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Direttore responsabile Ermanno Detti

Periodico telematico a cura della Federazione Lavoratori della Conoscenza Cgil
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Anno V n. 37 del 5 ottobre 2009

   
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Il declino dopo la crisi?

La recente presentazione a Istanbul dell'edizione di ottobre del World Economic Outlook 2009 da parte del Fondo Monetario Internazionale (Fmi) ha riportato per qualche giorno in primo piano la crisi e le prospettive di fuoriuscita da essa. In particolare per l'Italia, che ne è particolarmente toccata. Infatti, secondo il Fmi, nel 2009 la contrazione del Pil sarà tra le peggiori dei Paesi industrializzati: poco più del cinque per cento. Per il 2010, poi, è previsto un recupero decisamente inferiore alla media europea, dell'ordine del due per mille. Il tutto, farcito dalla funesta centralità della crisi occupazionale. A riguardo il Fmi, confermando oltretutto le stime CGIL, quantifica in un milione di posti di lavoro il prezzo che sarà pagato dal nostro Paese: in termini relativi, le stime del Fmi accreditano un tasso di disoccupazione destinato a balzare dal 6,8% del 2008 al 9,1% dell'anno in corso fino al 10,5% previsto per il 2010.

Istituzionalmente corrette le critiche all'azione del nostro governo. Esse sono tra l'altro state rivolte, in un quadro caratterizzato da una scarsissima consistenza del sostegno all'economia (pari, secondo le stime del Fmi, all'uno per mille del Pil, la più bassa tra i maggiori Paesi industrializzati) all'impiego di strumenti quali lo scudo fiscale (misure simili sono da adottare «solo per disperazione» in «circostanze eccezionali», nonostante il Fmi non abbia «una specifica opinione al riguardo»).

Scarsa eco hanno avuto le affermazioni sulla situazione del nostro Paese rese nel corso della conferenza stampa di presentazione del Regional Economic Outlook 2009 per l'Europa. Secondo il Fmi i problemi del nostro Paese vanno ben oltre l'attuale recessione, essenzialmente per il basso potenziale di crescita dell'economia che, aggravato dalla crisi globale, affonda le proprie radici nel declino produttivo dell'ultimo decennio, caratterizzato da perdita di produttività, ristagno dei redditi e aumento del divario competitivo. La questione risiede nell'affrontare con molta più incisività gli impedimenti strutturali alla crescita che affliggono la nostra economia.
Per usare le parole di Mario Deaglio (La Stampa del 2 ottobre), che ha definito «nettamente fuori luogo le affermazioni circa una "buona tenuta" dell'Italia in questa crisi», il nostro Paese rischia di essere più penalizzato degli altri in fase di recupero. E alla fine «si tornerà a produrre la stessa quantità del 2008 con un numero nettamente minore di lavoratori». Di là dalle azioni necessarie per la gestione delle emergenze, manca una visione di lungo periodo. E ciò nell'azione di governo come nell'opposizione. «Dietro la presa di coscienza delle evoluzioni di lungo termine, dietro alla crisi si potrebbe realizzare un cedimento strutturale ben più grave, in grado di portare all'irrilevanza internazionale un Paese che ne è stato, e ne è ancora, un attore non trascurabile».

La questione attiene alla diminuzione strutturale del tasso di crescita potenziale del nostro Paese. E ci riconduce al dibattito sviluppatosi negli anni precedenti la crisi, che aveva posto al centro, in particolare, le peculiarità del tessuto produttivo nazionale, caratterizzato da una scarsa propensione delle imprese verso gli investimenti in innovazione, ancor prima che in vere e proprie attività di ricerca e sviluppo.

In termini generali, sino all'esplosione della crisi, erano chiari due elementi.
Da un lato, rispetto ai primi anni '70 aveva luogo un rafforzamento relativo, seppur di lieve entità nel corso dell'ultimo decennio, dei nostri vantaggi competitivi, concentrati in settori manifatturieri tradizionali a bassa intensità di manodopera qualificata. Per contro, il nostro Paese perdeva terreno nei settori manifatturieri più avanzati, anche quelli storicamente caratterizzati da buone posizioni. D'altro canto, i tre lustri precedenti l'esplosione della crisi si sono distinti per una sostanziale incapacità del nostro Paese nell'adeguare la propria specializzazione produttiva alle evoluzioni del commercio globale, caratterizzato da decisi tassi di crescita degli scambi commerciali in prodotti (beni e servizi) ad elevato valore aggiunto. In altri termini, per l'incapacità di presidiare settori a elevata intensità di conoscenza.

