non può esimersi dall'additare alla comune riprovazione l'istituzione che più di ogni altra viene negativamente evocata per ogni infrazione delle norme della morale pubblica, dall'onanismo all'omicidio: la scuola.
Volendo astenersi dall'ammannire altre riflessioni precotte, alternative o speculari che siano, per un tale fatto sconcertante e tremendo (essendo oltretutto privi delle suddette "competenze" adeguate e conservando piuttosto un residuo di rispetto per le vittime di questa tragedia), resterebbe da domandarsi come mai questa frase fatta della scuola comunque colpevole resista saldamente in cima al repertorio delle banalità. La scuola, poi, è come la nazionale di calcio: ciascuno si sente in diritto, anzi in dovere di dire la sua. Averne la controprova non è difficile: quando mai un insegnante è chiamato in televisione a discettare delle responsabilità sociali della psichiatria o del giornalismo? Non che della qualità della scuola pubblica italiana, del suo funzionamento, della competenza di chi ci lavora non si possa parlar male, beninteso: il fatto è, molto semplicemente, che qualità, funzionamento adeguato, competenze non attengono all'ineffabile, ma sono determinate prevalentemente dalle politiche di indirizzo di chi governa. Fino a ieri il lento e tardivo consolidamento del sistema educativo nazionale poteva ancora essere indicato tra le cause di varie manifestazioni del disagio sociale, per quanto, pur lentissimamente, procedesse verso una progressiva ed effettiva applicazione del dettato costituzionale. Ma il metodico e minuzioso smantellamento della scuola pubblica operato dal governo di centrodestra, in combutta con i governi regionali alleati -Sicilia compresa - non ha precedenti, è il caso di dirlo, nella storia repubblicana: dalla drastica riduzione dei fondi all'accorpamento e soppressione delle classi o di interi istituti, fino all'indebolimento degli interventi contro la dispersione scolastica. Per non dire poi dei contenuti che ispirano la riforma dei cicli. E le conseguenze di ciò sono più gravi nei territori carenti di strutture integrative come servizi sociali, biblioteche pubbliche, impianti sportivi, spazi aggregativi. Palermo e gran parte delle città siciliane, dove in alcuni casi si sta perdendo perfino quel poco che c'era, potrebbero fungere bene da esempio. Quale senso può mai avere, alla luce di tutto questo, la solita tirata generica sulle responsabilità dell'istruzione pubblica?
Magari, se ci fosse un insegnante nella compagnia di giro degli opinionisti-esperti, si sentirebbero commenti diversi a proposito dei casi di cronaca nera in cui sono coinvolti i giovani: potrebbero dare la colpa al fallimento della psicologia e della psichiatria ridotte a parodia nella società dello spettacolo; o a quello dell'informazione, finita con l'essere un sottogenere voyeuristico del varietà. Meno male che miracolosamente, in questa melma, la scuola riesce ancora a non affondare, direbbe magari l'insegnante esperto-opinionista. Sarebbero banalità anche queste, ma se non altro un tantino meno usurate.
matteo di gesù


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