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Corriere-Veneto-Scuola, alle urne in 4 milioni

VENETO / Il centrosinistra (senza Margherita) vuole cambiare legge. I vescovi: astensione Scuola, alle urne in 4 milioni Duello sui "buoni": studenti in piazza e politici incatenati alle sedi Ra...

05/10/2002
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Corriere della sera

VENETO / Il centrosinistra (senza Margherita) vuole cambiare legge. I vescovi: astensione

Scuola, alle urne in 4 milioni

Duello sui "buoni": studenti in piazza e politici incatenati alle sedi Rai

MILANO - Domenica quasi quattro milioni di elettori sono chiamati alle urne per il primo referendum abrogativo in Veneto. E qualcuno, giura, addirittura il primo nella storia dei governi regionali ("nel '91 il Friuli ci ha preceduti con la caccia, ma quella è una regione a statuto speciale"). Proprio a trent'anni dalla convocazione, da parte del presidente Leone, del primo referendum abrogativo in Italia: quello sull'aborto messo in calendario due anni dopo. Allora soffiava il vento delle grandi riforme sociali, oggi quello della devolution. Così che in Veneto anche il quesito del referendum ne risente: il centrosinistra (ad eccezione della Margherita) chiede di abrogare la legge sui buoni-scuola varata lo scorso anno dal governo regionale di centrodestra. La conferma dell'inaugurazione di una nuova era "federalista" anche per lo strumento di democrazia diretta? Sarà. Certo è che di polverone, prima ancora che di votanti, ne ha creato parecchio: studenti in piazza a Venezia, consiglieri regionali incatenati alle sedi Rai per denunciare la scarsa informazione data al referendum. Ma soprattutto centrosinistra anche qui spaccato e vescovi in prima linea al fianco del partito dell'astensione. Da una parte c'è lo schieramento del "sì": Prc, Ds, Verdi, Sdi e Pdci appoggiati dalla Cgil: per chiedere l'abrogazione della legge hanno raccolto 30 mila firme e tappezzato le città con manifesti dai quali un Pinocchio disubbidiente invita a votare "sì". Dall'altra c'è il partito dell'astensione: la Cdl al completo che conta sul non raggiungimento del quorum e sull'invito al "non voto" del vescovo di Vicenza e delegato nazionale Cei per la scuola, monsignor Pietro Nonis (su tutti i settimanali cattolici del Veneto è stato pubblicato un suo editoriale in difesa della legge sui buoni scuola). In mezzo, unica a invitare i suoi elettori ad andare alle urne ma a votare "no", è la Margherita: si era schierata con la Cdl per l'approvazione della legge, ora ne critica i principi applicativi insieme con altre 18 associazioni dell'area cattolica.
Dopo il primo anno di applicazione della legge sui buoni-scuola in Veneto le iscrizioni alle scuole private sono aumentate del 5%. "Questo perché il 99% delle risorse è andato a loro", dice il capogruppo di Rifondazione Maurizio Tosi. "E pensare che le scuole private contano 24 mila iscritti, contro i 500 mila delle statali". Contro la "parità scolastica violata" è anche il rutelliano Achille Variati, ex sindaco dc di Vicenza, che dopo aver votato a favore della legge sui buoni-scuola (insieme con Cacciari) ora invita a dire "no" alla sua abrogazione: "Si tratta di una buona legge applicata male, va solo cambiata". E spiega: "Il regolamento della giunta Galan esclude il rimborso dei libri di testo e prevede l'erogazione dei fondi solo a chi spende oltre le vecchie 300 mila lire, praticamente tutti i ragazzi delle statali". C'è poi il problema delle fasce di reddito: "Il regolamento prevede che il contributo venga assegnato anche a chi guadagna fino a 100 milioni netti di vecchie lire: un meccanismo che esclude le famiglie che hanno davvero bisogno".
L'astensione del presidente Galan invece parte dalle dichiarazioni: "Nessun commento fin dopo il referendum". Ma per lui parla l'assessore regionale all'Istruzione, il leghista Ermanno Serrajotto: "Quei soldi sono andati per il 90% a famiglie delle prime due fasce, famiglie normali: aspettiamo la devoluzione per fare una norma organica sul diritto allo studio". E il Ccd-Cdu invita al non voto facendo proprie le parole di monsignor Nonis: "L'invito all'astensione non solo è legittimo ma anche eticamente giusto".
Al di là dei contenuti, lo scontro è sui costi del referendum: tra i 10 e i 20 milioni di euro. Troppi per Cdl e Margherita che, come ai tempi dell'approvazione delle legge tornano unite: "Con quei soldi avremmo potuto costruire quattro scuole o finanziare la legge stessa per due anni". E Rifondazione: "Sono i costi della democrazia".


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