La nostra realtà è certamente condizionata da altri fattori, il cui impatto sulla competitività è tutt'altro che trascurabile: i costi energetici, il divario tra Nord e Sud, le difficoltà di quest'ultimo nell'avviarsi verso sentieri di sviluppo stabili e sostenibili (anche per il controllo che la malavita esercita in intere aree geografiche), le inadeguatezze della rete dei trasporti, … Non ultima, la sostanziale incapacità d'assumere misure credibili di politica economica e il contestuale deficit di coordinamento e controllo della spesa pubblica.

In ogni caso, le politiche industriali di cui il Paese deve dotarsi – e come esse debbano essere correlate alle politiche per istruzione, formazione e ricerca – assumono una centralità particolare per uscire dalla crisi e recuperare una prospettiva credibile di transizione sostenibile verso la società della conoscenza.
Per questo è urgente convogliare risorse verso istruzione e ricerca.

Per ciò che riguarda istruzione e formazione, occorre puntare con decisione sull'innalzamento dell'offerta di competenze altamente qualificate, in modo da interrompere uno dei fattori che contribuiscono ad alimentare il nostro modello di specializzazione produttiva, come detto oltremodo obsoleto.

Com'è ovvio, dato che la domanda e l'offerta di forza lavoro a elevata qualificazione sono tra loro intimamente correlate, occorre puntare, contestualmente e in modo altrettanto deciso, sul sostegno alla necessaria metamorfosi del nostro sistema produttivo. Non è superfluo, a riguardo, rilevare che tali transizioni, se adeguate alle reali necessità, determineranno mutamenti repentini nella specializzazione. Il processo non sarà pertanto esente da rischi in quanto a capacità d'assicurare nel breve e medio termine ripresa occupazionale e, in generale, coesione sociale.

È necessario quindi avviare con estrema rapidità una riflessione sulle caratteristiche degli ammortizzatori sociali, con l'obiettivo, cruciale in una società in rapida evoluzione, di aumentare in modo incisivo la professionalità dei lavoratori interessati dai processi di de insediamento produttivo, oltre che costituire un sostegno al reddito. Occorre, inoltre, potenziare contestualmente l'esigibilità del diritto all'apprendimento lungo l'intero arco della vita. In tale direzione va la legge d'iniziativa popolare per il diritto all'apprendimento permanente promossa dalla CGIL insieme alla FLC e allo SPI. In tale direzione deve andare l'azione sindacale nel suo complesso, sia nelle classiche sedi negoziali sia individuando ulteriori ambiti d'intervento. Tenendo conto, tra l'altro, che i processi innovativi possono consolidare i presidi in settori manifatturieri tradizionali, così come, in un'economia globalizzata, determinare flessioni occupazionali anche in settori a elevata intensità di conoscenza (come mostra, proprio in questo periodo, la vertenza Nokia-Siemens, che si caratterizza proprio per i tagli ai progetti di ricerca aziendali).

Di fronte a tali possibilità, tutt'altro che remote, trascurare la necessità d'innalzare le caratteristiche qualitative dell'offerta d'istruzione e formazione potrebbe condurre a errori anche madornali. A riguardo, è certamente da affrontare la questione di come sviluppare sinergie efficaci tra i vari attori pubblici, puntando anche ad aumentare il coinvolgimento di università ed enti di ricerca nella definizione di piani d'offerta formativa. La contrattazione territoriale dovrà a riguardo assumere un peso sempre maggiore.

