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Repubblica/Palermo: Il dirigente scolastico sconfigge la Moratti

Da ministro nel 2002 decise di rimuovere dai loro incarichi dodici direttori regionali ed altri dirigenti di altolivello

11/12/2007
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la Repubblica

SALVATORE PARLAGRECO
Quando ha appreso che avrebbe dovuto difendersi dall´accusa di avere abusato dei suoi poteri di sindaco per la rimozione di alcuni dirigenti del comune di Milano, Letizia Morattti ha dichiarato per nulla turbata che avrebbe firmato gli stessi provvedimenti che mandavano a casa un bel po´ di gente. Bisogna crederle: qualunque sia il giudizio sul suo operato la Moratti va presa sul serio: ha applicato, ogni volta che ha potuto, con determinazione e in modo sbrigativo lo spoil system all´americana. Da ministro nel 2002 decise di rimuovere dai loro incarichi dodici direttori regionali ed altri dirigenti di altolivello. Una autentica purga, grazie a una legge proposta da Frattini al tempo del governo Berlusconi.
Il defenestramento avvenne in poche ore. E per alcuni dirigenti fu un autentico shock. Ai dirigenti rimossi dal loro incarico fu offerto di tornare a studiare. L´ex direttore generale della Pubblica istruzione in Sicilia, Michele Calascibetta, uno degli epurati, fu invitato a studiare la dispersione scolastica, con particolare riferimento alla situazione siciliana. Dovette lasciare la sede e trasferirsi a Roma senza sapere esattamente che cosa fare, come farlo e dove, al pari deglialtri. Calascibetta era avviato a una brillante carriera ed aveva vinto un concorso nazionale - primo posto in graduatoria - per dirigenti nella scuola. In Sicilia l´improvvisa destituzione destò sconcerto, perché il dirigente dimissionato non era considerato un uomo di parte.
I dubbi sullalegittimità e la correttezza dei provvedimenti li ebbero subito gli interessati, i quali fecero ricorso ai giudici del lavoro e alla Corte costituzionale. E proprio venti giorni or sono, senza clamori, è arrivata la prima sentenza del giudice del lavoro del tribunale di Roma, Maria delle Donne, che ha accolto il ricorso del direttore generale della pubblica istruzione della Liguria, Gaetano Cozzo, e ha condannato il ministero della Pubblica istruzione al risarcimento del danno causato nella misura di 450 mila euro circa. È assai probabile che l´orientamento sia seguito dagli altri giudici del lavoro e che il «metodo Moratti» costi assai caro all´amministrazione dello Stato.
La sentenza del tribunale di Roma segue infatti la sentenza della Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sui dubbi di legittimità della legge Frattini, passata alla storia come la legge sullo spoil system. Il 23 marzo del corrente anno la Consulta giudicò illegittima una norma della legge che ne consentiva l´applicazione entro il sessantesimo giorno dalla data di entrata in vigore. Non è una questione marginale, come si potrebbe pensare. Il ministero avrebbe dovuto procedere alla rimozione con un attomotivato «che consente un controllo giurisdizionale al fine di garantire scelte trasparenti e verificabili, in grado di perseguire la prosecuzione dell´attività gestoria in ossequio al precetto costituzionale dell´imparzialità dell´azione amministrativa». Tutto questo non sarebbe potuto avvenire, sic et simpliciter, entro sessanta giorni.
La sentenza, di fatto, boccia lo spoil system all´americana, pur lasciando un varco al ricambio dei vertici dell´amministrazione. Non si possono trattare i dirigenti dellapubblica amministrazione alla stregua di componenti dell´ufficio di gabinetto o portaborse, sostiene di fatto la Consulta. Il ministero della Pubblica istruzione, retto dall´attuale sindaco di Milano, sbagliò a rimuoverli da loro incarico. L´azione amministrativa, ricorda la Consulta, è vincolata «nell´attuazione dell´indirizzo politico, ad un agire senza distinzioni di parti politiche e dunque al servizio esclusivo della Nazione». Roma non è Washington, insomma.
Il ministro avrebbe potuto assumere i provvedimenti di rimozione solo dopo avere esaminato le ragioni che consigliavano tali drastiche decisioni, ragioni che non potevano essere costituite dal grado di affidabilità politica dei dirigenti. Il giudice del lavoro, accogliendo il ricorso del dottor Cozzo di Genova, ha rilevato che «non c´è traccia di alcuna adeguata ed esauriente motivazione, né tanto meno di una puntuale attività istruttoria a cura del ministero, che dimostri un´attenta valutazione della pubblica amministrazione nell´operazione di ricambio del vertice».
Sulla buona fede delministero potrebbe avere giocato qualche altro elemento. La storia, infatti, non finisce con le rimozioni. Anzi, è proprio qui che viene il bello. I sostenitori dello spoil system, a meno di un anno dal rinnovo del Parlamento, in agosto del 2005, hanno modificato la legge e blindato i dirigenti incaricati dopo la purga del 2002. Bastano tre anni, e non cinque, per restare nell´incarico ricevuto. Una aperta sconfessione dellospoil system, l´impossibilità per il nuovo governo, qualunque fosse stato, di esercitare il diritto di mandare a casa chiunque e sostituirli.
È ragionevole sospettare, perciò, che lo spoil system non sia stato considerato affatto un vangelo, tutt´altro, da chi ne ha sposato le virtù, dal momento i dirigenti incaricati dalla signora Moratti non avrebbero potuto essere rimossi dal suo successore. Più che all´americana, dunque, lo spoil system è stato pensato «all´italiana», essendo stato bocciato - oltre che dai giudici - da coloro che l´avevano applicato in modo drastico, frettoloso e imprudente. Proprio così, imprudente: ai dirigenti rimossi l´amministrazione ha fatrto pervenire a casa un cospicuo assegno perché avevano lavorato con diligenza, raggiungendo i risultati richiesti. E allora perché mai l´avete mandati a casa?
La rivista più letta dagli operatori scolastici, La tecnica della scuola, non ha dubbi sulla risposta: «I nuovi dirigenti furono nominati all´interno della cerchia dei fedelisssimi del ministro», che di lì a poco avrebbe dato il via a una radicale ristrutturazione del suo dicastero, per completare l´opera di smantellamento. Alla vigilia del voto amministrativo, intervistata da Repubblica Radio - è il 16 febbraio 2006 - Letizia Moratti, dichiarava di non avere mai chiesto la tessera di partito ad alcuno dei suoi collaboratori: «Mi interessano solo le professionalità». Secondo il giudici del lavoro non è vero.


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