Per quel che riguarda la ricerca, è decisivo puntare sulla crescita delle risorse a essa dedicate, a partire da quelle umane, e in entrambi i settori pubblico e privato.
Per quel che riguarda la ricerca pubblica, negli enti come nelle università, è di fondamentale importanza instaurare una logica di pianificazione pluriennale della crescita delle risorse, con quote espressamente vincolate allo sviluppo degli addetti.
Per quel che concerne il settore privato, la nostra anomalia risiede più che altro nella scarsa propensione delle imprese a investire in attività di ricerca e sviluppo risorse proprie. Più che massici piani d'investimento di risorse pubbliche, le necessarie politiche industriali dovrebbero assumere come centrali le azioni di stimolo agli investimenti dei privati, muovendo da un'analisi critica delle modalità d'incentivazione attualmente in uso. Oltre a un diverso bilanciamento degli strumenti, occorre rivedere anche le corrispondenti modalità di gestione, oggi purtroppo caratterizzate sia dalla totale assenza di momenti di valutazione dell'efficacia sia da modalità assolutamente inefficienti sotto il profilo della certezza nei tempi e nei modi d'erogazione. È scandaloso, a riguardo, che le già poche risorse rimangano troppo spesso impantanate nelle pieghe delle burocrazie ministeriali. Come evidenziato di recente dalla Ragioneria Generale dello Stato, i residui passivi ammontano al 20% dei budget ministeriali, con punte decisamente più elevate, come nel caso del Ministero dello Sviluppo economico, dove i residui passivi ammontano al 60% degli stanziamenti. O come nel caso degli interventi nel settore della ricerca finanziati con risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate (Fas) tra il 2002 e il 2006: come evidenziato dalla Delibera 31/2009 del Cipe, dei circa due miliardi di euro complessivamente stanziati, alla fine dello scorso mese di febbraio risultava erogato dal Miur soltanto il 30 per cento.  Il tutto, come se non bastasse, farcito dalla mancata individuazione da parte dello stesso ministero di quegli indicatori di valutazione necessari per verificare l'impatto delle misure adottate sul tessuto produttivo.

C'è un filo rosso che lega indissolubilmente i ricercatori precari in attesa di stabilizzazione, i licenziati dell'ISPRA e i ricercatori in cassa integrazione degli insediamenti Nokia-Siemens, alle decine di migliaia di lavoratori licenziati nella scuola: l'incapacità della nostra classe politica di progettare il futuro del Paese.

Urge una chiara inversione di marcia.

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ISPRA, facciamo il punto della situazione

L'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), costituito con la Legge 133/2008 con l'obiettivo dichiarato di razionalizzare e rendere più efficienti le attività di ricerca e di protezione ambientale, sta attraversando una fase particolarmente cruciale della sua pur breve esistenza, che inciderà in maniera significativa sulle prospettive di sviluppo delle sue attività istituzionali e di ricerca.

Ad oltre un anno dalla costituzione dell'ISPRA, è ancora in via di approvazione il decreto interministeriale contenente le "Norme di Regolamento ISPRA", mentre si è ancora in attesa dello Statuto che ne definisce il ruolo, le attività assegnate e gli organi di governo.

Elementi, questi, che impattano significativamente sulla valorizzazione del lavoro che l'Istituto comunque svolge a servizio dei cittadini e del Paese, in ottemperanza ai mandati dei tre enti in esso confluiti (APAT, ICRAM e INFS), grazie all'impegno costante del personale.

Abbiamo sempre sostenuto la necessità di dotare ISPRA di uno Statuto, di un regolamento e di definire gli Organi di governo dell'Istituto per una gestione ordinaria che consenta il proseguimento delle attività ed uscire dalla fase emergenziale del Commissariamento che limita, se non addirittura paralizza, una necessaria programmazione delle attività dell'ISPRA e dei suoi progetti di ricerca, nonché dell'applicazione degli istituti contrattuali.

Le nostre preoccupazioni, rispetto alla mancanza di un progetto politico ed alle difficoltà gestionali, purtroppo, non erano infondate!
Con il protrarsi del periodo di incertezza e la perdita di centinaia di posti di lavoro, le attuali attività istituzionali e di ricerca, di provenienza dei 3 ex Enti, sono alla paralisi e rischiano il collasso e con esse centinaia di lavoratori che nei prossimi mesi sono a rischio di licenziamento.

A questo quadro di incertezza istituzionale si aggiungono le tante e annose materie di contrattazione sindacale ancora aperte e che aspettano di essere applicate. Alcune riguardano addirittura l'applicazione dei Contratti Integrativi ex enti risalenti addirittura al CCNL 1998-2001.

Per questo la CGIL e la FLC hanno deciso di promuovere per il 28 ottobre una Conferenza di Produzione che faccia il punto, attraverso un'analisi ed un approfondimento, sulle problematiche dell'Istituto e sappia confrontarsi con tutti i soggetti istituzionali, del mondo dell'ambientalismo, delle imprese e del sistema agenziale.

Tra queste, oltre a quelle già enunciate, il problema del precariato e della sostenibilità dei progetti di ricerca.

Definire con l'urgenza necessaria il "progetto ISPRA" è una priorità del Paese, per capitalizzare gli esigui investimenti che il Governo destina alla ricerca, in particolare alla ricerca ambientale, e per utilizzare al meglio le professionalità e le competenze disponibili, mettendole al servizio del Paese per fronteggiare le emergenze ambientali.

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ENEA, se ci sei batti un colpo!

A quasi due mesi dalla promulgazione della legge 99/09, che sopprime l'ente, e a quasi un mese dalla nomina della terna commissariale da parte del Ministro Scajola, tutto sembra immobile in ENEA.

Una convocazione delle Organizzazioni sindacali è "attesa" per il prossimo 15 ottobre, ma non sembra sia stato risolto il problema delle deleghe tra i tre Commissari.

Mentre il tempo passa, avvicinandoci verso la data ultima per la stipula del nuovo contratto integrativo, permangono tutte le preoccupazioni già espresse cui si aggiungono quelle relative ad una situazione di cassa che ha comportato lo slittamento dell'erogazione degli arretrati del CCNL 2006-2009, e una situazione delle risorse che complicherà non poco l'adeguamento delle retribuzioni al comparto ricerca.

Intanto, nessuno sta rispondendo alla nostra richiesta di rendere pubbliche le graduatorie delle recenti progressioni e rendere noti i motivi di esclusione dalle valutazioni di gruppi di lavoratori.

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INFN, aperture dell'Ente sul precariato, ma sul fondo accessorio si conferma il taglio del 10%

Il 4 settembre scorso si è riunita per la prima volta, dopo le forti pressioni esercitate sull'ente, la Commissione sulle forme flessibili di lavoro - ex art. 22 bis del CCNL 1998-2001. I lavori si sono svolti in un clima collaborativo, stabilendo finalità e metodi di funzionamento della Commissione. Sono stati illustrati il formato dei dati a disposizione dell'ente per la pianificazione delle politiche del personale, anche alla luce delle stabilizzazioni previste sul turn-over 2008 e delle future assunzioni. Sul nostro sito il resoconto della riunione.

Novità non buone, invece, per quanto riguarda il contratto integrativo. Dopo la conferma da parte dell'Ente del taglio del 10% del fondo accessorio 2009 del personale tecnico e amministrativo, si evidenziano le difficoltà a reperire le risorse per sopperire a questa riduzione. Durante l'incontro si è anche discusso di: agevolazioni ai dipendenti del Gran Sasso colpiti dal sisma, polizza sanitaria UNISALUTE, Comitato pari opportunità e art. 15 CCNL (Passaggio di livello per I-III).

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ISTAT, privatizzata la Rete di rilevazione sulle forze di lavoro

La verità fa male al nostro grande e unico capo di governo. Quando l'Istat pubblica i dati della crescente disoccupazione, il nostro si preoccupa molto, non dei disoccupati che avrebbero diritto ad ammortizzatori sociali e a politiche attive per trovare un altro lavoro. Si preoccupa di se stesso e della sua immagine. Se crescono i disoccupati, allora non è vero che la crisi è inventata da un complotto comunista. Il nostro non ama essere smentito, anche quando rifila bufale. Allora che fa? Privatizza la statistica. La toglie all'Istat, un ente pubblico indipendente, e la affida (a caro prezzo) a un istituto privato, l'Ipsos di Pagnoncelli (quello degli exit poll alle elezioni), mettendo per strada oltre 300 rilevatori.

Possiamo stare certi che da domani in Italia non ci saranno più disoccupati. Un altro colpo alla verità, alla libera ricerca e alla terzietà delle rilevazioni statistiche.

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Ancora nessun recupero dei fondi per la contrattazione integrativa tagliati da Brunetta

Si conferma la giusta posizione della FLC Cgil che non ha firmato i contratti nazionali del biennio economico 2008/2009. Infatti, la Ragioneria Generale dello Stato in una nota ribadisce che qualunque ipotesi virtuosa di recupero di risorse da destinare alla contrattazione integrativa, sia pure derivanti dalle disposizioni speciali dell'allegato B, deve comunque avvenire nei limiti imposti dal taglio del 10% del salario accessorio.

Questa impostazione è confermata anche dalle raccomandazioni allegate dalla Corte dei Conti alla delibera di registrazione positiva dell'ipotesi di accordo per il CCNL Ricerca 2006-2009. La Corte considera come "meramente programmatica" la norma che, secondo i sindacati firmatari del contratto, avrebbe dovuto consentire il recupero delle risorse del salario accessorio. La Corte, infine, sempre a proposito del CCNL della Ricerca, ritiene che, oltre alla complessa fase di verifica dei risparmi, ci dovrà essere una ulteriore fase di contrattazione nazionale sui criteri per il loro utilizzo che, come sostenuto dalla Ragioneria, non produrrà il recupero del taglio del salario accessorio.

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Finanziaria 2010, un'altra manovra a perdere

Si salvi chi può, la finanziaria 2010 è in continuità con quella del 2009. La prima preoccupazione riguarda i contratti pubblici, tutti in scadenza alla fine di quest'anno. Infatti, non c'è chiarezza né sugli stanziamenti per il rinnovo, né sulle indennità di vacanza contrattuale, mentre viene rinviata non si sa a quando la verifica sui risparmi.

Durissimo il giudizio di Epifani sulla prossima legge finanziaria che "non dà nessuna spinta né stimolo alla ripresa dell'economia e dell'occupazione". Eppure – secondo la Cgil – sarebbe necessario un cambiamento di strategia anche con l'introduzione di "stimoli fiscali, alla domanda e ai consumi, senza tagli al settore della sanità o ai fondi a disposizione del Mezzogiorno". Il segretario generale ha chiesto, nell'incontro a Palazzo Chigi di presentazione della manovra, anche "i soldi per il rinnovo dei contratti pubblici perché allo stato non risulterebbe nulla, così come non risulta alcun intervento fiscale sul lavoro dipendente e sulle pensioni", anzi permane un iniquo squilibrio fiscale tra lavoratori dipendenti e pensionati con il resto dei contribuenti.

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Diritto all'apprendimento permanente: è iniziata la raccolta di firme

Il 10 settembre è iniziata la raccolta di firme a favore della legge di iniziativa popolare per garantire il diritto all'apprendimento permanente per tutte le persone che vivono e soggiornano in Italia.

CGIL, FLC Cgil, SPI e AUSER sono i promotori dell'iniziativa, che si inserisce nel percorso intrapreso per affermare il diritto all'apprendimento permanente per la persona.

Obiettivo dell'iniziativa è contribuire, attraverso l'apprendimento permanente, allo sviluppo del Paese basato sulla conoscenza e ad una maggiore coesione sociale.

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Brevissime

CGIL. Dura presa di posizione del Comitato Direttivo della CGIL sull'attacco al contratto e alla democrazia sindacale.
INGV. Futuro dell'ente e precariato.
CNR. Pubblicata la delibera con la ripartizione dei posti nei diversi profili per il triennio 2009-2011.
Concorsi ricerca. I bandi in Gazzetta Ufficiale pubblicati sul nostro sito.
Eventi. On line la web cronaca delle manifestazioni del 3 ottobre per il diritto al lavoro e il diritto-dovere all'informazione.
Università. Tagli dei finanziamenti: i Rettori denunciano lo stato di sofferenza degli atenei.
Scuola. La CGIL e la FLC documentano, le verità scomode di una "riforma" che non é.
OCSE. Pubblicato il rapporto annuale "Uno sguardo sull'educazione 2009".
Informazioni editoriali. È stato pubblicato il n. 9 della rivista "Articolo 33". Sul sito della casa editrice è possibile visionarne l'indice e leggere qualche articolo.
Iscritti FLC. On line il giornale della effelleci.
CGIL. www.radioarticolo1.it, la web radio che parla al mondo del lavoro.
Internet. Il portale della FLC mette a disposizione un estratto dei suoi contenuti con il sistema RSS. Leggi come fare.

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